PERSONAGGI DI CARIFE: GIOVANNI FLORIANO CANTORE SAURA

Un assai interessante manoscritto, recuperato e custodito dai cugini Giambattista Saura e Giambattista Tedeschi, ci consente di raccontare la storia di uno tra i personaggi più importanti di Carife: Don Giovanni Floriano “Cantore” Saura.
I due cugini, appartenenti alla famiglia dell’illustre Canonico, me ne hanno gentilmente messo a disposizione una copia e mi hanno autorizzato a pubblicare l’importante documento, che ne raccoglie le memorie.

Uno stralcio della prima pagina del manoscritto del Canonico Giovanni Cantore Saura

Uno stralcio della prima pagina del manoscritto del Canonico Giovanni Cantore Saura

Trascriviamo fedelmente il manoscritto:
Memorie che io qui sottoscritto Giovanni Cantore Saura lascio alla mia Famiglia particolarmente al Nipote Giambattista Saura.
Col mio Testamento Olografo del giorno 15 Ottobre 1893, che penso farlo in appresso per atto pubblico, o sia per mano di un Notaio

  1. Ho lasciato al mio Nipote Antonio Emanuele Saura figlio del Germano Raffaele la Casetta con il largaggio ch’è avante, la quale io comprai da Giuseppe Di Palma, con la proibizione però espressa che giammai ed in nessun tempo avvenire si aprino lumi od usci nella porzione mia del cortile o nel muro di cinta, i quali attaccano con la casetta istessa; ho lasciato però questa a titolo oneroso, cioè deve pagare il prezzo già estimato in lire Trecento settantaquattro, cioè lire Duecento quindici passerà al Canonico Don Rocco Paolo Santoro (1), di cui son debitore, e le rimanenti lire Centocinquantanove pagherà immediatamente dopo la mia morte alla Madre sua Filomena Tedeschi, acciò possa costei pagare la tassa della successione mia, e le spese sia e funebri, come anche qualunque altra spesa che potrà occorrere.
  2. Ho lasciato a Giovina Saura anche mia Nipote e figlia del detto Raffaele la porzione del Macchioso (2) all’Aia di Cappitella o Terzi, che io ereditai da mio Padre, e confina con la porzione del medesimo Raffaele, e con quella degli Eredi di Vito Michele Saura, altro mio Germano. Voglio però che in caso di alienazione del detto stabile ne sia preferito sempre all’acquisto il fratello suo Giambattista Saura
  3. In appresso ho nominato ed istituito mio Erede universale in quanto però al solo usufrutto e vita sua durante la sudetta Filomena Tedeschi Moglie del sopra nominato Raffaele, di tutt’i miei beni sì mobili che immobili, niente escluso ed eccettuato, con l’obbligo però di pagare i pesi e qualunque obbligazione che da me si trovasse contratta o dovuta.Ho lasciato l’usufrutto sudetto alla medesima Filomena, s’intenda bene, atteso la vecchiaia e poca abitudine di detto Raffaele di lei Marito in portare innanzi il regime della famiglia, come anche la mala volontà che ha costui contro i figli suoi, mentre si è protestato e minacciato a costoro di non voler lasciare niente dei beni suoi; onde acciocchè la prefata Filomena possa provvedere alle necessità della Famiglia ho dato a lei l’usufrutto come sopra de’ miei beni.

    In quanto poi alla proprietà di tutt’i cennati miei beni, da consolidarsi con l’usufrutto dopo il decesso della detta Filomena ho nominato mio Erede universale il sopradetto Giambattista Saura.

    Gl’immobili poi che io come sopra ho lasciato in proprietà al detto Giambattista sono cioè:
    Il vano o camera al piano superiore, ove attualmente è la porta d’ingresso, unitamente alla Loggia che sporge sulla Piazza, con la quale attacca, ed il Basso sottoposto alla detta Camera, il quale ha la porta immettente nel Cortile sudetto, con il diritto di uscire dal portone di basso..

    La porzione della Cucinetta è del Basso sottoposto o Stalla, con dichiarazione che gli Eredi del detto Raffaele dopo la morte di costui, eccetto il detto Giambattista nella qualità come sopra di mio Erede universale, non hanno diritto di entrare per gli usci o porte di dette case, perché esse fanno parte della mia esclusiva proprietà, e conducono alle case medesime; come dall’atto di divisione del giorno 16 Dicembre 1846 tra i Germani D. Arcangelo Cantore Saura e Salvatore Saura (3); e dall’altro atto di divisione tra noi Germani D. Giovanni, Vito Michele e Raffaele Saura del 1 Novembre 1871 ne’ quali atti, che già in forma legale si conservano, non apparisce imposta alcuna servitù o dritto alcuno.
    Le due porzioni del Cortile medesimo, cioè una che confina con la Casetta, la quale come innanzi è detto fu di Giuseppe Di Palma, e che fummi lasciata dal fu mio zio sudetto D. Arcangelo; e l’altra che confina ed attacca con quello di Raffaele, ereditate dal nostro Padre: le dette porzioni mie sono attaccate fra di esse.

