1952 : UN “PATRIMONIO COMUNALE” IN PERICOLO
Il Consiglio Comunale del nostro Comune, dopo l’arrivo della tanto attesa acqua, fu chiamato ripetutamente a deliberare provvedimenti riguardanti l’acquedotto comunale, che è gestito ancora direttamente, in quanto non abbiamo aderito mai a nessun consorzio.
Non sempre però la questione acquedotto è stata affrontata serenamente dai nostri Consiglieri comunali e spesso non sono mancate accanite polemiche e discussioni. Vediamo ad esempio cosa successe nel 1952, quando il Consiglio Comunale fu chiamato a ratificare la deliberazione n. 13 assunta dalla Giunta Municipale in data 6 Luglio dello stesso anno.
La tornata di Consiglio fu quella del giorno 1° Ottobre, ma leggiamo l’atto deliberativo:
“L’anno 1952 il giorno 1° del mese di Ottobre alle ore 18 in Carife nella sala delle ordinarie adunanze consiliari, convocatosi il Consiglio Comunale per determinazione della Giunta, a norma dell’art. 139 del Testo Unico della Legge Comunale e Provinciale approvata con Regio Decreto 4 Febbraio 1915 n. 148 si è riunito in sessione straordinaria ed in seduta pubblica. Procedutosi all’appello nominale sono risultati intervenuti:
- Tudisco Angelo Raffaele (Vice Sindaco)
- Salvatore Giuseppe
- Tedeschi Gaetano
- Pezzano Raffaele
- Manzi Alfonso
- Lodise Vito
- Schirillo Antonio
- Manzi Giuseppe Luigi
- De Angelis Nicola
- Clemente Rocco Vincenzo
- Di Palma Giuseppe
- Troilo Domenico
- Loffa Giuseppe
- Giangrieco Francesco Paolo
- Grasso Francesco,
- Mirabella Bertoldo,
- Picone Antonio.
Non intervenuti.
- Nigro Giuseppe
- Flora Riccardo (Sindaco)
- Clemente Pasquale.
Assiste alla seduta il Segretario Comunale Rosati Nicola. Assume la presidenza il Vice Sindaco Tudisco Angelo Raffaele, il quale riconosciuto che il numero dei Consiglieri presenti è legale per poter deliberare dichiara aperta la seduta ed il invita il Consiglio Comunale a provvedere sul seguente oggetto all’Ordine del Giorno: Ratifica deliberazione Giunta Municipale n. 13 del 6.7.1952 relativa a “Adesione Consorzio Idrico Alto Calore.
Il Vice Sindaco Presidente legge la deliberazione della Giunta Municipale n. 13 del 6.7.1952 relativa all’Adesione al Consorzio Idrico Alto Calore, adottata con i poteri conferitile dall’art. 140 del T. U. della Legge Comunale e Provinciale 4/1915. Chiarisce che il Comune con l’adesione al Consorzio verrebbe ad avere la sistemazione delle sorgenti, la costruzione di un serbatoio e ricostruzione della rete esterna di questo acquedotto comunale, con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno, spesa a totale carico dello Stato.
Per quanto riguarda la rete interna essa rimarrà a carico di questa Amministrazione, la quale percepirà i canoni degli utenti privati e la spesa per manutenzione sarà a suo carico, fino alla sistemazione della rete stessa con i benefici della Legge Tupini (3.8.1949, n. 589):
Chiarisce inoltre che dopo la sistemazione della rete interna , con la legge suddetta, tra il Comune di Carife ed il Consorzio dell’Alto Calore, si addiverrà ad un concordato che sarà sottoposto sia all’approvazione di questo Consiglio Comunale che al Consiglio direttivo del Consorzio stesso, come già reso noto con comunicato stampa apparso sul Roma ed altri quotidiani del 19.8.1952..
