LA GESTIONE DEL DEMANIO COMUNALE DI CARIFE

Il Comune di Carife possiede un demanio, gravato di uso civico, che si estende a gran parte della Montagna. Di esso si son dovuti occupare spesso gli Amministratori che si sono avvicendati sul Comune. Per i primi anni successivi al rimboschimento le recinzioni con filo spinato impedivano agli animali di pascolare e distruggere la vegetazione. I cittadini residenti a Carife avevano, ed hanno tuttora, il diritto di legnatico, pascolo, raccolta di frutti del sottobosco ecc.. Ultimamente, nel disinteresse generale, siamo stati violentemente privati di questo diritto da parte di alcuni pastori, che hanno condotto al pascolo sulla montagna centinaia di mucche.
Ad avventurarsi sulla nostra montagna, una volta oasi di pace e di tranquillità, ora sono soltanto pochi “coraggiosi” o “temerari” che osano andarci in cerca di asparagi; di funghi, castagne, origano, fragoline…neanche a parlarne. E’ di qualche giorno fa l’incidente capitato ad un nostro concittadino che si era recato sulla Montagna di Carife in cerca di asparagi: per farsi estrarre una zecca ed il suo rostro conficcato nella pelle si è dovuto recare al pronto soccorso, dove gli sono stati praticati diversi punti di sutura. Un gran numero di mucche, greggi di capre e pecore belanti, cagnacci ringhiosi grossi come vitelli, torelli baldanzosi infuriati si aggirano tra gli alberi, nella piana e sulla montagna distruggendo tutto e degradando l’ambiente tra il disinteresse , l’apatia, l’indifferenza, il fatalismo e, soprattutto, l’inerzia di chi è preposto istituzionalmente proprio alla salvaguardia di un paesaggio che occorrerebbe mantenere incontaminato.
Proprio nel vallone delle Bocche, a ridosso dei ruderi dei mulini, stazionano all’addiaccio un centinaio o forse più di mucche (sicuramente più di quante il luogo possa sopportare senza riceverne danni irreversibili).
Il posto è in uno stato di sconcertante e catastrofico degrado oltre che di desertificazione: escrementi pieni di mosche, zecche, placente maleodoranti di mucche che hanno appena partorito invadono tutto, con gravissimo possibile ed imminente pericolo di contaminazione e di inquinamento con streptococchi fecali (e la brucellosi?) le sottostanti falde acquifere che forniscono l’acqua potabile (?) al nostro Comune e a quello di Castel Baronia ed altri Comuni (Alto Calore).
Il luogo viene ora evitato perfino dalle coppiette in cerca di luoghi appartati e di intimità, e che notoriamente non vanno troppo per il sottile, quando devono “incespugliarsi”, anche in pieno giorno: il rischio è quello di ritrovarsi una “vacca loca”…guardona allo sportello della macchina, o un furioso torello che parte alla carica, se la tua macchina è di colore rosso.
Ma l’assurdità maggiore consiste nel fatto che vengono erogati contributi (anche dalla Comunità Europea) per costruire sentieri (che dovrebbero essere persino illuminati di notte) per i diversamente abili, percorsi e staccionate, viene apposta segnaletica che invita ad “ascoltare il silenzio” e a “guardare i fiori” a praticare il “bici tour” e, contemporaneamente, si erogano contributi a chi “mantiene semplicemente in vita” le mucche che rovinano, imbrattano, degradano, deturpano, travolgono staccionate e parapetti, creano pericoli per il traffico (non ci sono segnali di animali vaganti lungo la ex S.S. 91, ora gestita dalla Provincia) e facendo rotolare ciottoli sulla sede stradale.
Il Consiglio Comunale in carica nel 1925 dovette affrontare un problema simile; ma vediamo cosa si decise in quella circostanza:
I fratelli Carlo e Francesco Frano di Candela (Foggia) avevano fatto domanda al Comune perché ammettesse al pascolo, nell’area demaniale, circa 300 pecore per i mesi di Agosto, Settembre e metà Ottobre (si trattava di una piccola transumanza/alpeggio). Trattandosi di un breve periodo i due fratelli chiedevano anche una riduzione della tariffa per la “fida”, ossia per il contratto di affitto di un terreno da utilizzare a pascolo. Il Consiglio Comunale concesse il pascolo ma non ridusse la tariffa, che, come da regolamento bisognava pagare al Tesoriere e dispose “che sia pagata l’intera tariffa in vigore che è stabilita per gli animali forestieri in £ 6 per ogni capo”.