    L’Arco della Cantina situata a mano sinistra nello scendere, che mi fu parimenti lasciato dal detto mio Zio, e la metà dell’arco grande della Cantina istessa anche a mano sinistra e situato in fondo, la quale io ereditai per porzione paterna; l’uno però anche attaccato all’altri due vani o Camere al piano superiore, ed il Basso con Cantina che furono di Simone uniti alla Piazza o Piano Sant’Anna.

    In ultimo il fondo a Vitullo o Fontananuova, altrimenti Santa Maria delle Grazie, incolto e franoso, ora già in parte vincolato.

    Ognuno de’ predetti miei Legatari ed Eredi avrà l’obbligo di corrispondere e pagare la Fondiaria, benanche le rate de’ censi che sono infissi su gl’immobili che ho lasciato fin dal godimento o possesso. Le dette rate dei censi appariscono da un notamento da me fatto, che qui è alligato, con notizia degl’istromenti, come pure da vari altri notamenti da me anche precedentemente fatti in diverse occasioni.

    I fabbricati o vani intestati a noi Germani Saura Giovanni, Raffaele, e Vito Michele sono la Cucinetta, il Basso sottoposto o Stalla, e le tre quarte parti della sudetta Cantina, ereditate dal nostro Padre. Si noti però che il detto Vito Michele si attergò, o sia si rinchiuse le porzioni sue tanto della Cucinetta, che del Basso sottoposto o Stalla sudetti, e rimasero indivise solamente le tre quarte parti della Cantina medesima. La Fondiaria però ed i pesi annessi sono a rate eguali.

    I fabbricati o Vani poi a me sottoscritto Giovanni Cantore Saura solamente intestati sono al numero di dieci, compreso quello che era del ridetto Di Palma e l’arco della Cantina situato a mano sinistra nello scendere, che come innanzi è enunciato, mi fu lasciato dal mio zio, il quale arco è riportato nella Tabella de’ Fabricati come Vano intero.

    De’ sudetti miei Vani ne donai al sopradetto mio Nipote Antonio Emanuele al numero di tre, che sono la Camera con la volta, il Basso a questa sottoposta, e la Cameretta, la quale ha la porta sulla Loggia alla Piazza, con l’obbligo al medesimo di pagare i pesi che vi sono infissi dopo la mia morte, come per Legge. Donazione però mal’augurata!
    La cantina sudetta poi dopo il decesso mio, e di quello della sopranominata Filomena Usufruttuaria, si appartenerà la metà al prefato Giambattista Saura, che come è detto è alla mano sinistra nello scendere; e dell’altra metà, ch’è alla destra, una quarta parte è del riferito Antonio Emanuele donatagli dal padre Raffaele, e l’altra quarta parte degli Eredi di Vito Michele Saura, cioè di Francesco-Saverio e di Pasqualino.

Notizie Interessantissime

Col precitato mio Testamento io medesimo Giovanni Cantore Saura non ho fatto menzione tanto de’ Ducati 134 (4) della dote della detta Filomena Tedeschi, i quali furono depositati presso di me, quanto de’ Ducati Cinquanta da me donati al detto Raffaele in contemplazione del suo Matrimonio con la predetta Filomena, giusta l’Istromento del 23 Gennaio 1860, per Notar Addimandi perchè tutti furono da me soddisfatti ed estinti. Difatti de’ detti Ducati 134 della dote di Filomena come innanzi il medesimo Raffaele suo marito si prese e si ricevè da me le seguenti somme, cioè Ducati Novanta per le spese occorse pel suo Matrimonio con la ridetta Filomena. Ducati Trentacinque per pagare la prima danda della dote a sua sorella Rosaria in Settembre 1860 delegategli da suo Padre Salvatore sul fondo ai Terzi che fugli venduto giusta l’Istromento del 20 Settembre 1859 per detto Notaro Addimandi. Si noti intanto che le dette due somme appariscono da’ ricivi che mi furono ritagliati dal ridetto Raffaele, i quali ho depositato presso un mio Collega Canonico, i quali manifesterà in caso di bisogno. Ed i residuali Ducati Nove se li prese il medesimo Raffaele per comprare lo zolfo in Maggio 1869: questi però sono senza ricivo. Quindi il ridetto Raffaele deve far conti i sudetti Ducati 134 a favore della medesima Filomena.