Il Consigliere Giangrieco, per conto proprio e della minoranza signor Picone Antonio fu Giulio, Mirabella Isaia Bertoldo fu Domenico, Grasso Francesco di Salvatore, fa in linea di diritto osservare che la Giunta Comunale non poteva avvalersi della facoltà di cui all’art. 140 del T. U. 1915 per le seguenti sostanziali ragioni:
- Trattandosi di un atto di capitale importanza dal punto di vista economico la Giunta con leggerezza si è avvalsa di tale articolo;
-
Non poteva infatti il predetto Consesso adottare il provvedimento di cui innanzi perché non ricorrevano i motivi di urgenza (tranne quelli di fatti personali interni) per cui la Giunta assumendone la responsabilità doveva sostituirsi al Consiglio; Infatti si fa notare che nella stessa seduta del 6 Luglio corrente anno la Giunta, deliberando l’adesione al Consorzio Idrico dell’Alto Calore, adottò anche un provvedimento di convocazione consilare straordinaria per la ratifica dell’atto stesso. Allo stato di Giunta avrebbe dovuto convocare il Consiglio per l’adesione della deliberazione di adesione al Consorzio Idrico dell’Alto Calore;. In via di fatti aderendo al predetto Consorzio il Comune alienerebbe un patrimonio comunale che tanti sacrifici ha costato (sic!) e costa alla nostra cittadina. Non si può non far rilevare ancora l’assurdità dell’atto che, mentre da un lato cede al Consorzio la rete esterna, dall’altro rimane a carico del Comune la gestione della rete interna dell’acquedotto Comunale con le testuali parole: “La gestione della rete interna dell’acquedotto comunale rimane a carico di questo Comune finché non sarà sistemata con la Legge Tupini 3.8.1949, n. 569”. Inconciliabile tesi, di chi, mentre da una parte a mani legate si getta nell’abisso, dall’altra tende a giustificare l’atto senza tener presente l’assurdità della tesi stessa. Invano l’Amministrazione tende di giustificarsi richiamando l’invocato comunicato stampa del Consorzio Idrico dell’Alto Calore, perché tale comunicato è scaturito dalla comparsa di articoli sulla stampa (soltanto dopo tale comparsa) di giornali di certo non interessati nella questione. Vi è però che l’opinione pubblica non è aliena di giustificare simile atto e pertanto invita le Autorità Tutorie ad intervenire ed a scongiurare l’inconveniente che si ripercuoterà a danno dell’economia comunale. Si riserva inoltre di segnalare al Consiglio comunale sempre che lo riterrà opportuno e per iscritto le vie da seguire per eliminare gli inconvenienti lamentati in materia di somministrazione del prezioso liquido. Può l’Amministrazione Comunale avvalersi sia per la rete interna sia per la rete esterna dei benefici della Legge 3.8.1949 n. 689. E ciò al fine di poter difendere e tutelare un patrimonio sacro del Comune.
Il Consigliere Salvatore Giuseppe, a nome della Giunta, precisa che soltanto impellente necessità hanno spinto la Giunta stessa ad aderire al Consorzio Idrico dell’Alto Calore, in quanto il giorno successivo a quello del deliberato si riuniva il Consiglio del Consorzio dell’Alto Calore, Consiglio che sarebbe stato convocato nuovamente dopo sei mesi. I lamenti continui della popolazione per la mancanza assoluta dell’acqua per i due terzi del paese, per cui si son dovuti istituire (e ciò dura da anni) dei turni, e quantunque ciò sui “Fossi”, rione più polato del Paese, non arriva sufficientemente, e non si può ovviare se non con la costruzione di un serbatoio e di una nuova rete interna che distribuisca con criteri tecnici l’acqua stessa.
Il Consigliere Manzi precisa e fa rilevare che il comunicato stampa del Consorzio Idrico dell’Alto Calore è apparso sui giornali in seguito a risentimenti di altri giornali non interessati; ma come poteva il Consiglio dell’Alto Calore far comunicare tali precisazioni se non attraverso comunicati stampa di persone interessate? E’ logico che interessi puramente ostruzionistici possano pensare che si desidera vendere l’acquedotto comunale; perché aderire non significa vendere ma significa unire ee essere cointeressati. Tutti sappiamo le condizioni attuali dell’acquedotto e la mancata manutenzione da quando è stato costruito; il Comune non può per la rete esterna contrarre un mutuo con la Legge Tupini in quanto altri problemi che risentono della stessa necessità quale edificio scolastico, fognature, strade, Cimitero ecc., permetteranno di contrarre mutui con la legge citata.. Altre considerazioni ancora più importanti ci convingono della necessità di aderire al Consorzio dell’Alto Calore, munito di funzionari competenti e capaci di assicurare al popolo di Carife il prezioso liquido.