LA FIDA DEL PASCOLO SULLA MONTAGNA DI CARIFE

Il Consiglio Comunale di Carife è stato chiamato ripetutamente a deliberare in merito alla “fida” del pascolo sulla nostra montagna.
La fida è un contratto di affitto di un terreno a pascolo. Nel diritto agrario e feudale la fida o affidatura è un antico tipo di servitù fondato sul “jus affidaturae”, consistente in un corrispettivo sul pascolo da corrispondere al proprietario o al titolare di un diritto di godimento.
La consuetudine era ed è tuttora diffusa nell’Italia centromeridionale; la sua misura era localmente determinata dall’uso e si applicava come pagamento del diritto di pascolare su terreni feudali e su quelli demaniali costituiti “a difesa”.
Molti studiosi sostengono che, a seguito del riscatto dei feudi operato dai Savoia dopo l’unità d’Italia, la prestazione non è più dovuta. Alcuni comuni però continuano ad applicare antichi regolamenti o ne adottano addirittura di nuovi, facendo pagare una tariffa per capo di bestiame.
Analogo alla fida è il “pascolatico” o “jus pascendi” : si tratta di una servitù di pascolo esercitata non da un singolo pastore ma da un’intera comunità e prende l’aspetto di “uso civico” da parte dei residenti del Comune: questo è proprio il caso di Carife e dei suoi abitanti.
Non è stato possibile trovare nell’archivio del Comune il regolamento che sicuramente fu adottato. Esistono però degli atti deliberativi che, in riferimento ad altri, si sono occupati di questo problema che ha sempre animato accanite discussioni tra i cittadini di Carife.
Il primo atto che abbiamo rinvenuto risale al 24 Aprile 1900.
Il Sindaco Presidente, Angelo Raffaele Gallicchio, invitò il Consiglio a deliberare sul seguente oggetto: “Domanda di diversi proprietarii intesa ad ottenere la concessione del pascolo pei loro animali pecorini”. Ma riportiamo la deliberazione:
“Il Sindaco Presidente fa dar lettura di una domanda, avanzata di diversi proprietarii di questo Comune, intesa ad ottenere il pascolo per gli animali pecorini nelle due tenute Montagna e Costa della Mola, di proprietà di questo Comune, nonché la designazione della località per l’accesso alla Contrada Bocche, ove si menano gli animali per l’abbeveraggio. Il Consiglio, letta la domanda sopra menzionata, considerato che le contrade erbifere suddette Montagna e Costa della Mola, di pertinenza di questo Comune, si trovano di già locate: la prima a Santoro Michelarcangelo di Rocco con contratto del 19 Gennaio u.s. vistato il 18 detto n. 404 e registrato il 30 ripetuto al n. 236 Vol. 42 Mod. 1°; la seconda a Carpentieri Rocco Vincenzo fu Giambattista con contratto del 9 Febbraio ultimo, vistato il 1° Marzo successivo n. 1398 e registrato il 9 Marzo detto al n. 262 Vol. 19 Mod. 1°; stante ciò l’Amministrazione si trova vincolata da tali aggiudicazioni, che deve rispettare fino al termine della locazione; considerato che fin da tempo remoto è sempre esistito la via d’accesso alle Bocche e che oggi forse s’è preclusa con le usurpazioni praticate dai quotisti; ad unanimità delibera:

1) E’ incaricato il Signor Sindaco di far pratiche bonarie verso i Signori Santoro Michelarcangelo e Carpentieri Rocco Vincenzo, aggiudicatarii delle tenute Montagna e Costa della Mola, invitandoli a permettere il pascolo degli animali pecorini nelle tenute erbifere loro fittate, pagando l’estaglio che si corrisponde a questa Amministrazione, in ragione del numero totale delle pecore che si menano al pascolo;
2) Far delimitare i confini dell’antica strada che mena all’abbeveraggio delle Bocche e qualora la stessa fosse angusta disporre l’allargamento nelle zone dei quotisti, che in tal caso avranno diritto al discarico di una parte del canone che si paga tuttora;
3) Darne comunicazione a questo Consiglio all’esito di detto incarico”.

Ignoriamo come sia andata a finire.

Un altro atto deliberativo fu adottato dalla Giunta nel corso del 1918. Leggiamolo:
“L’anno millenovecentodiciotto addì ventiquattro Giugno in Carife. La Giunta Municipale legalmente convocata si è riunita nelle persone dei Signori 1. GALLICCHIO ANGELO RAFFAELE; 2. INFANTE ROCCO; 3. MELCHIONNA VITO. Assiste alla seduta il Segretario Sig. GRANDE CLEMENTE. Il Sig. Gallicchio Angelo Raffaele riconosciuto legale il numero degli intervenuti, invita i medesimi a deliberare sul seguente oggetto: Nuovi prezzi per fida di pascolo e vendita ginestre nel terreno saldo comunale.
La Giunta: letta la deliberazione di massima di questa medesima Giunta dell’8 gennaio 1898, approvata dall’Ill.mo Signor Sottoprefetto (di Ariano di Puglia, nota del redattore) il 2 febbraio successivo, n. 619, con la quale furono stabilite le condizioni per la fida bestiame e per la vendita del legname ginestrile in questo demanio saldo comunale; considerato che, per il rincaro generale di ogni genere, si ravvisa necessario aumentare gli attuali prezzi, tanto per la fida, quanto per le ginestre in vigore fin dal 1898, che sono infimi e che non corrispondono più agli eccessivi utili dei tempi presenti, indipendentemente anche dello stato di guerra attuale; ad unanimità delibera:
A. Fissarsi nuovi prezzi per la fida del bestiame in questi beni saldi comunali e propriamente:

1. Pecore e agnelli: per ogni periodo sia invernale, dal settembre al febbraio nelle contrade “Fontanelle – Serro delle Croci – Bersaglio – Costa la Mola e Cupone, sia estivo dal Marzo ad Agosto nelle contrade Montagna – Serroni e Mulini, – Lire una a capo;

2. Capre nella contrada Bosco, all’uopo destinata, – Lire tre a capo;

3. Bovi-muli-cavalli ed asini nelle contrade Fontanelle, Serro le Croci, Costa d’Olmo, Cupone e Palchi di Giannetti, dal 15 maggio al 15 agosto:

a) Bovi o vacche – bocca intera – per ogni capo – Lire dieci;

b) Vitelli e vitelle sopra l’anno – mezza bocca – Lire cinque;
c) Puledri, cavalli e muli sopra l’anno – Lire cinque;
d) Cavalli e muli – Lire dieci;
e) Asini – Lire cinque;
f) Puledri e puledre asini sopra l’anno – Lire due e centesimi 50.

B. Ripartirsi in nuove e maggiori Sezioni questo terreno saldo comunale, piantato a ginestre, suddividendosi in modo che ognuna di esse non abbia il valore superiore alle lire cinquecento, agli effetti della privata trattativa; e per la formazione di tali nuove sezioni viene dato incarico al Sindaco, o a chi per esso, coadiuvato dalla Guardia Campestre Giangrieco Vito Michele.
C. Revocarsi il cennato atto di Giunta dell’8 Gennaio 1898 per quanto riguarda le sole modifiche cui innanzi e continuerà ad avere vigore per ogni altra sua parte”.

