Cenni di Geologia

 CENNI DI GEOLOGIA DEL TERRITORIO DI CARIFE

PARTE  I

La formazione del sistema appenninico, che risale al Cenozoico o Terziario (da 65 a 1,6 milioni di anni fa), è più recente di quella delle Alpi e il suo assestamento tettonico-orogenetico è ancora in atto o in evoluzione; la relativa giovinezza del sistema è evidenziata, tra l’altro, oltre che dai frequenti terremoti dovuti all’assestamento, anche dai numerosi rilievi vulcanici e da formazioni molto recenti.
La parte centromeridionale è caratterizzata dalla presenza di imponenti massicci calcarei, che dominano rilievi collinari di formazioni diverse, in larga parte argilloso-arenacee, come è il caso di Carife e degli altri comuni della “Baronia”.
L’Appennino meridionale non ha l’aspetto di una vera e propria catena montuosa continua e spesso presenta isolati rilievi; quello campano ha i maggiori rilievi sul lato tirrenico e la zona montuosa retrostante, assai meno elevata, presenta una serie di morbide ondulazioni.
Gli Appennini, secondo la teoria più accreditata, ebbero origine dai movimenti reciproci della placca continentale europea e di quella africana.

Geologia Carife

Gli Appennini a est di Avellino.

Il territorio della “Baronia”, geomorfologicamente, è costituito in prevalenza da formazioni di calcari, arenarie, sabbie, argille e conglomerati, e mostra fenomeni di dissesto idrogeologico.
Il Chelussi pubblicò, all’inizio del secolo scorso, varie notizie relative al Pliocene della zona, identificando nei monti della Baronia ben 14 diverse specie fossili.
Scriveva nel 1891 lo Jannacchini a proposito del contrafforte di Trevico: “Questo monte…offre denudazioni calcaree assai pronunziate, e più in su hassi un terreno affatto alluvionale con un greto compatto rivestito di un terriccio arenaceo misto ad abbondanti cocci marini, ad altri molluschi e pesciolini pietrificati. Fa meraviglia come ancora oggi, a tanta altezza, se ne trovino moltissimi fra mezzo a ghiaia e ad altri depositi che offrono tutti i contrassegni di essere stati in un tempo di sotto all’acqua…”
A Monte Mauro di San Sossio Baronia si è addirittura scoperto recentemente un fossile di squalo, in una roccia costituita in gran parte da sedimenti inglobanti un gran numero di fossili di Ostreidi e Pettinidi, molluschi lamellibranchi di grandi dimensioni (fino a 20 centimetri). Il fossile è stato oggetto di studio da parte dell’Università di Camerino; uno studente universitario del posto ha recuperato un affilatissimo dente triangolare della squalo e lo ha consegnato alla Soprintendenza Archeologica Salerno.

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Fossile di “Ostreide” da Monte Mauro (San Sossio Baronia).

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Il contrafforte di Trevico con al centro Carife ed i suoi “Valloni”.

La formazione geologica della Baronia si fa risalire all’era terziaria o Cenozoica, caratterizzata dall’assunzione della forma attuale da parte dei continenti e degli oceani e dal grande sviluppo delle specie vegetali sopravvissute fino ad oggi e delle numerose specie animali, da cui sono derivate quelle attuali. Il territorio di Carife è caratterizzato dall’affioramento di depositi marini pliocenici, poggianti su sedimenti miocenici.
La parte sommitale del contrafforte di Trevico, a partire dai circa 700 metri di altezza, è costituita da conglomerati sedimentari o “Puddinghe”, come si preferiva una volta chiamare questo tipo di formazione. La massima altezza è raggiunta proprio a Trevico, con 1090 metri sul livello del mare.
I conglomerati costituiscono la parte montana dei comuni di Carife, Vallata, Trevico, San Nicola Baronia, Castel Baronia e qualche propaggine si allunga anche verso i Comuni di San Sossio Baronia e Flumeri, con uno sviluppo perimetrale di oltre 20 Chilometri.
Le Puddinghe sono costituite da frammenti e da ciottoli arrotondati di diverse dimensioni, detti “clasti”, legati da una matrice sabbiosa o argillosa. Il progressivo arrotondamento delle brecce è dovuto all’azione dell’acqua, in particolare delle onde marine, in corrispondenza delle linee di costa. I ciottoli provengono dai rilievi sottoposti all’incessante erosione e fattori meteorici (gelo, disgelo, vento, fenomeni meteorologici, ecc).I conglomerati sono arrivati qui per effetto degli sconvolgimenti che hanno caratterizzato lunghi periodi della storia del nostro pianeta.

