LA MERCURIALE DEI CEREALI E LA VOCE DEL VINO DAL 1897 AL 1900

ESEMPI DI ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA A CARIFE

L’attività amministrativa del nostro Comune è stata sempre molto intensa e spesso contraddistinta da dure contrapposizioni.

Tra le incombenze affidate ai Consigli dalla legge comunale e provinciale c’era quello di fissare, annualmente, la “mercuriale” (una sorta di listino prezzi) per i cereali ed altri generi di prima necessità, unitamente al prezzo del vino mosto.
La prima e più antica deliberazione agli atti risale al 27 Novembre 1897 ed ha per oggetto “Mercuriale dei cereali dell’anno 1897”.

Leggiamola:

“Su di che apertasi la discussione il Sindaco Presidente invita il Consiglio a deliberare sulla determinazione del prezzo dei diversi cereali , raccolti nel corrente anno 1897, onde giusta la consuetudine, possa servire di base alle contrattazioni bonarie, che avessero potuto aver luogo per il prestito e vendita dei detti cereali.
Il Consiglio, avuto riguardo del prezzo corrente dei cereali nei paesi limitrofi, nonché quello di altri mercati, tenuto presente il prezzo corrente in questo Comune per l’anno 1897, per alzata e seduta ad unanimità delibera: è fissato il prezzo dei cereali ed altro per l’anno 1897, come dal seguente specchietto:

mercuriale (1)