Nel corso della primavera del 1920, e precisamente il 25 maggio, sempre la Giunta tornò a deliberare sulla fida, ritoccando i prezzi.

Leggiamo l’atto deliberativo.

“La seduta continua sul seguente oggetto: Aumento dei prezzi per fida di pascolo nel terreno saldo comunale. La Giunta, letta la deliberazione di massima di questa Giunta Municipale dell’8 Gennaio 1898, approvato dall’Ill.mo Sig. Sottoprefetto il 2 Febbraio successivo n. 619, con la quale furono stabilite le condizioni per la fida del bestiame e per la vendita del legname ginestrile in questo Demanio saldo comunale; Vista l’altra deliberazione del 24 Giugno 1918, vistata il 6 Luglio successivo n. 2499, modificatrice dei prezzi del pascolo e di vendita del legname ginestrile; Considerato che per il sempre crescente rincaro di ogni genere, specie delle carni, lana e formaggio, si reputa necessario aumentare gli attuali prezzi del pascolo suddetto, che si riscontrano infimi e non proporzionati agli eccessivi utili dei tempi presenti; ad unanimità dei voti delibera:

A. Fissarsi nuovi prezzi per la fida del bestiame in questo Demanio saldo comunale, e propriamente:

1. Pecore ed agnelli per un periodo sia invernale dal settembre al febbraio nelle contrade Fontanelle, Serro delle Croci, Bersaglio, Costa la Mola e Cupone, sia estivo dal marzo all’agosto nelle contrade Montagna, Serroni e Mulini- Lire due a capo;
2. Capre, nella contrada Bosco all’uopo destinata, – Lire sei a capo;
3. Bovi, muli, cavalli ed asini nelle contrade Fontanelle, Serro le Croci,
Costa d’Olmo, Cupone e Palchi di Giannetti dal 15 maggio al 15 agosto:
a) Bovi e vacche bocca intera – Lire 15 a capo
b)Vitelli e vitelle sopra l’anno fino a 18 mesi, (mezza bocca) – Lire 10 a capo
c) Cavalli e muli – Lire 15 a capo
d) Puledri, cavalli e muli sopra l’anno fino a diciotto mesi – Lire 10 a capo
e) Asini – Lire 5 a capo.

B. Revocarsi il cennato atto di Giunta del 24 Giugno 1918, per quanto riguarda le sole modifiche cui innanzi;
C. I prezzi innanzi determinati vanno pagati dai soli cittadini di Carife, mentre per i forastieri si aumentano della metà di quelli fissati nella presente deliberazione;
D. Agli effetti del pagamento il presente atto avrà forza retroattiva a far data dal settembre 1919, non essendosi ancora formato l’elenco della fida invernale (dal settembre 1919 al febbraio 1920)”.

Facciamo alcune considerazioni:

A.L’istituzione di una tariffa per il pascolo nelle aree demaniali era antica ed era accettata pacificamente da tutti i cittadini, anche se avevano il diritto di uso civico per legnatico, pascolatico, ecc.;
B. Al pascolo potevano essere ammessi anche gli animali dei pastori che non erano di Carife;
C. Il Demanio era diviso in zone e contrade, nelle quali non potevano essere ammessi, indiscriminatamente, alcuni tipi di animali.