Alle deduzioni addotte dai Consiglieri Salvatore e Manzi il Consigliere Giangrieco fa rilevare che non si tratta di quantità, ma di disciplinare un acquedotto che allo stato risulta sfasato. Infatti ben circa 300 rubinetti installati nelle abitazioni private e ben 12 rubinetti pubblici che a gettito continuo sprecano il prezioso liquido, dimostrano che la quantità c’è. E’ quistione di disciplinare con tutti i mezzi simile spreco. Per quanto riguarda l’asserzione di persone interessate che hanno originato con lo scritto apparso sui giornali, si fa rilevare che quell’interessamento dimostra l’inquietudine dei cittadini pensosi delle sorti del nostro acquedotto. Aderire non significa essere soltanto cointeressati, ma significa sottostare alle tariffe ed agli obblighi sanciti dal predetto statuto. Aderire è come dire cedere il proprio terreno ad un interessato che promette di costruire una casa colonica. Una buona volta volta che il Consorzio avrà costruito il serbatoio, sistemata la rete esterna non avrà fatto altro che costruire quella casa colonica stessa per conto proprio e nel suo esclusivo interesse. Riconosciamo che altri problemi restano da risolvere per dare una configurazione civile al nostro paese, ma possiamo pretendere che amministratori interessati possano nel ciclo ben delimitato della loro attività risolverli o quanto meno avviarli a soluzione. Perciò c’è una legge che dà alle Amministrazioni la facoltà di contrarre, secondo le proprie forze, i mutui ed altri benefici per avviare a soluzione i problemi stessi. Si rendano conto gli Amministratori che è sacrosantamente detto alienare, quando si asserisce di aderire. Perciò per discaricare un onere di responsabilità così grave s’invita il Consiglio a ponderare ed assumere in pieno la paternalità (sic!) e la responsabilità. Noi minoranza la discarichiamo.
Il Vice Sindaco Presidente fa rilevare che durante gli orari di turno di distribuzione di acqua non sono 300 utenti e 12 fontanini pubblici, ma una metà, e pure l’acqua è insufficiente.
Il Consigliere Manzi Alfonso per conto suo fa rilevare che non è il caso di polemizzare con il consigliere Giangrieco, rappresentante di una minoranza ostinata ad ostacolare il cammino di una sana amministrazione democratica, che per avere la maggioranza in seno al Consiglio, può effettuare e contro dedurre bene a termine (sic!).. Tutti gli aspetti del problema, negativi e positivi sono stati vagliati al lume dell’interesse della popolazione tutta, e se si è giunti all’adesione in parola è stato perché essa è sembrata la migliore soluzione a cui si potesse giungere. Per cui senza perdere tempo in inutili discussioni agonistiche propone che senz’altro si passa (sic!) al voto onde decidere in merito a quanto innanzi.
Il Consigliere Salvatore precisa e fa rilevare che il mutuo che permise la costruzione dell’attuale acquedotto non è stato estinto, mutuo che significò sacrifici immensi per questa popolazione rurale. E’ convinto anche che fra venti o trenta anni si sentirà la necessità di farne altri senza averne estinto il primo e così all’infinito, e con ciò senza aver badato al problema importante, cioè di assicurare l’acqua perennemente alla popolazione, cosa che sta a cuore agli uomini amanti del benessere di questa popolazione che a stento e con sacrifici riesce ad assicurarsi il fabbisogno alimentare, e i mutui che avremmo dovuto contrarre, come vuole il Consigliere Giangrieco, suggeriscono a noi ulteriori aggravamenti per imposte ai cittadini che vorremmo diminuire (Parole sante, profetiche e di…sconcertante attualità. N. D. R.).
Il Vice Sindaco Presidente facendo riferimento al comunicato stampa apparso sul Roma e su altri giornali in data 19.7.1952 che si riporta integralmente:
“In riferimento ad alcune notizie tendenziose apparse su un quotidiano napoletano a proposito dell’adesione al Consorzio Idrico dell’Alto Calore deliberata dalla Giunta Comunale di Carife, si ritiene di dover precisare quanto segue:
- L’adesione, una volta ratificata dal Consiglio Comunale permetterà al Consorzio di chiedere alla Cassa del Mezzogiorno il finanziamento a totale carico dello Stato delle opere di sistemazione delle sorgenti e loro integrazioni, nonché di una nuova rete di adduzione esterna ed un serbatoio idoneo ai bisogni civici;
- Fino a che non si sarà proceduto, con i fondi della legge 3.8.1949 N. 589 a rifare e ad integrare la rete di distribuzione interna, nulla sarà innovato per quanto riguarda la manutenzione dell’attuale rete interna con la legge Tupini la nuova gestione sarà regolata da una convenzione tra i due Enti, convenzione che sarà naturalmente soggetta così all’approvazione del Consiglio Direttivo del Consorzio che del Consiglio Comunale di Carife.
