LA RELIQUIA DEL LEGNO SANTO DELLA CROCE VENERATA A CARIFE

Il Dott. Salvatore, enumerando le chiese del nostro paese, colloca ovviamente al primo posto la Collegiata, della quale scrive (pag. 29 e 30):
“La Chiesa Parrocchiale chiamata di San Giovanni Battista fu in gran parte distrutta come quasi tutto il paese nei terremoti dell’8 settembre 1694 e 29 novembre 1732, il quale ultimo causò 460 morti e 150 feriti; fra le vittime vi fu il marchese Capobianco, la moglie con i figli, tranne due che in quel frangente si trovavano a Napoli, di cui Giovanni curò l’erezione del monumento sito alle spalle del Municipio di Carife nel dicembre 1755 con una croce lapidea ed una iscrizione che attualmente trovasi incastrata nella Croce messa all’inizio del nostro paese alle spalle della base.
Oltre che dai terremoti il paese subì danni gravissimi dalla peste del 1656, lasciando in vita solo 500 abitanti.
La suddetta Chiesa fu quindi rifatta come allo stato attuale (1953, n.d.r.) nel 1754 a quanto dice la lapide messa sul portale, però era stata aperta al culto sin dal 1742”.

LA CROCE-RELIQUIARIO D’ARGENTO

LA CROCE-RELIQUIARIO D’ARGENTO

 

3 Maggio 2015: Padre Riccardo Fabiano con la Reliquia del Legno Santo

3 Maggio 2015: Padre Riccardo Fabiano con la Reliquia del Legno Santo

Alla Reliquia del Legno Santo della Croce, gelosamente custodita nella nostra Chiesa, sono state riservate, fin dal suo arrivo, grandissima venerazione e devozione. Ad essa la fede popolare attribuisce un enorme valore taumaturgico e la invocano soprattutto quando le condizioni meteorologiche sono particolarmente minacciose e la grandine minaccia i raccolti.
Gli anziani soprattutto, ma in generale tutti gli abitanti, espressione di un mondo prevalentemente contadino, chiedevano spesso all’Abate in carica di “cacciare” (esporre) davanti al portone della Chiesa la preziosa Reliquia. Dalla tradizione popolare orale, tramandata di padre in figlio, risulta che spesso il miracolo si è avverato e, come per incanto, i nuvoloni minacciosi che si affacciavano sulla Montagna della Croce miracolosamente si dissolvevano: il raccolto era salvo e le famiglie avevano di che mangiare.
In un mondo prevalentemente contadino, quale è sempre stato il nostro, bastava una gelata, un temporale, una grandinata, una forte nevicata, l’assenza prolungata di piogge un incendio…per compromettere il raccolto e la famiglia non avrebbe avuto di che mangiare o sfamarsi. Poi ci si mettevano anche terremoti, pestilenze sempre in agguato e bisognava e bisogna raccomandarsi e votarsi ai Santi del Paradiso.
Non mancavano poi neppure riti scaramantici e vere e proprie superstizioni…
Le credenze popolari di Carife, come anche alcuni usi, costumi, tradizioni e folclore in genere, sono quelli tipici di un paese agricolo e sono comuni a tutta l’area appenninica meridionale.
Esse sono riconducibili ad alcuni ambiti fondamentali, tra cui il duro lavoro dei campi, la convivenza civile, la medicina popolare, il mondo del magico e del fantastico, la trasformazione e la conservazione dei prodotti agricoli e dell’allevamento.
Le condizioni ambientali di povertà, analfabetismo, isolamento, protrattesi per secoli, hanno lasciato la loro impronta nel carattere degli abitanti del nostro territorio, nel quale hanno ancora molta vitalità le credenze nella stregoneria e nel malocchio ed è ancora frequente il ricorso alla medicina popolare, specialmente tra le persone anziane.
Questa psicologia si riflette nei detti popolari e nei proverbi, molti dei quali sono comuni ad altri paesi, anche lontanissimi, mentre qualcuno ha un sapore locale, strettamente legato a particolari usanze e credenze, rientranti nel termine più vasto di “FOLCLORE”.
Da sempre si è creduto nella stregoneria, un insieme di pratiche tese ad influire sul reale facendo ricorso a poteri magici e mediante l’evocazione di forze soprannaturali. Spesso il termine stregoneria equivale a magia ed il suo elemento caratteristico è la fattura, impiegata per arrecare danno alle persone o per forzarne la volontà, secondo un rituale preciso, radicato soprattutto presso le persone di più basso profilo culturale.
Trovano qui spazio le famose “SCIANARE”, equivalenti alle streghe che si riuniscono e danzano di notte sotto il famoso noce di Benevento.
Un discorso a parte merita “LU PUMP’NAR”, o lupo mannaro, che secondo un’antica tradizione è un uomo che assume l’aspetto di un lupo e ne imita il comportamento; la trasformazione avverrebbe nelle notti di luna piena. Leggende di simili trasformazioni sono molto diffuse nell’Europa del tardo Medioevo, quando la paura dei lupi mannari, che si pensava divorassero neonati e cadaveri, portò ad accusare e condannare molti uomini innocenti, creduti mostri.
Un posto assai importante tocca anche al famigerato “SCAZZAMARIEDDO”, un simpatico mostriciattolo dal pelo rosso che si divertiva, durante le lunghe notti invernali passate senza televisione, ad accovacciarsi sulla pancia dei dormienti che dovevano lottare per disarcionarlo e quindi liberarsene.
Alcune attività agricole, come la raccolta di frutta, sono sottoposte alle fasi lunari. Sempre alle fasi lunari è tuttora sottoposto il sacrificio del povero maiale, che diventa sempre più raro, facendo venir meno un indispensabile momento di incontro e di aggregazione.
Che dire poi delle povere donne, costrette a stare lontane dalla preparazione della salsa e dei salumi durante il ciclo mestruale? Esse non potevano neppure saltare un fosso quando erano incinte, in quanto rischiavano un improbabile aborto, spesso dovuto al duro lavoro che dovevano svolgere anche quando si trovavano in queste condizioni.
Per unire il sacro al profano anche San Sebastiano, martirizzato due volte nel III sec. d.C. dall’imperatore Diocleziano, continua a dettare ciclicamente i tempi per la raccolta, trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli e delle derrate alimentari e trova ampio seguito nella sapienza popolare e non solo in quella: chi non segue le scadenze e le ricorrenze cicliche rischia di vedere andare in avaria il prodotto con inacidimenti, marcescenze, fermentazioni, muffe, ecc.
Molti non credono più a queste cose, ma, per non avere scrupoli,…si uniformano…
Ma veniamo alla nostra preziosa e veneratissima Reliquia del Legno Santo della Croce, di cui il nostra paese va fiero. Non conosciamo con certezza assoluta la data precisa dell’arrivo di questa preziosissima reliquia a Carife. Le uniche notizie certe che abbiamo sono quelle fornite da Padre Riccardo Fabiano nel suo prezioso opuscolo “LA CHIESA MAGGIORE DI CARIFE”, datato 24 giugno 1998,giorno della riapertura al culto della nostra Insigne Collegiata, devastata dal terribile terremoto del 23 novembre 1980. Nell’opuscolo Padre Riccardo “sintetizza la storia della nostra maggior Chiesa dal 1200 ad oggi”.
Padre Riccardo, partendo da una testimonianza non datata, riportata nel Libro delle Messe, presente nell’Archivio Parrocchiale, scrive:
“L’Ill.mo Sig. Reggente Capibianco donò la Statua di S. Giovanni Battista con la Reliquia e la Croce d’argento con la Reliquia con il seguente Titolo-sintesi di un documento scomparso, ma datato: Fascicoli di Suppliche-memoriali per la licenza delle Processioni, dalla prima delle quali rilevasi che la Statua presente (si scrive nel 1785) di S. Giovanni Battista fu benedetta nell’anno 1664 ci fanno conoscere il donatore del Legno Santo, il Feudatario Antonio Capobianco, e l’anno, il 1664, dal quale la nostra Chiesa possiede questo tesoro”. (1).
Simone Veglino, che fu Vescovo della Diocesi di Trevico dal 1702 al 1720, nella Relazione n. 1704, datata Castello, dal Palazzo Vescovile, 1 agosto 1704, a proposito del nostro paese scrisse (in latino):
“Vi si venerano molte reliquie: la prima una parte non piccola del legno della Santissima Croce, che si vede in una teca in argento; la seconda parte del cuore di S. Giovanni Battista, con una statua di legno indorato; la terza, una gran parte della gamba di San Lorenzo Protomartire, secondo Patrono, con una statua simile; la quarta, parte della gamba di San Luciano Presbitero e Martire, anche con una statua lignea indorata”.
Da questa Relazione del Vescovo Viglino apprendiamo quindi che nel 1704 la preziosa Reliquia del Legno Santo della Croce già era a Carife.
Di questo parleremo più avanti.

