Le Fornaci Romane di Contrada “Tierzi” a Carife – Parte 2

LATERIZI PARTICOLARI PRODOTTI IN CONTRADA “TIERZI”

 

Nel complesso artigianale di Contrada “Tierzi” si producevano diversi tipi di laterizi e mattoni; diverse erano anche le dimensioni: si andava dai “pedales” quadrati, con il lato di un “piede” (per i Romani il piede equivaleva a 29,6 cm.), ai “sesquipedales” (lati di un piede e mezzo), e infine ai “bipedales (con lati di due piedi). Diverso era anche lo spessore, che variava dai 3 ai 4 cm.

Le misure non erano comunque canoniche e spesso si avvicinavano per difetto di poco più di un centimetro.

Laterizi recuperati durante lo scavo in Contrada “Tierzi”

Laterizi recuperati durante lo scavo in Contrada “Tierzi”

Le fornaci producevano anche dei mattoni di tipo particolare: un mattoncino rettangolare piuttosto sottile, certamente utilizzato per l’opus spicatum (spina di pesce) e un mattone a settore circolare o a segmento d’arco, utilizzato in edilizia per la costruzione delle colonne. Ovviamente il raggio variava in funzione del diametro che si voleva dare alla colonna stessa.
Nel sito sono stati trovati anche frammenti di mattoni forati, utilizzati per formare condotte di scolo e per la distribuzione dell’aria calda negli edifici dotati di impianto di riscaldamento centralizzato (come i locali termali) e nelle case o ville dei patrizi.
Un mattone, prodotto in larga scala dalle fornaci, era di forma quadrata, aveva un lato di 28 cm. e le due diagonali erano profondamente incise: un colpo al centro ne produceva la rottura proprio in corrispondenza delle diagonali e si ricavavano quattro mattoncini triangolari, anch’essi certamente utilizzati per l’opus spicatum o per creare altri motivi architettonici.

I mattoni con le diagonali incise (cm. 28x28)

I mattoni con le diagonali incise (cm. 28×28)

Le fornaci, come detto in precedenza, producevano anche dei “bipedales” (lato di due piedi = circa 60 centimetri) spesso segnati da fasci intersecantisi di linee incise parallelamente: sono quelli trovati nella pavimentazione di alcune vasche e impiegati anche per costruire il piano su cui venivano stesi ad asciugare i manufatti di argilla ancora freschi, appena liberati dalle forme di legno.
Alcuni laterizi avevano forma rettangolare: i più numerosi avevano i lati di 31 e 33 centimetri ed erano spessi 3 cm., altri avevano le dimensioni di cm. 33×20 ed erano spessi 4 centimetri.
Non sempre le forme erano perfette e talora presentavano deformazioni, che erano dovute ad eccesso di temperatura durante la cottura.
Come si può ben vedere la produzione di laterizi nelle fornaci romane di Contrada “Tierzi” era varia ed assortita ed era sicuramente in grado di rifornire di materiali un bacino di utenza abbastanza esteso, che richiedeva manufatti grossolani ma anche abbastanza pregiati.

DALLE MONETE DI CONTRADA “TIERZI”…UN PO’ DI STORIA

Abbiamo detto in precedenza che durante gli scavi nel complesso artigianale di contrada “Tierzi” furono rinvenute numerose monete (almeno una ventina), che hanno permesso di datare la frequentazione del sito, e quindi la pratica dell’attività artigianale, in un arco di tempo che abbraccia gran parte del I° secolo a.C. e del I° secolo d.C..
Le monete rinvenute non sono successive al 73 d.C.: il che lascerebbe supporre che il definitivo abbandono del sito sia da collocare proprio in questo periodo. Si pensa al disastroso terremoto che avrebbe colpito l’area proprio nel 73, precedendo di qualche anno la catastrofica eruzione del Vesuvio, che nell’agosto del 79 d.C. seppellì Pompei, Stabia ed Ercolano.
Tra le monete recuperate due, in argento, erano particolarmente belle ed interessanti, oltre che in buono stato di conservazione: la prima è di Agrippina Maggiore (14 a.C. – 33 d.C.), figlia del generale Marco Vipsanio Agrippa e moglie del generale Germanico, dal quale ebbe nove figli, tra i quali Agrippina detta Minore e Caio Cesare, il futuro imperatore Caligola. Dopo la morte del marito, nel 19 d.C. , Agrippina fu mandata in esilio dall’imperatore Tiberio, il quale temeva che i suoi figli potessero aspirare al trono.