(1) E la riscossione dei canoni di utenza privata, che continueranno ad essere di pertinenza del Comune di Carife; - Allorché il Consorzio otterrà dallo Stato i fondi necessari per rifare la rete interna con la legge Tupini la nuova gestione sarà regolata da una convenzione tra i due Enti, convenzione che sarà naturalmente soggetta così all’approvazione del Consiglio direttivo del Consorzio che dal Consiglio Comunale di Carife. La convenzione potrà provvedere (prevedere?) o il mantenimento degli oneri di gestione a carico del Comune di Carife con la cointeressenza a favore del Consorzio o il passaggio degli oneri di gestione a carico del Consorzio con la cointeressenza degli utili a favore del Comune di Carife.
Si decide di passare alla votazione per alzata e seduta (per) ratificare o meno il il deliberato della Giunta Municipale N. 13 del 6.7.1952.
Il Consigliere Giangrieco perché resti sancito in atti e perché è scaturito dall’intervento del Consigliere Manzi Alfonso tiene a precisare che l’iniziativa di adesione al Consorzio Idrico dell’Alto Calore è partita da parte dell’Amministrazione.
Il Consigliere Manzi Alfonso, facendo eco alle parole del Consigliere Giangrieco fa notare che questi ha omesso nella sua citazione l’ultima parte della versione del Consigliere Manzi e cioè quella che dice: “L’Amministrazione è arrivata a tanto in considerazione del fatto che per la rilevante spesa il Comune non è in grado di affrontare il problema la cui soluzione è tanto impellente quanto utile”.
Il Vice Sindaco passa alla votazione per alzata e seduta.
Votanti n. 17
Hanno votato favorevole alla ratifica n. 13. Contrari n. 4.
Visto l’esito della votazione il Consiglio a maggioranza ratifica come ratifica il deliberato n. 13 di questa Giunta Municipale adottata nella seduta del 6.7.1952”.
La deliberazione venne pubblicata all’Albo Pretorio del Comune Domenica 5.10.1952, senza osservazioni, e fu approvata dal Prefetto Orrù il 22 Ottobre dello stesso anno, con prot. N. 42839.
La discussione che avvenne in Consiglio comunale evidenziò alcune cose:
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La chiara intenzione degli amministratori democristiani di aderire al Consorzio Idrico dell’Alto Calore, che già a quel tempo era considerato un “carrozzone” della Democrazia Cristiana;
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La fiera opposizione della minoranza in seno al Consiglio, capeggiata da Francesco Paolo Giangrieco, che era iscritto al Partito Comunista Italiano (P.C.I.);
- Il temperamento sanguigno e la grande dialettica di questo Maestro, che per tanto tempo poi avrebbe retto le sorti del nostro Comune;
- L’arroganza comune a molte maggioranze.
L’alto Calore ottenne comunque i finanziamenti: nel 1955 fece sistemare le sorgenti e fu costruito anche il serbatoio; due lapidi identiche e gemelle, una alle Bocche l’altra a sinistra della porta del serbatoio, ricordano l’avvenimento.
Le sorgenti furono sistemate mediante la costruzione di una galleria in calcestruzzo, che doveva proteggere le acque da convogliare al paese dalle infiltrazioni di acque meteoriche. Fu captata e sistemata anche un’altra modesta sorgente che era affiorata proprio durante i lavori di costruzione della galleria, nella quale fu sistemata la tubazione che portava l’acqua dalla sorgente più cospicua alle vaschette di “stramazzo”, nelle quali con una serie di passaggi l’acqua depositava eventuali corpi estranei, soprattutto sabbia, prima di entrare nella tubazione che l’avrebbe portata al paese e che era stata costruita negli anni Venti (L’acqua arrivò a Carife nel 1924).
Naturalmente questo sistema consentiva all’acqua di arrivare al paese con maggiori garanzie circa la sua potabilità.
Nella malta cementizia della galleria, lunga un centinaio di metri, non furono messi tondini di ferro ed essa subì in seguito delle fratture e degli assestamenti che consentirono alle acque meteoriche, che scorrevano in superficie durante i temporali e quando si scioglieva la neve, di penetrarvi e di intorbidire molto spesso l’acqua che arrivava in paese.
Una descrizione tecnica molto precisa e dettagliata dell’acquedotto comunale di Carife fu fatta dall’Ing. Pasquale Colicchio nella sua interessantissima tesi di laurea, che tutti i cittadini di questo paese dovrebbero conoscere, magari con una pubblicazione finanziata dal Comune.
Nella sua tesi l’Ing. Colicchio, oltre ad esaminare ogni aspetto del nostro acquedotto, offre anche tutta una serie di interessanti suggerimenti, volti ad ottimizzarne e ad efficientizzarne il funzionamento.