Si noti intanto che sebbene la detta Filomena Tedeschi nei Capitoli Matrimoniali (5) rogati per Notar Novia di Vallata nel dì 6 Febbraio 1893 tra la sua figlia Teresina Saura ed Alfonso Gallo del detto Comune, avesse coll’assenso del Marito promesso, e pagato per dote alla prefata Teresina la somma di Lire Quattrocentocinquanta, cioè Ducati 105,88, in conto della futura sua successione, oltre la rata sua della spesa per l’Istromento sudetto di Lire trenta, cioè Ducati 7,05, in uno lire quattrocento ottanta, o Ducati 112,93, pure le somme sudette non furono denaro proprio della ridetta Filomena, come è noto alla Famiglia, né fa anche soddisfazione in conto della somma delle doti della medesima depositate presso di me , mentre come innanzi è detto furono passate e pagate al Marito di lei Raffaele, ma fu denaro mio proprio ed esclusivo che imprestai alla stessa Filomena acciò avesse collocata in Matrimonio la sudetta sua Figlia Teresina, onde pretendo e voglio che mi si restituisse e mi si pagasse la somma su indicata e complessiva di Lire Quattrocento ottanta o Ducati 112,93, e me ne faccia per ora la prefata Filomena o un Buono, o ne faccia in appresso menzione nel suo Testamento.

In quanto poi a’ Ducati Cinquanta, che come sopra donai al sudetto Raffaele furono parimenti sodisfatti, cioè Ducati sedici e grani sessantasei che esso doveva darmi per la rata della dote di mia Madre come dal citato atto di divisione del 1° Novembre 1871. Ducati sedici che io gli diedi quando Egli pagò la seconda danda della dote alla detta Rosaria in Settembre 1867. E Ducati Trentadue e grani Ottanta, cioè Ducati Venti di sorte, e ducati dodici e grani ottanta di interessi per anni otto, che io pagai al fu Giovanni Santoro per un mutuo da lui contratto, come apparisce dal Bono che fu da me ritirato e dalla dichiarazione del Canonico D. Rocco Paolo Santoro figlio del detto Giovanni; ed all’infuori le rate de’ censi dovute dal medesimo Raffaele, le quali furono sempre da me pagate al Collegio come dal Certificato del Collegio istesso che conservo, e poi al Ricevitore, come la Famiglia ancora conosce.

Per conto del sopradetto Vito Michele poi noto che costui ebbe da me Ducati dieci giusta i Capitoli suoi Matrimoniali del giorno 4 Dicembre 1851 per Notar Testa di Frigento.

Nella vendita poi che feci al medesimo del Fondo ai Tierzi che era di Simone Saura (6) gli rilasciai nel prezzo Ducati nove e grani trenta. Inoltre pagai per le rate de’ Censi (7), che egli doveva corrispondere al Collegio per molti anni in uno Ducati sessantatre e grani cinquantaquattro, come dall’enunciato Certificato che mi fu rilasciato dal Collegio istesso, ed anche dalle Cedole che conservo. Dippiù per diversi litigi che il detto Vito Michele capricciosamente intentò contro di me e di Raffaele pagai per spese giudiziarie ed altro Ducati Centocinquanta, compresi però in detta somma i Ducati Quindici che il nostro padre promise verbalmente all’altra Sorella Marianna maritata a Rocco Salvatore, i quali furono pagati da me solo, tranne Ducati 4,80, corrisposti da Raffaele.
Niente in ultimo ho lasciato al detto Antonio Emanuele Saura mio Nipote, il quale fu da me ben considerato nei capitoli suoi Matrimoniali del 26 Gennaio 1886 per Notar Tedeschi di Trevico, come innanzi si è accennato: è però da notarsi che sebbene io gli promisi verbalmente che gli avrei lasciata la metà dell’arco grande della Cantina situata in fondo, che io come innanzi ereditai da mio padre, pure io spesi per il suo Matrimonio Lire Duecento ed egli gode dippiù della Casa che era del detto Giuseppe Di Palma e da me si pagano i pesi ad essa inerenti; come anche gli improntai Lire undici per le spese della Trascrizione del fondo che esso acquistò in Vallata, e finalmente altre Lire undici che io pagai al Notaio predetto per la Copia legale de’ cennati suoi Capitoli Matrimoniali, la quale egli si prese da me sotto pretesto di leggere alcune notizie e non più me la restituì; anzi se ne serve per trascrivere la donazione fattagli dal Padre e da me de’ beni che gli furono assegnati. Onde per le dette somme elargite a suo favore non è giusto che gli lasci alcun’altra cosa da me con pregiudizio degli altri due miei Nipoti, i quali finora niente hanno ricevuto.