Una delle monete che il Senato di Roma dedicò ad Agrippina Maggiore  La moneta è elencata e descritta al n. 81 del Catalogo delle monete romane del “British Museum”

Una delle monete che il Senato di Roma dedicò ad Agrippina Maggiore
La moneta è elencata e descritta al n. 81 del Catalogo delle monete romane del “British Museum”

Il padre di Agrippina, Marco Vipsanio Agrippa (63 a.C.-12 a.C.) fu generale ed uomo politico e sposò in terze nozze Giulia, figlia di Ottaviano. Sconfisse ad Azio (31 a.C.) le forze di Antonio e Cleopatra. In seguito alla vittoria di Ottaviano, divenuto poi primo imperatore romano con il nome di Augusto, Agrippa divenne uno dei suoi consiglieri più fidati e gli furono conferite cariche assai importanti. In qualità di edile fece costruire a Roma numerose opere pubbliche, tra cui il Pantheon, tempio dedicato a tutte le divinità romane (27 a.C.).
Agrippina Minore, sorella di Caligola, dal primo marito Gneo Domizio Enobarbo ebbe Nerone, futuro imperatore. Nel 49 d.C. sposò, in terze nozze, l’imperatore Claudio che, convinto dalla moglie, adottò Nerone come figlio ed erede. Nel 54 Claudio fu avvelenato, quasi certamente dalla stessa Agrippina, che riuscì così nel suo progetto/intento di mettere sul trono il figlio Nerone, sul governo del quale impose la propria tutela, finchè questi la fece uccidere per mano di un sicario.
L’altra moneta appartiene a Marco Antonio (Roma 82 a.C. – Alessandria d’Egitto 30 a.C.), generale ed uomo politico romano. Dopo diverse vicende che lo videro sempre protagonista, nel 42 a.C., dopo la battaglia di Filippi , incontrò la regina Cleopatra, della quale si innamorò e l’anno successivo la seguì in Egitto.
Nel 31 a.C. le navi di Antonio e Cleopatra furono sconfitte dalla flotta di Ottaviano ad Azio, come abbiamo detto precedentemente.

Moneta con Marco Antonio (lato A) e Cleopatra (lato B) (L’immagine è riportata e descritta al n° 115 del manuale del Montenegro “Monete Imperiali Romane”)

Moneta con Marco Antonio (lato A) e Cleopatra (lato B)
(L’immagine è riportata e descritta al n° 115 del manuale del Montenegro “Monete Imperiali Romane”)

E’ un disegno della moneta precedente

E’ un disegno della moneta precedente

Cleopatra (Alessandria d’Egitto 69-30 a.C.), riprodotta sulla nostra moneta insieme a Marco Antonio, fu l’ultima regina della dinastia tolemaica; regnò sull’Egitto col nome di Cleopatra VII dal 51 al 30 a.C. ed è passata alla storia per le sue turbinose relazioni sentimentali con Giulio Cesare e, appunto, con Marco Antonio. Dalla relazione con Caio Giulio Cesare era nato Cesarione. Nel 40 a.C., dalla relazione con Marco Antonio erano nati due gemelli; 4 anni dopo i due si sposarono ed ebbero un terzo figlio.
Nell’agosto del 30 a.C., quando venne espugnata la città di Alessandria, Antonio e Cleopatra si suicidarono (secondo la leggenda la regina si fece mordere al seno da un aspide, un serpente della famiglia dei viperidi, detto poi “aspide di Cleopatra). Cesarione fu giustiziato da Ottaviano e l’Egitto passò nelle mani di Roma.

 

CHE FINE HANNO FATTO I REPERTI DI CONTRADA “TIERZI”?

 

I reperti recuperati nel corso degli scavi in Contrada “Tierzi” furono sistemati in un centinaio di casse e giacciono ora, stipati alla meno peggio, in una stanza dell’edificio costruito per essere destinato a museo dei reperti preromani e romani di Carife e della Baronia.
Sono ancora in attesa che qualcuno si occupi di loro: andrebbero puliti, studiati e quanto meno catalogati. Alcuni vasi rotti andrebbero ricomposti e restaurati. Il condizionale è d’obbligo in un momento in cui le risorse finanziarie sono ridotte all’osso o mancano del tutto.
La vicenda del Museo Archeologico di Carife sta diventando una telenovela infinita, degna di “Striscia la notizia” e delle attenzioni del famoso Gabibbo.
I palleggi di responsabilità e i defilamenti di chi dovrebbe concretamente adoperarsi per l’apertura del museo, ormai completato, non servono per giustificare l’ennesimo spreco di denaro pubblico, almeno fino a questo momento.