Le opere realizzate dall’Alto Calore con i fondi messi a disposizione dalla Cassa per il Mezzogiorno comunque portarono un lieve miglioramento nell’approvvigionamento idrico del nostro Paese e la gente, almeno per un po’ di tempo, mugugnò di meno: l’acqua però veniva erogata ad orario e non era ancora sufficiente; nelle case situate più in alto poi ne arrivava davvero molto poca, mentre i cittadini che abitavano in quelle ubicate a valle, specialmente in prossimità di Piazza San Giovanni, erano invece molto più fortunati ed avevano l’acqua quasi sempre.
Per documentare lo stato di disagio in cui viveva la nostra popolazione credo valga la pena riportare un’altra deliberazione adottata dal Consiglio Comunale nel mese di Agosto del 1955 e pubblicata all’Albo Pretorio del Comune il giorno 7 dello stesso mese, senza opposizioni. Leggiamola insieme:
IL CONSIGLIO
- Prese in esame le continue richieste degli abitanti di Carife per la costruzione di un pubblico lavatoio in Via “Fontana Vecchia”, unica località rispondente allo scopo;
- Constata l’assoluta necessità di aderire alle richieste suddette, sia nell’interesse della pubblica igiene e sia nell’interesse della popolazione tutta, in quanto in questo centro abitato non esiste un pubblico lavatoio;
- Visto che la spesa relativa, per perizia del Geometra Antonio Scalone in data 25.7.1955, compilata in seguito ad incarico conferitogli ammonta a lire 379.300;
- Dato atto che il bilancio in corso non presenta disponibilità per l’opera suddetta e che a tanto si può provvedere mediante prelevamento di lire 200.000 erogate dalla Provincia a favore di questo Ente per sgombero neve dall’abitato per l’anno 1953, interamente disponibili perché non utilizzate; mediante l’impiego di lire 50.000 per offerte volontarie; mediante prelevamento di lire 150.000 dal fondo per soccorso invernale, Pasqua 1954, pure interamente disponibile, in quanto in occasione delle feste Pasquali, in luogo della somma predetta, veniva erogata a favore dei giovani e dei disoccupati locali la somma di lire 436.500 sui fondi di questo E. C. A. (Ente Comunale di Assistenza, n. d. r .);
- Considerato che la somma di lire 400.000 detratta come sopra detto è insufficiente per affrontare la spesa per l’attuazione dell’opera;
Con voti unanimi resi per alzata e seduta,
DELIBERA
- Di approvare la perizia predetta per la costruzione del lavatoio pubblico da sorgere (sic!) in Via Fontana Vecchia”, per la spesa di lire 379.300;
- Di provvedere al finanziamento mediante i fondi descritti in narrativa che concorrono a formare la somma di lire 400.000;
- Di provvedere, dopo l’autorizzazione Prefettizia, alla costruzione dell’opera innanzi detta, mediante l’impiego della manodopera dei disoccupati locali.
Le donne di Carife ebbero finalmente il loro lavatoio e non dovettero più andare a lavare i panni giù alla Fiumara o alle sorgenti dell’Acquara e della Tufara di Castel Baronia: poterono incontrarsi a pochi metri da casa e qui spettegolare di tutti e di tutto.
Il lavatoio viene ancora utilizzato da qualcuno per lavare la macchina e recentemente è stato anche risistemato, anche se più di un vandalo innamorato ha inteso dichiarare il suo amore a qualche ragazzina, scrivendo ed imbrattando i muri con bombolette spray…
Già nel corso del 1956, con deliberazione n. 13 di Consiglio Comunale, pubblicata all’Albo Pretorio in data 18 Marzo Il Comune deliberò l’Istituzione dei contatori acqua potabile per uso domestico. Leggiamo l’atto deliberativo:
IL CONSIGLIO
- Constatato che l’acqua per gli usi domestici del locale acquedotto non si rileva sufficientemente per un adeguato e conveniente approvvigionamento idrico della popolazione, per continuo sciupio di acqua da parte degli utenti ed anche per l’assenza dei contatori, quali limitatori di consumo, e di rubinetti idrometrici;
- Considerato che per quanto detto, una buona parte del paese , in determinate ore del giorno permane priva di acqua, perché la stessa viene sciupata dalla parte bassa del Paese;
- Ritenuto che è opportuno provvedere alla eliminazione del grave e lamentato inconveniente e ciò anche nell’interesse della cittadinanza tutta;
- Attesa la necessità di adottare i provvedimenti necessari,
con voti dieci favorevoli all’installazione di contatori e cinque contrari, resi nei modi i legge,
DELIBERA
- Disciplinare il consumo dell’acqua potabile del locale acquedotto attraverso il sistema dei contatori, assicurando a ciascun utente una quantità di acqua quale quota minima di consumo e corrispondente alla potenzialità numerica del nucleo familiare;
- Provvedere, con separato atto alla approvazione del relativo regolamento disciplinando l’uso dell’acqua alle esigenze della popolazione ed alle particolari condizioni geografiche del paese.