Ricordi importanti

Raccomando al detto Giambattista che non ismembri la Libreria (8), e che non ne alieni le opere – che custodisca bene i due Reliquiarii, cioè quella della Sagra Spina di Gesù e de’ Santi Apostoli, e quello di Santa Filomena Vergine e Martire. E siccome poi la Via Crucis (9) dovrà essere collocata in altra stanza dopo la mia morte, così è necessario che le Stazioni siano di nuovo benedette da un Padre Religioso di San Francesco o da un altro Sacerdote che ne abbia la facoltà.

Inoltre raccomando allo stesso ed a tutta la Famiglia che evitino ogni quistione e contrasto allorché dopo la morte mia il detto Antonio Emanuele passerà per la Loggia ad abitare le due stanze che io gli donai. Confesso però la verità che io feci male e ne sono molto rattristato in avergli accordato un tale diritto e posto una servitù sulla Loggia sudetta. Il divisamento però mio era di lasciare le case di sopra cioè quelle che erano di Simone Saura al sopradetto Giambattista, e tutte quelle di basso al detto Antonio Emanuele nella supposizione che costui si fosse condotto bene e fosse rimasto in seno della Famiglia; ma essendosi verificato tutto il contrario di quello che io credevo, giacché ha egli mostrato varie ingratitudini e praticato molte non buone azioni verso di me e della Famiglia; quindi non volendo e non potendo ritrattare e correggere ciò che io allora malamente feci, così consiglio ed esorto la Famiglia medesima qualora il detto Antonio Emanuele continuasse a praticare le solite scortesie e disturbi per il sudetto passaggio di usare prudenza e tollerarli. Si ricordi però egli che le ingratitudini verso di coloro che gli hanno beneficato, e la incorrispondenza sono azioni ree che saranno punite da Dio.

Non so poi inculcare abbastanza al detto Giambattista che non laceri nessuna delle cose che io lascio, come copie d’Istromenti, ed altri notamenti che riguardano le notizie e gl’interessi di Famiglia, specialmente il Doppio scritto con il fu D. Giambattista Canonico Tedeschi (10) già registrato, perché contiene il dritto e la facoltà di potere in avvenire ed in qualunque tempo alzare la Casa del Detto Simone Saura da me acquistata. In caso di bisogno di lumi o di chiarimenti potrà il sudetto Giambattista interrogare e fare leggere le carte sudette dal Tesoriere D. Gaetano Lungarella, non farle però mai uscire di casa, consegnarle ad altri, o toglierle come cose inutili.
In ultimo badi il detto Giambattista a non vendere giammai la Casa, cioè le due Camere ed il Basso con cantina che si appartenevano al riferito Simone Saura, le quali mi costarono da quattrocento quaranta Ducati tra il prezzo pagato, rilasciati ai suoi Eredi, da un lungo e strepitoso giudizio: onde sappia ben custodire, e mantenere la Casa sudetta.
Conchiudo con raccomandare a tutta la famiglia di vivere con il santo timore di Dio e di mantenere e custodire la pace e l’armonia fra tutt’i Componenti di essa.

Carife il primo Dicembre 1893
Giovanni Cantore Saura

Le raccomandazioni finali ai familiari da parte del Canonico Giovanni Cantore Saura

Le raccomandazioni finali ai familiari da parte del Canonico Giovanni Cantore Saura

N O T E

1. Il Canonico Rocco Paolo Santoro fu Assessore Ordinario presso il Comune e firmò gli atti di Anagrafe nel corso del 1888. Era lui a curare la Festa della Santa Croce.

2. Macchioso, aggettivo usato raramente, indica un luogo cosparso di macchie, di boscaglie, pieno di arbusti. Qui il termine è usato come sostantivo.

3. Salvatore Saura, padre del Canonico D. Giovanni, era nato nel 1781 se è vero che nel 1816, quando nacque il figlio aveva 35 anni. Abbiamo riscontrato dai Registri anagrafici che, nel corso del 1815, è II Eletto e firma alcuni atti in qualità di Ufficiale di Anagrafe e Stato Civile del Comune di Carife; un altro dei Saura, Rocco, firma gli atti di Stato Civile dal mese di Maggio 1830 al mese di Gennaio del 1832;