In un’occasione il Consiglio Comunale deliberò di restituire ad un certo Chiauzzo di Carife quanto questi aveva versato in anticipo per pascolare le pecore sulla montagna, in quanto non le aveva più portate.
A titolo di curiosità aggiungiamo che nella stessa seduta di Giunta, presieduta per l’occasione da Infante Rocco, si deliberò di “Concedersi il suolo o larganeo comunale per l’estensione di soli metri quadrati 174,30 ai fornaciai Clemente Giuseppe fu Giovanni e Capobianco Nicola fu Felice, sito alla strada Margherita (ora Via Roma, n.d.r.) in prossimità di questo abitato, accosto alla Nazionale, confinante con viottolo parallelo alla casa di Lodise Rocco, con terreno saldo comunale da sotto, con detta strada Nazionale davanti,e con strada che mena al Largo la Croce per la durata di anni due, a far data dal 1° Gennaio ultimo e per l’annuo fitto di lire quaranta, sotto l’espressa condizione di doversi lasciare libero il detto suolo in qualsiasi stagione o mese dell’anno qualora lo stesso occorresse per la costruzione di un fontanino per il costruendo acquedotto.”
Clemente Giuseppe, di professione fornaciaio, era soprannominato “Culunt”, forse per l’abitudine di ungere il pane nell’olio residuo del piatto, cosa questa che piace fare a molti; era nato il 26.6.1846 da Giovanni Alessio e da Andreottoli (Andreottola?) Gelsomina. Era conosciuto come “Lu Cavalier” e non si esclude che lo fosse veramente, e di conseguenza le figlie ( ne aveva tre) erano “le Cavaliere”. Sposò Clemente Mariantonia e morì il 31.3.1928. Si tratta dei nonni della simpatica ed arzilla Sig,na Clemente Egilda, nata il 17.9.1924 da Gaetano. Abitava in “Strada Terranova”.
Giovanni Alessio Clemente, nato “ad ore venti del giorno 27 febbraio 1811”, era anche lui vasaio ed era figlio di Antonio di anni 35, coniugato con Tomasina Melina di anni 31.
In quell’anno a Carife, aiutati a venire al mondo dalla levatrice di 75 anni Barbara Fratturo, nacquero 98 bambini: gli abitanti erano molti di più ed erano anche più prolifici.
I registri di nascita presenti nell’archivio comunale partono dal 1809 e sono stati rilasciati, in copia conforme, dall’Archivio Provinciale di Stato di Principato Ultra.
Dagli atti risulta che quando non era il padre era la levatrice a dichiarare la nascita di un bimbo, alla presenza di testimoni che spesso non sapevano firmare in quanto, nella quasi totalità, erano analfabeti. Nel 1811 l’Ufficiale di Stato Civile era Giuseppe Pezzano.

Giacchè ci siamo diamo uno sguardo al numero dei nati di quegli anni:

– 1809 (Anno di impianto dei Registri) – Nacquero 73 bambini;
– 1810                                                                      “     96 bambini;
– 1812                                                                      “    103 bambini;
– 1813                                                                      “    100 bambini;
– 1814                                                                      “       77 bambini.

Per il 1815 abbiamo la seguente annotazione da parte dell’Archivio Provinciale di Stato di Principato Ultra: “Il Registro degli atti di nascita per l’anno 1815 manca nello Stato Civile del Comune di Carife”.
L’annotazione è del 31.12.1909.

– 1816                                                         Nacquero 83 bambini;

– 1817                                                                  “         75 bambini.

Il tasso di natalità era molto alto, ma lo era anche, purtroppo, quello di mortalità.