Come ben si vede da questa deliberazione per gli sprechi vengono incolpati solamente i cittadini delle parti basse del Paese.
Nella stessa seduta il Consiglio Comunale adottò anche la deliberazione n. 14 ad oggetto “Svincolo Consorzio Idrico Alto Calore”. La deliberazione adottata, pubblicata all’Albo Pretorio del Comune Domenica 18 Marzo 1956, fu la seguente:
IL CONSIGLIO
- Visti i propri atti in merito alla adesione al Consorzio Idrico dell’Alto Calore;
- Considerato che il predetto Consorzio non ha ottemperato a quanto a suo tempo impegnatosi e che, pertanto, si rileva (Rivela?) quanto mai opportuno revocare la concessa adesione;
- Attesa l’urgenza di provvedere in merito nella imminenza di istituire i contatori,
UNANIME DELIBERA
- Revoca la propria adesione al Consorzio Idrico dell’Alto Calore per motivi di cui in narrativa;
- Chiedere che la concessione dei fondi stanziati per la costruzione della rete idrica interna di questo Comune vengano ascritti a questo Ente.
Letto, approvato e sottoscritto.
- MEMBRO ANZIANO: NIGRO GIUSEPPE
- IL PRESIDENTE: RICCARDO FLORA
- IL SEGRETARIO COMUNALE: BELLINO
I contatori sarebbero stati installati solo sul finire degli anni Settanta e, tra l’altro, non entrarono mai in funzione: gli sprechi continuavano e i disagi per buona parte della popolazione aumentavano sempre di più.
L’acqua di notte non veniva erogata e quella che arrivava dalle sorgenti veniva raccolta in una delle due vasche del serbatoio; quando questa si riempiva l’acqua se n’andava tranquillamente allo scarico e andava perduta. Al manutentore di allora, che era il Sig. Gioacchino Di Giorgio, venne l’idea di creare un foro di passaggio tra le due vasche, in modo che quando la vasca si riempiva l’acqua si riversava nella vasca vuota e comunque arrivava al paese, sempre ovviamente nelle parti più basse.
Nel contempo la rete idrica interna, costituita da tubazioni di ghisa a bicchiere, riempito con liste di piombo ribattuto, era diventata un vero e proprio colabrodo e gran parte dell’acqua (forse più del 50%) andava perduta.
Il terremoto del 1962 fece il resto: la galleria che era stata costruita alle sorgenti si fessurò in più punti e permise all’acqua piovana di penetrare agevolmente in essa, col conseguente risultato di intorbidire l’acqua, che arrivava al paese in condizioni pessime. Il terremoto aggravò ulteriormente anche le già precarie condizioni della rete idrica interna ed i disagi aumentarono. Con la ricostruzione prevista dalla Legge 1431/62 le case di nuova costruzione furono tutte dotate di acqua potabile e di servizi igienici: le utenze raddoppiarono e con esse anche i disagi per la popolazione, che viveva rassegnata la penuria d’acqua tra gli sberleffi e gli sfottò dei cittadini dei paesi limitrofi, che avevano da tempo risolto i loro problemi, almeno in questo delicatissimo campo.
Il fattore contemporaneità, con l’apertura simultanea di tutti i rubinetti del paese, provocava lo svuotamento del serbatoio in pochissime ore e nelle tubazioni non c’era sufficiente pressione. Di acqua, soprattutto nelle zone alte del paese, ne arrivava pochissima e solo dopo che tutti gli utenti a valle avevano fatto i loro servizi e…le loro scorte. Molti riempivano d’acqua le vasche da bagno e tutti gli altri recipienti presenti in casa; quando tornava l’acqua, se tornava, molti buttavano quella stoccata in precedenza, magari perché vi vedevano galleggiare qualche capello o qualche altra impurità. In questo clima di tensione, anche a livello familiare, c’era chi lasciava il rubinetto aperto…per rinfrescare il cocomero o apriva, a dispetto, il rubinetto presente in un garage a piano terra.