4. Nell’Italia preunitaria il Ducato era una delle monete del Regno delle Due Sicilie. Il Ducato era diviso in 10 Carlini, ciascun Carlino in 10 Grani, ciascun Grano in due Tornesi e ciascun Tornese in 6 Cavalli. Esistevano multipli in oro e frazioni in argento. Nel 1861, con la unificazione dell’Italia sotto i Savoia, la lira torna ad essere la valuta italiana. Curiosamente però la prima moneta espressamente denominata una lira italiana non era stata però emessa in territorio piemontese, bensì nel Dicembre 1859 ad opera del Governo Provvisorio della Toscana. Dal 24 Agosto 1862 la lira ebbe corso legale e sostituì tutte le altre monete circolanti nei vari stati pre-unitari: 1 lira da 5 grammi di argento al titolo 900/1000 corrispondeva a 0,29025 grammi d’oro fino oppure a 4,5 grammi di argento fino. Il manoscritto del Saura è assai importante perché riporta il valore del Ducato e lo paragona a quello della Lira. Ed ora una curiosità: nel corso degli anni Settanta del Secolo scorso a Castel Baronia, durante i lavori di demolizione di un vecchio palazzo gentilizio, nel quale aveva abitato anche un Notaio, in una cassa ben nascosta sotto il pianerottolo di una scalinata, fu rinvenuto un cospicuo tesoro monetale, costituito prevalentemente da un ingente numero di Piastre borboniche in argento fino di diverso valore. I presenti, tra cui il nuovo proprietario dell’immobile, sembra si siano impadroniti del maggior numero di monete; alcune finirono invece tra le macerie portate a discarica sul campo sportivo di Carife: quando si sparse la voce qui iniziò una vera e propria “corsa all’oro” , in quanto uomini e donne, sollevando un gran polverone, rovistarono tra i calcinacci ed il pietrame e trovarono moltissime altre monete, alcune delle quali sono ancora custodite dai rinvenitori. Ovviamente alcune erano molto rare e fecero la gioia di più di un collezionista. Nel sistema monetario in vigore nel Regno di Napoli sotto Carlo III (Re di Napoli dal 1734 al 1759): La Piastra equivaleva a 6 Tarì, 12 Carlini, 120 Grana, 240 Tornesi, 1440 Cavalli.

5. Sino all’inizio del Novecento le famiglie dei due promessi sposi, prima di farli giungere al matrimonio, stipulavano per iscritto e presso un Notaio i famosi “Capitoli Matrimoniali”, per la “sicurezza della dote, del dotante, della sposa, e dei figli che da quello saranno per nascere…” Con questo antico rito, risalente al diritto longobardo, la famiglia della sposa prometteva e quantificava al futuro marito la dote, che era costituita dalla “roba” (case, terreni, mobili e vestiti) o da denaro contante. Infatti le donne, oltre alla dote, non avevano (quasi) nient’altro in eredità dalla famiglia, perciò era per loro un diritto irrinunciabile. Invece per i padri e i fratelli era un dovere oneroso ma necessario, se volevano veder sposata la loro figlia o la propria sorella; infatti nell’Italia meridionale un matrimonio senza dote era quasi inconcepibile e non era raro trovare ragazze che erano costrette a restare “zitelle” perché prive di una dote. Naturalmente la dote era proporzionata alle disponibilità del padre della sposa e allo status sociale dello sposo a cui veniva «assegnata»; la dote dopo il matrimonio non passava nel patrimonio dello sposo ma era da questo soltanto amministrata. Solo alla morte del marito la dote sarebbe stata restituita alla moglie che, solo allora, era libera di disporne. Se invece la sposa fosse morta, senza aver messo al mondo dei figli, il marito doveva rendere la dote alla famiglia della moglie. In alcuni protocolli matrimoniali troviamo che anche lo sposo era tenuto a dare alla sposa una controdote e un vitalizio che dovevano servire alla moglie per provvedere alle sue esigenze e necessità. Nei protocolli dei notai sopravvissuti allo scorrere del tempo troviamo ancora oggi trascritti numerosi contratti di matrimonio, spesso stipulati pochi giorni prima delle nozze celebrate in Chiesa. Lo schema seguito dai notai nella redazione dei capitoli matrimoniali era quasi sempre lo stesso e vi erano enunciati:

  • la promessa di matrimonio;
  • la costituzione della dote e degli assegni maritali;
  • la quietanza della dote e degli assegni maritali;
  • la rinunzia facoltativa della donna a pretese ereditarie sui beni della sua famiglia.

Talvolta ai capitoli matrimoniali era accluso un elenco dei panni, mobili, suppellettili di casa e ornamenti assegnati alla sposa, compilato dalla mano di un familiare o di una persona amica in grado di scrivere. Ancora nel Settecento, e anche successivamente, ritroviamo capitoli matrimoniali redatti nel rispetto di questo antico schema.
Proprio per formare la dote alle ragazze povere nascevano i Monti Frumentari e varie altre forme di assistenza. Il Monte Frumentario che operò a lungo con queste finalità fu il Monte Frumentario Pezzano, istituito nel 1884.