Le custodie in argento delle due Reliquie della Santa Croce

Le custodie in argento delle due Reliquie della Santa Croce

NOTE:
Vedi a tal proposito l’articolo “IL FEUDO DI CARIFE E I MARCHESI CAPOBIANCO” nella Sezione ARCHEOLOGIA E STORIA di questo stesso sito.

Sigilli in ceralacca apposti sulle Reliquie a certificarne l’autenticità

Sigilli in ceralacca apposti sulle Reliquie a certificarne l’autenticità

Particolare del sigillo vescovile

Particolare del sigillo vescovile

La Chiesa Collegiata in una cartolina del secolo scorso

La Chiesa Collegiata in una cartolina del secolo scorso

Recentemente, grazie anche al generoso contributo di un nostro concittadino, Don Daniele Palumbo ha fatto restaurare il nostro bellissimo e prezioso Reliquiario, che evidenziava i segni del tempo.
Il restauratore, che ha fatto un egregio lavoro, ha accompagnato la sua opera con una relazione tecnica ed una documentazione fotografica che ci consentono di dire qualche cosa in più circa la fattura e la datazione del nostro veneratissimo Reliquiario.
Ecco la descrizione integrale:
“Base e bottone in rame dorato a fuoco di epoca quattrocentesca. Croce in argento cesellato di epoca settecentesca. La parte centrale con la raggiera, dorata a bagno è stata eseguita quando la stessa è stata trasformata in reliquiario, non molti aanni or sono.
Interventi eseguiti: Ricostruzione di due raggi in metallo e adattamento degli stessi al supporto esistente. Rifazione di un pomello mancante al terminale destro e di tre guglie in metallo e adattamento delle stesse al bottone.
Per le parti in argento. Rimozione dello stagno e delle parti stagnate, come si evince dalle foto allegate. Ricostruzione delle stesse in argento, con ripresa del cesello, ove necessario. Ricomposizione del braccio sinistro con saldature in argento e ripresa del cesello nella parte posteriore. Ricostruzione della parte interna contenente ala reliquia, chiusura dei numerosi fori. Soppressione ove possibile, delle varie deformazioni. Pulizia di tutte le parti nel rispetto delle dorature antiche”.
A modesto parere dello scrivente i danni e le deformazioni potrebbero essere anche effetto del disastroso terremoto che nel 1732 rase al suolo la nostra insigne Chiesa Collegiata di San Giovanni Battista, ma si tratta solo di un’ipotesi.