Nel frattempo andò in pensione il vecchio manutentore, padre dell’attuale Sindaco, e al suo posto fu assunto un invalido di guerra: Rocco Santoro, persona per bene e molto attaccata al suo dovere; se lo prendevi per il verso giusto era felicissimo di lavorare e di collaborare. Rocco provvedeva anche a clorare l’acqua “manualmente” e ad occhio: ciò a volte rendeva l’acqua troppo “profumata” di cloro…
Sulla rete idrica interna si doveva intervenire quasi quotidianamente, in quanto era vecchia ed obsoleta e perdite grandi e piccole creavano seri inconvenienti, anche di tipo igienico e sanitario. Sulla rete idrica lavoravano, a turno, quasi tutti i fabbri di Carife: Rocco Infante Michele Giannattasio, Antonio Luongo e più tardi il compianto Tommaso Addesa e lo scavo era fatto a mano…
I fontanini pubblici sparirono tutti uno dietro d’altro e a nulla era valso dotarli persino di rubinetti a pressione: c’era chi per dispetto o per semplice vandalismo li metteva fuori uso.
Si arrivò così al 1980, l’anno del disastroso terremoto che colpì duramente il nostro paese, distruggendo quasi il 70% delle case e causando 5 morti ed una settantina di feriti. Lo sgombero delle macerie e la ricostruzione, con camions che andavano su e giù per il paese, con sovraccarichi spaventosi, diede il colpo di grazia al nostro acquedotto. Altre tubazioni furono sconquassate e, quel che fu peggio, le sorgenti diminuirono drasticamente la loro portata ed una, la più cospicua, sistemata dall’Alto Calore nel 1955, sparì del tutto.
Il manutentore Rocco Santoro ed il sottoscritto, diventato Sindaco di Carife proprio quell’anno, decidemmo di ispezionare di notte la rete fognante del paese, per vedere che cosa succedeva se avessimo erogata l’acqua notte tempo, quando tutte le utenze e tutti i rubinetti erano chiusi. Ci armammo di piccone, torcia elettrica ed andammo al serbatoio ad aprire la chiave d’arresto. Dopo questa operazione ci recammo immediatamente a vedere quanta acqua uscisse dal collettore centrale e generale della rete fognante del paese, ubicato a cielo aperto proprio davanti alla Fontana di Via Campo Sportivo. Lascio immaginare quale sia stata la nostra sorpresa quando vedemmo che un fiume di acqua limpida usciva dal collettore e si riversava rumorosamente a valle, per raggiungere il Fiume Ufita: capimmo immediatamente che la rete idrica interna era più, molto più, del colabrodo che tutti pensavamo fosse.
Programmammo una serie di ispezioni notturne, che puntualmente facemmo: molti, sentendo in piena notte il rumore dei pesanti chiusini di ghisa, che sollevavamo per ispezione dai pozzetti la rete fognante, si affacciavano incuriositi, e forse anche impauriti.
Molte furono le notti che passammo in questo modo: il buon Rocco Santoro collaborava pazientemente in tutti i sensi e mi seguiva sempre, come un’ombra. Segnammo i punti in cui avevamo individuato le perdite più consistenti, che riguardavano ogni tratto della rete idrica interna, e poi intervenimmo gradualmente. Si scoprì che quasi tutti i bicchieri che tenevano uniti i tubi di ghisa perdevano e che, soprattutto, perdeva la maggior parte degli attacchi che portavano alle utenze private: erano stati usati tubi di qualità assai scadente e la ruggine, in assenza di adeguata protezione con il catrame, li aveva corrosi e distrutti.
I primi benefici si videro subito e l’acqua incominciò ad essere sempre di più, man mano che venivano riparate le perdite, alcune delle quali però non furono individuate.
Nel frattempo iniziarono finalmente i lavori di rifacimento della rete idrica esterna, anch’essa obsoleta e sottodimensionata rispetto alla crescita esponenziale delle utenze. Al suo posto fu messa in opera una tubazione Mannesmann da 125 millimetri, ma il primo lotto di lavori si fermò al suo punto culminante, sopra Costa Romana.
Nel corso dei lavori per prolungare la tubazione dal vecchio al nuovo bottino di carico, fu individuata una nuova sorgente, anche se di limitatissima portata, ed anche questa fu captata.
Intanto, subito dopo il disastroso terremoto, la Regione Campania aveva messo a disposizione del Comune di Carife una somma che permise di risolvere alcuni problemi igienici e sanitari.
Gli Amministratori di allora pensarono di far eseguire delle perforazioni con trivella a rottura di nucleo proprio nei pressi delle sorgenti Bocche. Nonostante una perizia, appositamente commissionata ad un gruppo di geologi, escludesse la possibilità di trovare la preziosa acqua, che le vecchie sorgenti davano ormai in misura ridottissima ed assolutamente insufficiente per il fabbisogno della popolazione di Carife.