Dallo specchietto notiamo che i prezzi stabiliti dal Consiglio riguardavano i cereali e le patate prodotti nell’anno di riferimento e in quello precedente, con la distinzione tra vecchio e nuovo. Meraviglia non poco che si fissasse in misura uguale il prezzo delle patate vecchie, sicuramente di qualità più scadente rispetto alle nuove. Il grano nuovo costava 50 centesimi più di quello vecchio, mentre quello del granone, dell’orzo e della biada era invariato.
Il prezzo era stabilito “per ogni 56 litri”, una misura corrispondente al tomolo/ettolitro e quindi permetteva di stabilire anche quello relativo alle sottomisure (mezzetto, quarto, misura).
Credo sia necessario a questo punto dire qualche cosa a proposito del grano e delle varietà più coltivate a Carife, agli inizi del ‘900 ed anche successivamente. Il grano rappresentava sicuramente il prodotto fondamentale per i nostri contadini e di esso nulla veniva sprecato.
Tra le varietà vengono indicate il Grano Mischio, il Gigante, la Saragolla e la Carosella.
Il grano Mischio è probabilmente il “Meschia”, noto da tempo in provincia di Campobasso e nel territorio di Isernia. C’è chi sostiene invece che questo grano fosse invece una miscela indistinta di diverse varietà o, addirittura, un grano non epurato di corpi e semi estranei.
Se guardiamo però gli specchietti riportati negli anni successivi notiamo che il grano “mischio” è diventato “misto”: ne ricaviamo che mischio significava, a Carife, “mescolanza” di vari tipi di grano tenero per ottenere una farina migliore per la panificazione.
Il grano “Gigante”, dai chicchi molto grossi, non ebbe grande diffusione e ben presto cadde in disuso.
La Saragolla (a Carife “Saraodda”) è un’antichissima varietà di grano duro che dava un ottimo pane, caratterizzato da una mollica di colore giallo paglierino particolarmente morbida e da una crosta molto croccante.
La Carosella è un’antica varietà di grano tenero (a Carife “Carusedda”), dal quale si ricavava una farina bianchissima utilizzata per la panificazione. La farina era anche molto apprezzata per la preparazione di dolci, pizze, taralli, pane croccante e per preparare la pasta fatta in casa, visto che agli inizi del ‘900 solo questa c’era.
Stando a quanto hanno riferito alcuni anziani a Carife, a quei tempi e negli anni successivi, si coltivavano anche altre varietà di grano, tra cui vale la pena ricordare la Risciola, il Rosso Gentile (o Gentil Rosso), la Mentana, La Rondine, la Torrenuova, la San Giorgio; più tardi arrivarono il Cappelli (a Carife “lu Cappiedd’”), il Grifone, il Creso, il Grano Bianco, la “Frasinera” ed altri ancora.
Alcuni bastai (“li vardar’”) coltivavano, in piccoli appezzamenti , una varietà di grano chiamato dialettalmente “Spev’za”, necessaria per imbottire i basti per gli animali da soma (le “varde”), in quanto aveva una paglia molto resistente. Si trattava quasi sicuramente della Segale o Segala, una graminacea molto simile al frumento, con spiga aristata e frutti a cariossidi, appuntiti ad una estremità e arrotondati dall’altra. Dalla Segale si ricavava una farina, più scura di quella del frumento, con la quale si faceva un pane che si poteva conservare più a lungo di quello di grano. Oggi viene indicato nella dieta dei diabetici.
L’esigenza di sfarinare i cereali fu avvertita dall’uomo fin da quando, nel Paleolitico, scoprì che essi potevano essere utilizzati per la sua alimentazione e incominciò a raccogliere quelli che la natura spontaneamente gli offriva. Nel Neolitico l’uomo scoprì che poteva coltivare i cereali ed allevare il bestiame e questa scoperta rappresentò una delle più grandi rivoluzioni nella storia dell’umanità: i discendenti di Adamo e di Eva smisero di essere nomadi e si stanziarono nelle zone che meglio si prestavano a queste sue attività: terreni coltivabili, pascoli e presenza dell’acqua erano i presupposti fondamentali per il suo stanziamento e tutto ciò non mancava e non è mai mancato nelle nostre zone. L’uomo, spostandosi , portò con sé i semi che ben conosceva e li seminò e li diffuse nei luoghi che raggiungeva. Bisognerà aspettare gli inizi del secolo scorso che la ricerca scientifica incominciasse ad occuparsi della creazione di nuove varietà di cereali più precoci e produttive.
Nella ricerca scientifica fu maestro l’agronomo e dottore agrario marchigiano Nazareno Strampelli (1886-1942). Insieme alla moglie Carlotta riscoprì le leggi di Mendel iniziando l’ibridazione dei grani. Si apriva in questo modo il campo alla moderna genetica agraria. Ottenne così nuovi frumenti, incrociando il grano italiano con quello giapponese “Akagomugi”. Con 500 diversi incroci di frumento Strampelli riuscì a creare oltre 250 varietà. Tra i grani più noti inventati dai due coniugi ricordiamo il “Carlotta Strampelli” e l’”Ardito”, primo frumento precoce di alta produttività. La resa nelle nostre terre, prima che intervenisse la concimazione chimica, oscillava tra i 6 e i 12 tomoli di prodotto per ogni tomolo di grano seminato (un tomolo equivale a circa 40 Kg).
Nel 1919 Nazareno Strampelli fondò a Roma l’Istituto Nazionale di Genetica, dove ampliò le sue ricerche ottenendo importanti tipi di grani teneri e duri precoci, tanto che nel 1935 oltre la metà della superficie agraria italiana era coltivata con i suoi tipi di frumento. La sua opera di genetista si allargò anche al mais, all’avena, all’orzo, ecc… Nel 1929, in pieno regime fascista, fu nominato senatore per i suoi alti meriti scientifici.
La creazione della varietà “Ardito” , molto coltivato anche qui da noi, era stata dettata dalla necessità di anticipare la maturazione, e la conseguente mietitura, prima dello sviluppo delle larve delle micidiali zanzare, limitando i rischi di contagio e di diffusione della malaria. Era proprio questa la varietà di grano che più spesso veniva portata al mulino dai nostri contadini.
Naturalmente la farina usciva dal mulino insieme alla crusca (“la caniglia”) e, una volta portata a casa, doveva essere setacciata (“appar’cchiata”) dalle sapienti mani delle massaie. Separata dalla “caniglia” veniva poi conservata nella madia (“la fazzatora” o “natrella”), nella quale rimaneva in attesa di diventare squisita pasta fatta in casa o profumatissimo, fragrante e appetitoso pane.
La “caniglia”, mischiata poi con foglie di olmo, pezzi di zucca o di barbabietole finiva nel trogolo (“lu vav’t”) in pasto ai maiali. Ricordo che mio padre, come tutti gli altri cacciatori, caricava in casa le cartucce ed usava come borra la crusca.
Al Consiglio Comunale, come già si è detto, era affidato anche il compito di fissare annualmente il prezzo del vino. Nella stessa seduta del 27.11.1897 si discusse quindi anche sul seguente oggetto: “Voce del vino dell’anno 1897”.
Leggiamo la deliberazione:
“Su di che apertasi la discussione il Sindaco Presidente invita il Consiglio a deliberare il prezzo del vino per l’anno 1897, che servirà di base per le bonarie trattazioni che possono insorgere, e che possono essere portate avanti la giustizia del Conciliatore giusta l’invalsa consuetudine di questo Comune. Dietro di che lo stesso Presidente sottomette al Consiglio la seguente proposta:

Vino rosso a Levante       per ogni barile di litri 37             Carlini 13

Vino rosso a Mezzogiorno  per ogni barile di litri 37           Carlini 12 e mezzo

Vino rosso a Ponente         per ogni barile di litri 37            Carlini 12

Procedutosi a votazione per alzata e seduta, si alzano solamente quattro Consiglieri, ed in mancanza della maggioranza assoluta dei voti la proposta del Signor Presidente non viene approvata. Il Consigliere Forgione (Francesco, il Farmacista, n.d.r.) presenta alla sua volta la seguente proposta:

Vino Rosso a Levante            per ogni barile di litri 37     Carlini 12 e mezzo

Vino Rosso a Mezzogiorno    per ogni barile di litri 37     Carlini 12

Vino Rosso a Ponente            per ogni barile di litri 37     Carlini 11 e mezzo

Vino Bianco                                                                          Lire      4,25 

Procedutosi a votazione per alzata e seduta (si astiene dal votare il Consigliere Grimaldi) si alzano i Consiglieri 1) Forgione, 2) Mirra, 3) Salvatore, 4) Pezzano, 5) Manzi, 6) Santoro. Essendosi ottenuto la maggioranza assoluta di voti, il Signor Presidente dichiara che il prezzo del vino nuovo per l’anno milleottocentonovantasette, è quello stabilito con la proposta del Consigliere Forgione”.
Osserviamo subito che la proposta del Sindaco non viene approvata e passa invece quella del Consigliere Forgione, che propone una riduzione di mezzo Carlino.
Notiamo anche che curiosamente il prezzo viene espresso in Carlini e non in Lire, come avviene invece per il vino bianco: si tratta di un errore dovuto alla forza dell’abitudine? Il Carlino infatti non avrebbe dovuto più essere in corso.
Di vino nel territorio del nostro Comune se ne produceva veramente molto, prima che la fillossera, un insetto degli Afididi originario dell’America Settentrionale, distruggesse i nostri vigneti.
A Carife c’erano molte cantine e molti vendevano il vino che qui si produceva.
A determinare il prezzo del vino era il sito e l’esposizione dei vigneti: più alto era quello del vino rosso ricavato da uve coltivate “a Levante”. Non si faceva invece alcuna differenza di prezzo per il vino bianco, da qualunque sito provenissero le uve, e costava sempre meno del rosso.
Era molto apprezzato nelle cantine, dove molti Carifani bevevano e spesso si ubriacavano, un vino rosso molto scuro e carico, tanto che era giudicato buono il vino che, messo in bocca e spruzzato contro le pareti, lasciava il segno su di esse.
Molti erano i proverbi legati al vino, che non mancava mai quando si lavorava e si mangiava nei campi o quando ci si sedeva a tavola tornando a casa: Quando si entrava nella casa di un amico, di un conoscente o anche di un estraneo un bicchiere di vino era la prima cosa che veniva offerta.
Si diceva ad esempio “Lu vin’ ‘bbuon’ s’ venn’ senza la frasca” per significare che se il vino è buono non ha bisogno di essere reclamizzato. La “frasca” era un ramo con foglie verdi, solitamente di quercia o di castagno, esposto sulla facciata di una casa in cui era possibile bere o comprare del vino.
Per gli uomini che frequentavano le cantine, e troppo spesso si ubriacavano, fu coniato un altro proverbio: “Uom’n’ r’ cantina, cient’ a carrin’ e si saie chiaità t’ n’accatt’ pur’ rui’cient” (Uomini di cantina, cento a Carlino, e se sai contrattare te ne compri anche duecento). Il proverbio stava ad indicare lo scarso valore attribuito ai frequentatori abituali delle cantine: ne potevi comprare addirittura cento per un Carlino, una moneta di poco valore.