6. Il Simone Saura di cui si parla in questo punto delle memorie era calzolaio:

7. Il Censo nella legislazione e nella dottrina medievale, è la denominazione generica delle prestazioni legate a un immobile sul quale il creditore del censo non aveva diritti. In particolare: censo livellare, somma annua che si pagava al dominio diretto di un fondo o di un fabbricato per goderne l’uso; censo riservativo, prestazione annua che il proprietario di un immobile si riservava nel momento in cui trasferiva la proprietà dell’immobile stesso; censo consegnativo o bollare, consistente in una rendita annua, in denaro o in derrate, gravante sopra un immobile, e data come corrispettivo di un capitale versato al debitore della rendita.

8. I volumi che componevano la libreria, che il Canonico Don Giovanni raccomanda di non “ismembrare”, stando al racconto di Giambattista Tedeschi, furono utilizzati da Vittorio Florestano Antonio Saura… per accendere il fuoco la mattina.

9. Non si conosce che fine abbiano fatto le preziose reliquie custodite in casa dal Canonico Saura, ma si può nutrire la speranza che siano state messe al sicuro o depositate in qualche chiesa.

10.  Il Canonico Giambattista Tedeschi fu Sindaco di Carife dal mese di Aprile 1863 a tutto il 1867. Durante il suo mandato fece costruire la sede del Municipio (1866) “Iddio auspice e per economie”, come recita l’iscrizione che fu apposta sulla facciata dell’edificio. Il Canonico firma gli atti come Ufficiale di Anagrafe e Stato Civile anche dal 28.1.1877 al 21.11.1877 “pel Sindaco assente”. Il Sindaco in carica era Gaetano Ciampone, cui successe dal 7.12.1877 l’Avv. Giovanni Addimandi, che rimase in carica a lungo: proprio mentre era Sindaco  lui (1891) si verificò la famosa sommossa popolare che portò all’incendio ed alla distruzione dell’archivio comunale, avvenimento del quale parliamo altrove. Il Sindaco Addimandi fu “sospeso” dalla carica dal 31.8.1886 a tutto il 1888, ma nel 1889 ritornò e rimase in carica fino agli inizi del 1895.

La sede municipale fatta costruire dal Sindaco Canonico Giambattista Tedeschi nel 1866

La sede municipale fatta costruire dal Sindaco Canonico Giambattista Tedeschi nel 1866

floriano (4)

11.  Pasquale Josa, succeduto a Giuseppe Pezzano, fu Sindaco di Carife dagli inizi del 1815 al 2.3.1819; gli successe Vito Giangrieco. Gli Josa, famiglia di possidenti, erano molto numerosi in quegli anni, ma successivamente questo cognome scomparve del tutto dai Registri anagrafici del nostro Comune.

Il Sacerdote-Canonico D. Giovanni Cantore Saura volle con questo manoscritto integrare e giustificare, anche emotivamente, ciò che aveva disposto in merito ai suoi beni con il testamento olografo sottoscritto il 15 Ottobre 1893.

Il  bellissimo portale di casa Saura recentemente ricollocato in Piazza San Giovanni

Il bellissimo portale di casa Saura recentemente ricollocato in Piazza San Giovanni

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Il bel mascherone/gorgone del portale di casa Saura

Il portale reca l’iscrizione G. S. (Giovanni Saura?) e la data 1747; una volta esso si trovava sulla via Elena e attraverso di esso si entrava nel Bar gestito prima da Giovanni Forgione, soprannominato “Tenente Brigadiere”, padre del pasticciere Paolino Forgione, e poi da Giuseppe Luigi Simone, soprannominato “Muzzichicchio”.
Nella casa settecentesca, demolita a seguito del terremoto del 23 Novembre 1980, in passato hanno ovviamente abitato a lungo i Saura.
La lettura delle memorie testamentarie del Canonico Saura ci offre lo spunto per fare alcune considerazioni e riflessioni:

  • I Saura, come altre famiglie di Carife, provengono con ogni probabilità dalla Spagna e giungono qui sia al seguito dei Borboni, che dinasticamente nascono proprio nella regione iberica, sia al seguito dei Marchesi Capobianco, che con essi avevano buoni rapporti; questo cognome è oggi comunque ancora diffuso nella Spagna.
  • I Saura sono riconducibili, quasi con certezza, ad un unico capostipite, che ebbe molte proprietà nell’ambito del nostro territorio comunale; successivamente questo patrimonio, come spesso si è verificato e si verifica ancora oggi, fu frammentato e suddiviso tra i vari eredi, sia in linea maschile che in linea femminile;
  • La famiglia possedeva molti appezzamenti di terreno dislocati in varie contrade: Tierzi, Petrala, Serro Masillo, Giuliano, Ciaruolo, Canale, ecc.. Si trattava prevalentemente di seminativi semplici o arborati, uliveti, macchie e vigne; diverse erano anche le case in loro possesso, per la maggior parte intorno a Piazza San Giovanni. Nei pressi del vecchio cimitero, in località “Tierzi”, avevano anche una masseria (dialettalmente “casino”), sviluppantesi su due livelli: ora sono a mala pena visibili alcuni ruderi. Proprio in questa casa di campagna si sarebbe verificato un tragico fatto di cronaca, del quale parleremo più avanti.