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Conglomerati o “Puddinghe” della cava Jannarone (Tra Carife e Castel Baronia.)

Le rocce sono porose e si presentano sciolte o più o meno cementate, tanto che negli anni  cinquanta, per allargare la S.S. 91, si dovette ricorrere spesso all’uso della dinamite.

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“Puddinghe” cementate nei pressi dei “Palchi di Giannetta” di Carife.

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Frammenti di conglomerati cementati provenienti dalla cava Jannarone.

Naturalmente per la loro porosità e per il fatto che sono costituiti da arenarie e da calcari, con frequenti intercalari di argilla, i conglomerati costituiscono un ottimo acquifero, in grado di immagazzinare, filtrare e cedere acqua sotto forma di sorgenti.
La presenza dell’acqua non poteva non favorire in Baronia le frequentazioni e gli stanziamenti umani fin dai tempi più antichi (Neolitico antico).
Dal punto di vista idrologico, in base ai dati del servizio idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici relativi agli anni 1942, 1953 e 1957, le sorgenti per uso potabile dei monti della Baronia, delle quali le due più importanti, “Tufara” e “Acquara”, nascono presso Castel Baronia, al contatto tra i conglomerati e le sabbie argillose, erogavano complessivamente 71 litri al secondo.
Dopo il disastroso sisma del 23.11.1980 le sorgenti della zona, dopo un vistoso aumento iniziale, hanno subito sensibili cali di portata, in quanto, oltre agli effetti del terremoto, si sono susseguite stagioni poco piovose. Solo in questi ultimi tempi si stanno riprendendo.
Il Comune di Carife fu addirittura costretto a trivellare tre pozzi in prossimità delle sorgenti “Bocche”, lungo una linea di faglia individuata dai geologi.
La faglia, in geologia, è una frattura della crosta terrestre dovuta a forze di stiramento o di compressione prodotte da movimenti tettonici in direzione verticale, orizzontale o obliqua. Di solito i movimenti sono a lungo termine ed impercettibili; se sono improvvisi, quasi sempre sono generati da forti terremoti.
Proprio lungo questa linea di faglia scorre, da est ad ovest, il profondo “Vallone delle Bocche”). Presenta diverse ramificazioni e incide profondamente le “Puddinghe”; non porta quasi mai acqua, data l’estrema porosità dei conglomerati attraversati, che l’assorbono e la portano nelle falde sotterranee. Solo in occasione di forti temporali si vede l’acqua scorrere in superficie: Il vallone segna i confini del territorio di Carife con quelli di Vallata, Trevico e San Nicola Baronia.
L’area della Baronia rimane tuttavia ancora tra le meno conosciute d’Italia sotto il profilo geologico, nonostante il tragico e frequente ripetersi di disastrosi e violenti eventi sismici: la motivazione va probabilmente ricercata nel limitato interesse che tale zona presenta per iniziative di tipo industriale.
Il territorio di Carife è estremamente vario e, a detta dei geologi che lo hanno perforato nel corso delle loro indagini, cambia spessissimo.
La sua escursione altimetrica varia dai circa 411 metri del fondovalle ai circa 946 metri sul livello del mare (Montagna di Carife).
Ben 7 solchi profondi (detti “valloni”) incidono il territorio da nord-est a sud-ovest, scorrono quasi paralleli e convogliano a valle, nell’Ufita, le acque meteoriche.Secondo una teoria, che non trova molto credito, le incisioni sarebbero state prodotte dal lento scorrere a valle dei ghiacci durante le ere glaciali. Qualcuno presenta ramificazioni e, partendo dai conglomerati della “Montagna di Carife”, i “valloni” hanno un percorso medio di circa tre chilometri.

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I Valloni SAN LEO (a sinistra) e FONTANELLE (a destra).

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