LE FOSSE MEDIEVALI DEL CENTRO STORICO DI CARIFE

Il Rione Antico di Carife

Il Rione Antico di Carife

Il terremoto del 23 Novembre 1980, oltre a causare sei vittime, distrusse gran parte del nostro patrimonio edilizio, già affaticato anche dai terremoti del 1930 e del 1962. Si rese necessario procedere alla ricostruzione di molte case e, dovendo posare le fondazioni di esse, si incontrarono non poche cavità, grotte o cantine. Il problema non era nuovo per la nostra comunità: già negli anni venti del secolo scorso, quando si costruì la rete idrica per la distribuzione dell’acqua potabile l’inconveniente si presentò in tutta la sua gravità. I Sindaci di quel periodo dovettero emettere diverse ordinanze/ingiunzioni di chiusura delle numerose cavità che, dalle abitazioni private, si diramavano e si diffondevano sotto le vie comunali. I cittadini naturalmente facevano resistenza e la tensione in quel periodo fu molto alta.

Dopo il terremoto del 1980, quando si iniziò la ricostruzione nel centro abitato nel rispetto della normativa prevista dal Piano di Recupero, furono scoperte numerose cavità, che non avevano nulla a che fare con le cantine: si trattava di fosse ovali che ricordavano da vicino le grosse giare romane (“dolia”).
Esse erano di varie misure ed erano disposte in serie ed affiancate sotto le case che venivano demolite, e talora invadevano anche la sede stradale. Erano state scavate nei banchi di arenaria su cui gravavano le antiche fondazioni delle case. Naturalmente col passare del tempo si erano colmate di detriti e di tutto ciò che vi era stato buttato dentro, una volta cessato l’uso per il quale erano state costruite. Occorreva bonificarle e colmarle per evitare di instabilizzare le fondamenta delle nuove case.
La zona del paese maggiormente interessata dalle fosse si estendeva dal vicolo nel quale si trova oggi la pasticceria Forgione e, interessando anche Piazza San Giovanni, comprendeva tutto il Centro Storico, che dal terremoto aveva avuto i danni maggiori.
Gli amministratori, sempre sensibili nei confronti di tutto ciò che di antico e quindi di interessante per la nostra storia emergeva dal sottosuolo, chiamarono in causa la Soprintendenza Archeologica, che già si trovava a Carife per condurre gli scavi nell’ambito della Necropoli sannitica in località Addolorata. Furono sistematicamente indagate e svuotate le fosse che emersero sotto l’abitazione di Angelo Santoro, di Giuseppe Pelosi e, in Via Belvedere in pieno centro storico, sotto e sul retro di quella di Gaetano Di Lorenzo.

I punti segnati in rosso indicano la localizzazione delle fosse

I punti segnati in rosso indicano la localizzazione delle fosse

Si scoprì che tra i materiali che avevano ricolmato le fosse erano finiti in prevalenza cocci e frammenti di vasellame che si era rotto in casa durante l’uso, ossi di animali, la cui carne veniva mangiata, cenere e, in un caso, anche gusci di lumache, sicuramente consumate a tavola. Molte fosse risultavano poi chiuse o colmate con uno strato di calce: evidentemente in esse erano stati buttati anche escrementi e/o altri materiali maleodoranti e quindi in questo modo erano state sterilizzate.

Il numero di frammenti di ceramica recuperati sotto l’abitazione di Angelo Santoro, in Via Aldo Moro (già Via Elena) era veramente notevole. Accanto a frammenti della ceramica e della terracotta (“le ruagne”) lavorata nelle fornaci di Carife, particolarmente numerosi erano quelli delle maioliche arianesi, decorate con i colori caratteristici e con motivi floreali. Su molti era riprodotto il gallo, evidentemente ricorrente in quel tipo di maiolica. I frammenti erano pertinenti quasi sempre a recipienti destinati a contenere il vino (caraffe), l’acqua o piatti, “spase” e “spasette” di uso quotidiano in tavola. Ovviamente non mancavano le lucerne ad olio ed i soprammobili.
Lo strato più profondo delle fosse era quello in cui si trovavano i frammenti più antichi, tra i quali abbondavano quelli appartenenti alla ceramica invetriata medievale. Esaminando i materiali rinvenuti, dallo strato più alto a quello più basso, fu possibile risalire da quelli più moderni, appartenenti all’800, a quelli più antichi risalenti a vari periodi del Medioevo.
Molti frammenti erano componibili e alcuni oggetti potevano anche essere ricostruiti, seppure lacunosi. Se ne raccolsero molte casse, che, come tutti gli altri reperti archeologici giacciono stipati in qualche locale della Soprintendenza di Salerno, Avellino e Benevento, in attesa (vana?) che qualcuno se ne occupi, li pulisca, li cataloghi, li restauri e, magari, li renda fruibili.
Si discute molto circa l’uso cui erano destinate le numerosissime fosse rinvenute nel corso della ricostruzione; alcune di esse, soprattutto quelle rinvenute in Via Ripa, erano davvero molto grandi. Gli studiosi sostengono che si tratta di fosse nelle quali venivano conservati i cereali e, all’occorrenza, anche altre derrate alimentari da tenere al sicuro da ladri, briganti e malintenzionati in genere.
Fosse simili sono state rinvenute anche in altri posti e, sempre a Carife, esse sono presenti anche in campagna nei banchi di arenaria, che meglio si prestavano evidentemente a questo utilizzo.
Una volta cessato l’uso esse, come abbiamo già detto, furono ricolmate di materiali più svariati e sembra che il nome di “Fossi” dato al nostro Rione Antico derivi proprio dalle fosse, che si trovavano un po’ dovunque sotto case e strade.
Purtroppo, un po’ inevitabilmente un po’ sconsideratamente, abbiamo cancellato un’altra impronta della nostra storia.
Si spera almeno che le molte casse di reperti recuperati ritornino a Carife per far parte del Museo/antiquarium, quando e se sarà aperto.

Fossa medievale sotto un pavimento/volta di cantina

Fossa medievale sotto un pavimento/volta di cantina

 

Resti di fossa medievale in contrada Ciaruolo

Resti di fossa medievale in contrada Ciaruolo

 

Il rione antico di Carife dopo la ricostruzione

Il rione antico di Carife dopo la ricostruzione