La famiglia Saura crebbe e si allargò soprattutto nel corso del 1800 e del 1900 e scorrendo i cartellini ed i Registri anagrafici si contano oltre 50 elementi, con prevalenza delle femmine rispetto ai maschi (una trentina sono le donne, più di venti sono gli uomini).
Nel corso degli anni la storia di questa importante famiglia si incrociò spesso con quella di altre famiglie della borghesia più o meno agiata di Carife: i Saura si imparentarono con le famiglie De Gregorio, Santoro, Salvatore, Tedeschi, Lungarella, Lodise, Schirillo, Pelosi, Carsillo, Clemente, Manzi, ecc.. Almeno due, un maschio ed una femmina, si sposarono e si trasferirono nella vicina Vallata.

L’EMIGRAZIONE

Le condizioni economiche dell’Italia nei due secoli scorsi erano a dir poco tristi e disastrose: disoccupazione, carestie, epidemie erano endemiche alla nostra Società e si lavorava solo per vivere e per dare sostentamento alla propria famiglia ed ai propri figli; solo l’’emigrazione avrebbe in qualche modo dato un sollievo più tardi alle famiglie e tanti Italiani, soprattutto nel primo ventennio del 900, partirono in massa in cerca di fortuna. Lontani dalla patria, in terra straniera, spesso circondati da gente ostile, gli Italiani, sia del Nord sia del Sud, si cercavano, si incontravano, stabilivano rapporti di parentela…e parlavano con nostalgia dei loro paesi d’origine. Ma esportammo anche Al Capone…e tante altre cose poco piacevoli (black hand…).
Comunque un gran numero di artigiani (mugnai, fabbri, calzolai, barbieri, falegnami, muratori, sarti, ramai, “stagnari”, fornaciai, tessitrici, ricamatrici, frantoiani, “scardalani” e…chi più ne ha più ne metta…) ha sempre consentito al nostro paese di essere invidiato dalle popolazioni limitrofe, che qui spesso inviavano giovani apprendisti e prestatori d’opera. Il nostro sistema economico, per così dire “chiuso”, ha sempre permesso a tutti una vita onesta, anche se non agiata e, soprattutto, ha sviluppato un grande spirito di sacrificio e di solidarietà, oggi purtroppo sempre meno presenti.
La vita media a quei tempi in Italia era molto più bassa di quella di oggi e tra i molti bambini che allora nascevano a Carife, la mortalità era altissima ed era dovuta alle cause più disparate: l’igiene lasciava molto a desiderare e i bambini nascevano in casa, con l’assistenza di ostetriche/levatrici/vammane improvvisate e praticone. Nascevano intorno a 100 bambini all’anno ma in alcuni anni abbiamo registrato anche 158 morti, forse in coincidenza e concomitanza con epidemie e carestie (a titolo di curiosità aggiungo che a Carife nel decennio dal 2003 ad oggi sono nati solo 102 bambini…). Le malattie falcidiavano i bambini e mietevano vittime: scarlattina, morbillo, bronchiti, polmoniti, febbri tifoidi, malattie dell’apparato respiratorio, tonsilliti erano tra le cause più frequenti di morte. Le medicine erano quasi inesistenti e, soprattutto, mancava la penicillina, che sarebbe stata scoperta solo nel 1928. Solo dopo il 1860, anno della riunificazione dell’Italia, le cose incominciarono a migliorare. In questo scenario cupo, spesso punteggiato ed “allietato” anche dalla nascita di figli naturali ed illegittimi, spesso abbandonati ed assistiti poi dalle Commissioni Comunali di beneficenza, si svolge la nostra ricerca.
La necessità di trovare fortuna altrove spinse qualcuno della famiglia Saura ad emigrare verso il Brasile, l’Argentina e gli Stati Uniti; altri si trasferirono poi in diverse Regioni d’Italia. Emilia Saura, una delle numerose figlie di Salvatore e di Santoro Angiolina nata il 16.3.1884, sposò Aurelio Gallicchio il 18.6.1922 e in data 26.11.1936 fu cancellata dall’Anagrafe di Carife per emigrazione a Vallo della Lucania, in provincia di Salerno; Pasquale Saura, figlio di Vito Michele e di Cherubina Forgione, nacque il 23.12.1867, sposò Carmela Clemente e in data 21.3.1905 fu cancellato dall’Anagrafe per “emigrazione nel Nord America”. Simone Saura, figlio di Vito Michele e di Teresa Clemente, nacque il 14.3.1878 e fu calzolaio; il 3.7.1910 sposò Carmela De Gregorio, fu cancellato dall’Anagrafe in data 1.10.1922 “per emigrazione a Buenos Aires”, in Argentina; il figlio Vito Michele (si chiamava come il nonno) nacque il 25.11.1921 e fu eliminato dall’Anagrafe il 19.5.1926; un’altra figlia di nome Argentina, nata il 30 Aprile 1911, quando il padre aveva 33 anni, fu cancellata dall’Anagrafe il 10 Novembre 1926 perché se n’era andata a Buenos Aires.
Tra le professioni ed i mestieri esercitati dai Saura troviamo che le donne erano di preferenza contadine, sarte e ricamatrici, insegnanti elementari, casalinghe o, come si preferiva dire in passato, “attendenti in casa”; altre erano commercianti di tessuti, di generi alimentari e, in qualche caso, macellaie aiutanti dei mariti; tra gli uomini molti erano contadini e non mancavano gli artigiani: c’era chi faceva il sarto, il fabbro, il calzolaio, il falegname. Simone Saura fu a lungo stimata e rispettata Guardia Campestre alle dipendenze del Comune; uno fu Maestro Elementare, un altro, Giovambattista Saura, è stato Professore di Matematica e vive oggi a Salerno: di lui parleremo più avanti.
Oggi a Carife solo la Sig.ra Inessa, vedova Pelosi, porta il cognome Saura: ha da poco compiuto i 104 anni, essendo nata il 6.2.1910. Gli altri che portano questo cognome sono sparsi in giro per il mondo.
I Saura ovviamente hanno partecipato anche alla vita amministrativa del nostro paese: nel corso del 1815 Salvatore Saura, il padre del Canonico Giovanni Floriano, è II Eletto e firma alcuni atti in qualità di Ufficiale di Anagrafe e Stato Civile del Comune di Carife; dal mese di Maggio 1830 a Gennaio 1832 fu Sindaco Rocco Saura; un altro Salvatore Saura, nipote del precedente, fu Consigliere Comunale in più legislature agli inizi del secolo scorso: ma di lui parleremo in altra parte di questo articolo.
Quasi certamente la famiglia Saura discende da un unico e comune capostipite, che potrebbe essere proprio il Giovanni Sauro (Saura?) elencato tra i capi famiglia al numero 326 del Catasto Onciario di Carife, pubblicato dal Prof. Michele De Luca sul periodico VICUM del Dicembre 1984. Nel Catasto Giovanni Sauro, unico riportante questo cognome, è indicato quale appartenente alla categoria “Negoziante”, con via di abitazione proprio in Piazza. Certamente si riferisce a lui ed alla sua casa il bellissimo portale riprodotto in precedenza e recante le iniziali G. S. e l’anno 1747.
La ricerca andrebbe ampliata consultando i Libri Parrocchiali, ma l’impresa si presenta ardua e problematica, soprattutto in considerazione del fatto che essi sono molto mal ridotti, di difficile lettura e comprensione, soprattutto per le abbreviazioni e per il fatto che sono scritti in latino. Lo scrivente poi ha una grave menomazione alla vista e le condizioni di luminosità attuale dell’ambiente in cui sono conservati rendono difficile, se non proprio impossibile, il loro studio ed i necessari raffronti e riscontri.