L’anno successivo, il 1898, il Sindaco, nonostante il tentativo, non andò di nuovo in minoranza. Alla seduta erano presenti:

1. Gallicchio Angelo Raffaele  (Sindaco)

2. Melina Michele

3. Capobianco Dionigi

4. Ciriello Antonio

5. Addimandi Giovanni

6. Salvatore Vincenzo

7. Mirra Vito

8. Caruso Giuseppe

9. Saura Salvatore

10. Santoro Domenico

11. Pezzano Silvano

12. Manzi Giuseppe

 

Erano invece assenti:

1. Ciampone Cav. Gaetano

2. Forgione Francesco

3. Grimaldi Filippo (dimissionario).

Leggiamo il verbale della deliberazione:

“Coll’intervento del Commissario Prefettizio Signor Colantuono, assiste alla tornata pubblica il Segretario Comunale Signor Grande Clemente. Riconosciutosi che il numero dei Consiglieri intervenuti è sufficiente per la legalità della deliberazione, il Signor Gallicchio Angelo Raffaele Sindaco, nell’assumere la Presidenza, dichiara aperta la seduta, espone che l’oggetto sul quale il Consiglio è chiamato a deliberare  è il seguente: VOCE DEL VINO PER L’ANNO 1898. Su di che apertasi la discussione il Sindaco Presidente invita il Consiglio a deliberare il prezzo del vino per l’anno 1898 da servire di base per le bonarie trattazioni che possono sorgere e che possono essere portate avanti la giustizia del Conciliatore giusta l’invalsa consuetudine di questo Comune. Dietro di che lo stesso Signor Presidente mette a votazione la seguente proposta:

Vino Bianco                                                   per ogni barile di litri 37                        £ 5,20
Vino Rosso a Levante                                   per ogni barile di litri 37                        £ 6.89
Vino Rosso a Mezzogiorno                          per ogni barile di litri 37                        £ 6,69
Vino Rosso a Ponente                                  per ogni barile di litri 37                        £ 6,40

Diversi Consiglieri fanno osservare essere un po’ esagerato il prezzo designato dal Signor Presidente, avuto riguardo al prezzo del vino, che tutt’ora si vende, per cui i Consiglieri Pezzano, Saura e Santoro disirirebbero (sic!) invece che si fosse di meno, cioè:

Vino Bianco                                                  per ogni barile di litri 37                          £ 5,10
Vino Rosso a Levante                                  per ogni barile di litri 37                         £ 6,40
Vino Rosso a Mezzogiorno                         per ogni barile di litri 37                         £ 6,20
Vino Rosso a Ponente                                 per ogni barile di litri 37                         £ 5,99

Il Signor Presidente invita il Consiglio a deliberare sull’oggetto, formando la seguente mozione: “Colui il quale approva la proposta del Signor Presidente si leva in piedi, gli altri che intendono informarsi (sic!) alla proposta dei Consiglieri Pezzano, Saura e Santoro restano seduti”. S’alzano otto Consiglieri e quattro rimangono seduti. Il Signor Presidente dichiara che il prezzo del vino, per l’anno 1898, è quello proposto con la sua prima proposta”.
Sicuramente interessante, per i particolari che aggiunge, è la deliberazione adottata dal Consiglio Comunale in data 1 Dicembre 1899.

Leggiamo:

“L’anno 1899 il giorno primo Dicembre in Carife e nella Casa Comunale, convocato il Consiglio Comunale dietro appositi avvisi scritti si è il medesimo ivi congregato nelle persone dei Signori:

1. Gallicchio Angelo Raffaele (Sindaco)

2. Forgione Francesco

3. Mirra Vito

4. Manzi Giuseppe

5. Saura Salvatore

6. Schirillo Vito

7. Gallicchio Rocco Paolo

8. Di Ianni Angelo Raffaele

9. Loffa Lorenzo

Assenti:

1. Ciampone Cav. Gaetano

2. Santoro Avv. Giocondo

3. Salvatore Avv. Vincenzo

4. Capobianco Dionigi

5. Melina Michele

6. Addimandi Giovanni

Assiste alla seduta il Segretario Comunale Signor Grande Clemente.