Tra le professioni o condizioni del genitore che si presentava in Comune per dichiarare la nascita di un bambino ricorre spessissimo quella di “contadino regnicolo”, ovvero “cittadino del regno”, che nel nostro caso era ovviamente quello di Napoli o borbonico.
Capobianco Nicola, imparentato con il precedente ed anche lui fornaciaio, nacque l’1.7.1850 da Felice e da Giannetti Rosangiola. Sposò Clemente Angela e morì il 24.4.1929. Appartiene ad un ramo collaterale dei Marchesi Capobianco e la famiglia ha origini beneventane. Era il bisnonno di Antonio, detto “Tonino”, il nostro beneamato postino. Il padre di Tonino, il fornaciao Felice, nacque il 18.4.1888 da Nicola e da Clemente Angela, sposò De Gregorio Teresina e morì il 3.6.1926.
Le tre “Cavaliere” avevano ricevuto in eredità ognuna una fornace proprio di fronte al Piano, che dovremmo chiamare più correttamente delle “Cavaliere”; le fornaci erano ubicate dove ora c’è l’autoscuola “Italia”, la macelleria di Giovanni Loffa (“ Giuann’ lu Uascio”) e il negozio di Vincenzina Tudisco De Falco; vi si fabbricavano embrici e mattoni, “ruagne” e soprattutto piatti, “pignate”, ciotole, cecini, tiani smaltati, giare o “fesin”, con smalto o senza, che venivano consegnati e venduti nei paesi vicini. Spesso si giovavano anche dell’opera di diversi operai e di altri esperti fornaciai, appartenenti pure loro alla famiglia Capobianco (“Picciuotto” e “Cocò”).
Si tratta, come tutti avranno capito, del Piano del Cavaliere, perché cavaliere era soprannominato, e come abbiamo detto forse lo era davvero, Clemente Giuseppe, uno dei due assegnatari. In dialetto diciamo ancora “lu chian’ re cavaler’, e forse è più corretto così.
Ma ritorniamo alla fida del pascolo: nella seduta del 25 marzo 1924 il Consiglio Comunale ritoccò ancora una volta le tariffe e adottò la seguente deliberazione:
“Oggetto: Modifica ai prezzi di fida pel pascolo Comunale.
Il Presidente (Gallicchio Angelo Raffaele, n. d. r. ), su proposta di alcuni consiglieri che vogliono elevato in proporzione compatibili con le attuali esigenze economiche, la tariffa dei prezzi di fida degli animali bovini ed ovini che usufruiscono del pascolo nelle tenute erbifere comunali, invita il Consiglio a deliberare in proposito, ed all’uopo raccomanda di tenere presenti i prezzi fissati con l’ultimo atto di Giunta del 25 maggio 1920, debitamente approvato. Il Consiglio, aderendo alla proposta del suo Presidente, Visto l’atto deliberativo di questa Giunta Municipale sopra menzionato; Considerato che in rapporto dei tempi che corrono ed al persistente rincaro delle produzioni, segnatamente degli animali ovini, è consigliabile un congruo aumento della tariffa della fida pascolatoria, ad unanimità delibera:

1. Di elevare il prezzo di fida delle pecore ed agnelloni per ogni capo da Lire 2 a Lire 3; dei bovini e vacche da Lire 15 a Lire 25, e cioè per quelli che si appartengono a proprietari del paese mentre per quelli forestieri tale misura sarà rispettivamente raddoppiata;

2. Restano invariati tutti gli altri prezzi stabiliti con le ridette deliberazioni di Giunta, modalità e designazione delle località erbifere;

3. Revocarsi la medesima deliberazione per la sola parte riguardante la tariffa di fida per le pecore, agnelloni, buoi e vacche;

4. La modifica di cui al n. 1 della presente avrà luogo dal periodo invernale del corrente anno 1924.”

L’atto deliberativo risulta sottoscritto, oltre che dal Sindaco A.R. Gallicchio, dall’Assessore Anziano Clemente Giuseppe e dal Segretario Manzi Giuseppe Luigi.
La deliberazione, pubblicata senza reclami domenica 10 agosto 1924, fu approvata dalla Prefettura nella seduta dell’8 ottobre dello stesso anno.
Manzi Giuseppe Luigi, il Segretario, era nato il 15.1.1961 da Vito e da Salvatore Vittoria. Morì il 4.2.1945.
Spesso però i pastori provenienti da altre zone non volevano pagare una tariffa doppia di quella pagata dai residenti: i fratelli Carlo e Francesco Frano da Candela (Foggia) chiesero l’ammissione al pascolo dei loro ovini nella tenuta erbifera comunale, dichiarandosi disposti a pagare la stessa tariffa applicata per i residenti (tre Lire a capo ovino). La richiesta di fida era per i mesi di Agosto, Settembre e metà Ottobre per trecento pecore; di qui la richiesta di ridurre la tariffa. Il Consiglio Comunale accolse la domanda di ammissione al pascolo prodotta dai fratelli Frano, ma non concesse la riduzione di tariffa, anzi ribadì che doveva essere “pagata l’intera tariffa in vigore, che è stabilita per gli animali forestieri in Lire sei per ogni capo”.