Il sottoscritto aveva nel frattempo letto una relazione predisposta dall’AGIP, che aveva perforato un pozzo (il famoso “Pozzo Trevico”), alla ricerca del petrolio: da essa si evinceva che, ad una certa profondità dal piano campagna, partendo da oltre quota 1000 sul livello del mare, da cui partiva la perforazione, la trivella aveva incontrato una falda di acqua dolce, gravante su una di acqua salmastra. La relazione lketta ci convinse ad operare il tentativo, che si sarebbe di lì a qualche giorno rivelato molto, molto positivo.
Uno dopo l’altro un’impresa di Bovino (Foggia) perforò tre pozzi a varie profondità e di acqua ne fu trovata veramente tanta, al di là di ogni più rosea aspettativa: fu gioia immensa per tutti…
II Consorzio Idrico dell’Alto Calore, tempestivamente, strumentalmente e “servilmente” avvisato dai soliti noti della nostra scoperta, ci denunciò, ritenendo che i nostri pozzi interferissero con le sorgenti di Castel Baronia: il geologo da loro incaricato però concluse sconsolatamente che nei materiali in cui erano stati perforati i nostri pozzi (Puddinghe plioceniche) non era affatto possibile stabilire interazioni tra i corpi idrici in essi presenti.
Naturalmente bisognò procedere all’acquisto di un generatore di notevole potenza in grado di far funzionare le pompe idrovore necessarie e così fu fatto. Inizialmente furono stabiliti dei turni di sorveglianza per evitare che qualche malintenzionato sabotasse l’impianto: molti furono i volontari che si avvicendarono alle Bocche, e spesso si finiva per raccogliersi in gruppo allegramente intorno ad un fuoco e finire con una bella grigliata le nostre giornate. Si socializzava e si stava insieme…
Non mancarono gli inconvenienti: quando nevicava il generatore, a causa delle temperature troppo basse, non partiva e ce ne accorgevamo solo quando l’acqua veniva a mancare; bisognava organizzarsi e a volte abbiamo raggiunto le Bocche quando la neve era altissima, con il trattore o con la camionetta dei Carabinieri.
A collegare provvisoriamente la nuova tubazione a quella vecchia, che partiva da Costa Romana, fu chiamato Vincenzo Crincoli, attualmente ancora dipendente del Consorzio Alto Calore: aveva già lavorato a saldare i tubi del nuovo tratto costruito. Ciò rese immediatamente possibile l’arrivo di un quantitativo d’acqua assai maggiore rispetto a quello che raggiungeva il paese in precedenza.
In quello stesso periodo fu realizzato anche l’ultimo tratto dell’acquedotto esterno da Costa Romana al serbatoio, passando per il vallone delle Fontanelle, e tutto andò per il meglio.
L’ultimo sforzo fu fatto quando l’ENEL portò la linea di media tensione alle nostre sorgenti: da allora i generatori furono accantonati (due in tutto) e le cose furono ottimizzate.
Oggi il tutto è stato automatizzato e non si verificano più gli inconvenienti di una volta; sono stati fatti altri lavori ed è stata eliminata la pompa che “spingeva” l’acqua in discesa. Si è provveduto a creare una vasca di carico innalzando di qualche metro il livello di partenza e tutto fila liscio ed anche la clorazione avviene automaticamente.
L’ultimo accorgimento adottato è quello di aver installato sulla condotta che viene dalle sorgenti Bocche un’elettrovalvola di fabbricazione Israeliana; essa viene comandata da un galleggiante che segnala il livello dell’acqua contenuta nelle due vasche del serbatoio: quando queste sono piene la valvola chiude l’acqua in arrivo ed un altro galleggiante, collocato nel bottino di carico delle Bocche, provvede a staccare le pompe e ad evitare sprechi inutili del nostro prezioso liquido, che, a ragion veduta, fu definito “Sacro patrimonio comunale”.
I contatori funzionano e la gente paga volentieri, anche se le tariffe sono davvero esose: l’acqua a tutte le ore del giorno e della notte arriva nelle nostre case, in quelle delle nostre campagne e, in qualche caso, anche in case di altri Comuni.
Chi apre il rubinetto oggi però non sempre conosce il passato di un acquedotto che si avvia felicemente a compiere i Cento anni, pur se tra mille difficoltà: il progetto nacque, infatti, alla fine dell’800 e fu portato avanti con enormi sacrifici.
Crediamo che le giovani generazioni debbano conoscere quello che è sicuramente tra i momenti più importanti e fondamentali della nostra storia cittadina e proprio questo ci siamo prefissi quando abbiamo deciso di scrivere questa storia.