Riconosciuto che il numero dei Consiglieri intervenuti è sufficiente per la legalità delle deliberazioni, il Signor Gallicchio Angelo Raffaele, nell’assumere la presidenza invita il Consiglio a deliberare sul seguente oggetto: Voce del vino per l’anno 1899. Il Sindaco Presidente dichiara che il Consiglio è chiamato a deliberare il prezzo del vino per l’anno 1899 da servire di base nelle bonarie trattazioni che possono sorgere e che possono essere portate avanti la Giustizia del Conciliatore, giusta l’invalsa consuetudine. Raccomanda di stabilirsi un prezzo giusto, nella considerazione che la classe agricola lavora molto per la coltivazione delle viti, specie per i diversi trattamenti d’irrorazione e che quest’anno il prezzo del solfato di rame è stato esagerato, come pure per lo zolfo; dietro di che lo stesso Presidente per alzata e seduta, mette a votazione la seguente proposta, nel senso che colui il quale si alza intenda approvarla:

Vino bianco                                         per ogni barile di 37 litri                         £ 5,00
Vino rosso a levante                          per ogni barile di 37 litri                          £ 6,85
Vino rosso a mezzogiorno                per ogni barile di 37 litri                          £ 6,69
Vino rosso a ponente                        per ogni barile di 37 litri                          £ 6,40

Si alzano solamente tre Consiglieri, cioè il Presidente, Gallicchio Rocco Paolo e Saura Salvatore, ed in difetto della maggioranza assoluta dei voti la proposta fatta dal Sig. Presidente non viene accettata. Diversi Consiglieri fanno osservare essere esagerato il prezzo detto sopra, sia perché quest’anno s’è raccolto quasi la stessa quantità di vino dell’anno scorso, ma di pessima qualità, sia perché è più mercato il prezzo stabilito dai Comuni limitrofi e da diversi altri di questa Provincia. A seguito di ciò il Consigliere Di Ianni fa la seguente proposta:

mercuriale (2)

Il Signor Presidente mette a partito la proposta del Consigliere di Ianni, per alzata e seduta, nell’intelligenza che chi si leva in piedi l’approva. Si astiene dal votare il Consigliere Mirra Vito. Si alzano cinque Consiglieri e tre rimangono seduti. Stante la maggioranza assoluta dei voti, il Signor Presidente dichiara che il prezzo del vino per l’anno 1899 è quello fissato con la seconda proposta del Consigliere Di Ianni”.
Anche in questa occasione quindi la proposta del Sindaco venne bocciata.
Aggiungiamo ora una curiosità assai interessante:
Nella stessa seduta il Consiglio fu chiamato a deliberare sugli “Accomodi alla fontana S. Vito”: Al Comune era pervenuta “una domanda presentata dal proprietario Santoro Rocco fu Nicola, con la quale chiedeva che gli fosse data la facoltà di accomodare a sue spese la fontana S. Vito, di proprietà di questo Comune, sita nella contrada di detto nome. In ricambio di detta offerta spontanea desidererebbe il Santoro di usufruire dell’acqua di supero.
Il Consiglio, considerato che la fontana in parola, di esclusiva proprietà di questo Comune, dev’essere riparata urgentemente, essendosi deviata una buona parte dell’acqua, che scaturiva dalla stessa, per la frana avvenuta in quella località, che ha origine dal fondo di proprietà degli eredi di Sgrillo Aniceto (Schirillo? N. d. r.), ritenuto conveniente permettere al Signor Santoro Rocco fu Nicola di accomodare la detta fontana a sue spese, senza però concedergli l’acqua di rifiuto, che deve scendere per la propria china, e ciò per evitare urti e dispiaceri da parte dei proprietari dei fondi siti in quella contrada; considerato che con l’offerta fatta dal Santoro non si viene a ledere nessun diritto degli altri proprietari e cittadini di questo Comune che possono usufruire dell’acqua che scaturisce dalla fontana San Vito, specie per uso domestico e per abbeverare gli animali; visto l’art. 126 della vigente legge Comunale e Provinciale, per alzata e seduta, ad unanimità delibera:
È data facoltà al Signor Santoro Rocco fu Nicola di accomodare la fontana di proprietà di questo Comune, sita alla contrada S. Vito, senza poter usufruire dell’acqua di supero che deve avere il suo corso naturale; i lavori da eseguirsi sono:

1. Spurgo di detta fontana con facoltà di scovrire l’acquedotto che ha origine dal fondo                      sovrastante degli eredi di Sgrillo Aniceto;

2. Sgombrare il terreno, venuto giù a causa della frana, lateralmente al fonte in parola;

3. Restaurare la vasca e costruire un regolare selciato avanti la medesima: Il tutto sarà eseguito       dal detto Santoro a sue spese, senza aver diritto di rivalsa verso questa Amministrazione.

E’ stabilito che l’acqua di detta fontana dovrà servire per i bisogni di tutti i cittadini di questo Comune, specialmente per abbeverare gli animali, rimanendo assolutamente inibito di prenderne ad uso d’innaffiare alberi, ortalizii e simili”.
Naturalmente non ci è dato sapere se il nonno del compianto Rocco Santoro, manutentore del nostro acquedotto, abbia accettato le condizioni imposte dai nostri Amministratori e se abbia poi provveduto ad effettuare gli “accomodi” alla fontana S. Vito.
Ci piace comunque immaginare che lo abbia fatto.
Vediamo ora il prezzo del vino per il 1900:
Il Sindaco (Angelo Raffaele Gallicchio) aveva proposto i seguenti prezzi:

Vino Bianco                                      per ogni barile di 37 litri                    £ 5,00

Vino Rosso a Levante                      per ogni barile di 37 litri                    £ 6,40

Vino Rosso a Mezzogiorno             per ogni barile di 37 litri                     £ 6,20

Vino Rosso a Ponente                     per ogni barile di 37 litri                     £ 6,00

Si alzarono solamente Il Sindaco, ed i Consiglieri Capobianco Dionigi, Di Ianni Angelo Raffaele e Saura Salvatore; la proposta non passò. Il Consigliere Forgione avanzò un’altra proposta di prezzo, che fu la seguente:

Vino Bianco                                    per ogni barile di 37 litri                      £ 4,50

Vino Rosso a Levante                    per ogni barile di 37 litri                      £ 6,35

Vino Rosso a Mezzogiorno            per ogni barile di 37 litri                      £ 5,95

Vino Rosso a Ponente                   per ogni barile di 37 litri                       £ 5,75

“Messasi a partito tale proposta per alzata e seduta si alzano sei Consiglieri e tre rimangono seduti. Stante la maggioranza assoluta dei voti il Signor Presidente dichiara che il prezzo del vino per l’anno 1900 è quello fissato con la seconda proposta del Consigliere Forgione”.
Nel prosieguo della seduta, il Sindaco propone di nominare Rocco Flora “Maestro della Scuola Complementare” al posto del Maestro Luigi Melina, deceduto. Al Flora doveva essere attribuito “l’insegnamento della prima classe complementare, necessaria a mantenersi per i benefizi che da essa derivano alla gioventù studiosa di questo Comune”.
La discussione però fu rinviata ad altra seduta.
Si procedette poi a liquidare la somma di £ 120 all’Ingegnere De Gennaro Alfonso, incaricato “di redigere il progetto per la sistemazione della frana Vitullo, sottoposta a questo centro abitato”.
La spesa complessiva per realizzare il progetto ammontava a circa duecentomila lire, ma il Sotto Prefetto del Circondario di Ariano di Puglia aveva espressamente imposto che l’onorario del tecnico non doveva superare le 120 lire.
Il prezzo del vino rimase sostanzialmente stabile fino alla vigilia della I^ Guerra Mondiale. Le oscillazioni di qualche centesimo di lira erano dovute alla quantità e quantità del vino prodotto e al costo della manodopera, dello zolfo e del solfato di rame.

Play/Pause

>>>CURIOSITA’