Alcune delle casse di reperti del complesso artigianale di Contrada Tierzi

Alcune delle casse di reperti del complesso artigianale di Contrada Tierzi

PER CONCLUDERE…

 

Le strutture murarie e le fornaci romane di Contrada “Tierzi”, sottovalutate all’inizio nella loro estensione ed importanza, per una serie di considerazioni non sempre comprensibili furono reinterrate in attesa…di tempi migliori.
Il Comune successivamente ha inteso completare il campo sportivo, facendo costruire anche le gradinate e rinviando alle calende greche una pur possibile fruizione delle strutture, dissepolte e subito nuovamente e frettolosamente… sepolte.
I reperti aspettano ancora di essere studiati, sistemati e catalogati, onde essere esposti nel museo e documentare un altro periodo della storia della presenza umana in territorio carifano.
Una considerazione finale bisogna farla per onor del vero: le strutture erano sicuramente delicate, di difficile manutenzione e di complesso restauro e la decisione di reinterrarle, una volta completato lo scavo e lo studio, potrebbe anche apparire giustificabile e comprensibile.
Si spera però che le modalità di reinterro delle strutture e gli accorgimenti adottati ne garantiscano la conservazione e consentano alle generazioni future di ritrovarle, un giorno, in buone condizioni e di trattarle meglio di quanto (non) abbiamo saputo fare noi.
Nel frattempo la costruzione delle gradinate ha prodotto la distruzione anche della necropoli a servizio dell’insediamento: rimangono solo i resti di una tomba, sconvolta dalle impietose pale meccaniche.
Ma forse il triste presagio aleggiava già nell’aria: un giorno un mulinello di notevole forza ghermì e avvolse i fogli, sui quali il disegnatore stava riproducendo le strutture e le fornaci, li portò verso il cielo e sparirono nell’azzurro, diventando piccoli come coriandoli. La borsa che conteneva i disegni dei giorni precedenti ed altri materiali, tra cui la macchina fotografica, fu sollevata e scagliata in fondo al pozzo ormai svuotato e ripulito dei detriti: uno spiritello dispettoso e vendicativo o il folletto abitatore di quel luogo?
In precedenza abbiamo lamentato la mancanza di pubblicazioni e di relazioni da parte della Soprintendenza Archeologica di Salerno, Avellino e Benevento al termine delle numerose campagne di scavo, condotte nel nostro territorio dal 1980 ad oggi: i risultati non sono stati quasi mai divulgati e spesso sono rimasti soltanto nelle mani degli addetti ai lavori e di pochi altri studiosi.
Un doveroso ringraziamento va rivolto all’archeologo Roberto Esposito, che all’epoca diresse gli scavi in Contrada Tierzi, per aver fatto pervenire allo scrivente una copia della relazione che fu presentata dalla Soprintendente Dott.ssa Giuliana Tocco Sciarelli, durante il 38° Convegno di Studi sulla Magna Grecia, tenutosi a Taranto dal 2 al 6 Ottobre 1998.
Tracciando le linee fondamentali dell’attività della Soprintendenza delle Province di Salerno, Avellino e Benevento nel corso del 2008, la Soprintendente Dott.ssa Tocco, attualmente in pensione, in quell’occasione disse:
“L’attività d’indagine archeologica programmata dalla Soprintendenza ha subito un leggero rallentamento in quanto i fondi ordinari sul capitolo relativo all’attività di scavo sono ormai talmente esigui che non consentono altro che di provvedere all’emergenza… (omissis) …Di notevole impegno sono invece i grandi progetti finalizzati alla valorizzazione del patrimonio archeologico della Soprintendenza attualmente in corso di realizzazione…”
Vengono poi enumerate le numerose iniziative volte a creare nuovi musei o a potenziare quelli già esistenti, ma nessun cenno vien fatto, purtroppo, al Museo di Carife, all’epoca già costruito e facente solo bella mostra di sé (come del resto in questo momento, a distanza di ben 10 anni…).
Continua poi la Tocco:
“Procedo ora rapidamente alla presentazione delle più rilevanti indagini portate a compimento nel 1998. Parlerò innanzitutto di due aree artigianali per la produzione di fittili rinvenute l’una a Benevento e l’altra a Carife nella Provincia di Avellino…”

IL FRONTESPIZIO DELLA PUBBLICAZIONE CHE RIPORTA LE RELAZIONI DEL 38° CONVEGNO

IL FRONTESPIZIO DELLA PUBBLICAZIONE CHE RIPORTA LE RELAZIONI DEL 38° CONVEGNO

Dopo aver illustrato dettagliatamente il rinvenimento di Benevento inserito in un contesto urbano, la Soprintendente passa alla trattazione dello scavo di Carife:

“Fuori da un contesto urbano è invece l’impianto artigianale scoperto a Carife, in provincia di Avellino, in località Tierzi, in occasione dei lavori per la realizzazione del Campo Sportivo”.
L’impianto sfrutta uno dei terrazzi naturali che costituiscono le pendici del Monte Santo Stefano, ai margini nord orientali dell’Appennino napoletano a m. 800 s.l.m..
L’ubicazione ha tenuto conto della eccezionale ricchezza idrica della zona, poiché qui al contrasto tra i conglomerati sabbiosi del Pliocene Inferiore e i depositi di sabbie argillose del Miocene Superiore scaturiscono numerose sorgenti e torrenti che affluiscono all’Ufita, che scorre a valle ed è tributario del Calore.
In questo scenario di incomparabile bellezza si è andato organizzando un quartiere artigianale in diversi e successivi momenti di occupazione.
Alla fase più antica appartengono cinque fornaci per ceramica e laterizi, di forma rettangolare con setto centrale, distribuite su tre diversi terrazzi e orientate con una serie di ambienti realizzati con muretti conservati solo nelle fondazioni di ciottoli
La II fase è quella costituita dalla serie di ambienti con fronte alla valle, disposti su allineamento orientato N-S fatti con muretti di opera cementizia e paramento composto da materiale vario. Tutto l’impianto è distribuito su terrazzi tagliati nel pendio e le fornaci messe in luce sono anch’esse distribuite in coppie sui diversi livelli e allineate agli ambienti.
La fornace indicata con il n. 4 è quella di maggiore portata costruita con maggiore cura e meglio conservata. Si è esplorata infatti non solo la camera di combustione, divisa in due spazi da un setto centrale, ma anche la camera di cottura, mentre è andato perduto il “prefurnio”.
Il muretto centrale della camera di combustione presenta mattoni concotti e vetrificati per effetto del calore; i muretti perimetrali, risultato forse di un restauro, sono costruiti in filari di mattoni crudi contenuti superiormente da filari di frammenti di laterizi che non presentano i segni di una prolungata esposizione al calore. Anche i muretti della camera di cottura sono fatti allo stesso modo. Nulla rimane del piano forato e della volta. La fornace è stata abbandonata subito dopo il restauro senza essere più utilizzata. L’ambiente nord orientale era occupato da 4 fossette riempite da strati alterni di sabbia e di argilla; vi sono inoltre dei pilastrini destinati a sorreggere un piano di lavorazione. Accanto a un pilastrino si è rinvenuto anche un tornio da vasaio in pietra. Dunque si tratta di un ambiente per la preparazione degli oggetti da cuocere. All’interno di questo ambiente si è rinvenuta una matrice di terracotta raffigurante una testa femminile.
Come strutture di servizio funzionali all’impianto artigianale vanno anche interpretati gli spazi di lavoro esterni come il gruppo di tre vaschette comunicanti tra loro mediante canaletti e disposte a quote differenziate. Accanto alla vaschetta superiore si è rinvenuto un pozzo, indagato solo fino a 4 metri di profondità. In questo settore si procedeva alla depurazione e alla decantazione dell’argilla.
A nord una grande fossa circolare cavata nel banco di argilla funzionò probabilmente come cava per la prima fase dell’impianto e come fossa di scarico successivamente essendo stata trovata piena di materiale di scarto.
Il materiale prodotto fu la ceramica, i laterizi e la coroplastica. L’ambito cronologico di funzionamento è compreso tra il V secolo a. C. e il I° secolo d. C. o gli inizi del II. Lo scavo è stato diretto da Gabriella Pescatori ed eseguito da Emilia Chiosi e Roberto Esposito.”

Fin qui la Tocco. Purtroppo non sono pervenute le tavole a corredo della relazione.

LA FORNACE MEGLIO CONSERVATA DI CONTRADA “TIERZI”

LA FORNACE MEGLIO CONSERVATA DI CONTRADA “TIERZI”

UNA VISIONE D’INSIEME DEL COMPLESSO ARTIGIANALE DI CONTRADA “TIERZI”

UNA VISIONE D’INSIEME DEL COMPLESSO ARTIGIANALE DI CONTRADA “TIERZI”

Si rivolge un particolare e caloroso ringraziamento al Geometra Gaetano Innamorato e al  Ceramista Sig. Giovanni Cafora per aver messo a disposizione la documentazione fotografica in  loro possesso.

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