I fornaciai ed i fornai di Carife continuavano intanto a tagliare le ginestre negli spazi e nelle sezioni ad essi assegnati, previo versamento di quanto dovuto nelle casse comunali.
Anche in questo caso non mancava il contenzioso; negli atti deliberativi si legge: “ Il Consigliere Capobianco propone che sia fissata in bilancio la somma di Lire 500 quale multa che egli dice sia dovuta da Micciolo Vincenza per non aver mantenuto il patto contrattuale della vendita delle ginestre, le quali dovevano servire allo scopo semplicemente di alimentare il suo forno. La sezione di cui si permise il taglio, se fosse stata venduta all’asta pubblica, avrebbe dato il prezzo molto maggiore di quello pagato dalla Micciolo”.
Il Sindaco (sempre A.R. Gallicchio) si riservò “di mettere all’ordine del giorno la proposta del Consigliere Capobianco in sede di bilancio in una prossima convocazione del Consiglio”.
Il Consigliere era Capobianco Felice di Nicola, padre di Tonino il postino.
Micciolo Vincenza, di condizione “fornaia artigiana”, era nata il 28.7.1860 da Giuseppe e da Fabiano Maria Rosaria. Sposò Lodise Giambattista e al censimento del 1936 risultò presente in Via Largo Toro. Morì il 5.5.1954.
In un caso il Sindaco dovette emanare un’ordinanza/ingiunzione tesa a far rimuovere le cataste (“pignoni”) di ginestre, tagliate e lasciate sul fianco della montagna.
Questa consuetudine, pascolo e taglio delle ginestre, durò fino a quando non si decise di permettere all’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di procedere al rimoschimento sistematico dell’intera montagna.
Già da tempo però l’Amministrazione Comunale aveva fatto piantare i castagni in alcune zone e soprattutto sul versante a sud delle sorgenti Bocche, ove tuttora c’è uno stupendo castagneto che andrebbe tagliato, prima che sia troppo tardi.
Negli atti deliberativi del Comune c’è una disposizione con la quale si decideva la corresponsione alla Guardia Campestre di un congruo compenso per “sarchiatura e pulitura” delle giovani piantine di castagno nella zona in cui si era proceduto a piantarle.
Le essenze arboree, messe a dimora sulla montagna dall’Ispettorato Forestale fin dagli anni cinquanta del secolo scorso, nulla avevano a che fare però con la vegetazione autoctona: vari tipi di cipressi, di pini, di robinie e di altre piante incominciarono a ricoprire i fianchi della Montagna di Carife.
Talora anche noi alunni delle scuole elementari, quando ricorreva la Festa degli Alberi, eravamo chiamati a mettere a dimora la nostra piantina: io personalmente nel 1953 (frequentavo la IV elementare) piantai, in una buca già predisposta al di sotto del Turnachè, una piantina di cipresso che seguii per molti anni, fino a quando il cancro non la fece seccare…
Spesso disastrosi incendi, anche di natura dolosa, hanno distrutto ciò che era faticosamente cresciuto sui conglomerati del “Bosco” e le resinose conifere, si sa, non ricacciano più quando sono aggredite dal fuoco.
La processionaria, le nevicate troppo pesanti, periodi troppo siccitosi, ed ora anche il cancro, l’incuria, il pascolo indiscriminato stanno decimando le piante e a lungo andare vanificheranno il lavoro fin qui fatto.

Le zone rimboschite furono poi recintate e furono apposti i cartelli riportanti il divieto di caccia, pascolo e transito; fioccarono le prime contravvenzioni e fino agli anni novanta gli animali non erano ammessi nei rimboschimenti. Poi, non si sa perché, venne la fine…di questa buona abitudine che accontentava un pò tutti.