IL SACERDOTE-CANONICO GIOVANNI FLORIANO CANTORE SAURA

Nell’atto di nascita del Canonico Giovanni Floriano Saura leggiamo:
“L’anno 1816 a venti del Mese di Aprile ad ore quattordici avanti di noi Pasquale Josa (11) Sindaco ed Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Carife Provincia di Principato Ultra è comparso Salvatore Saura di anni trentacinque di professione Proprietario, domiciliato in questo Comune Strada Piazza ed à (Sic!) dichiarato che ad ore otto della scorsa notte, è nato nella sua propria casa da lui dichiarante e da Orsola Padalino, sua moglie legittima di anni ventisette un maschio che ci ha presentato a cui è stato dato il nome di Giovanni Floriano”.
Giovanni Floriano Saura nacque dunque la sera del 19 Aprile del 1816; per semplice curiosità aggiungiamo che dal Registro delle Nascite del 1816 risultano nati ben 83 bambini, numero questo ampiamente superato negli anni successivi…ma quelli erano altri tempi.
Dalla memoria trascritta precedentemente sappiamo che aveva anche altri fratelli, Raffaele e Vito Michele e almeno due sorelle, Marianna e Maria Maddalena, anche se queste ultime non sono nominate nelle Memorie, ma sono presenti nei Registri d’Anagrafe del Comune di Carife.
Giovanni intraprese la carriera ecclesiastica e nel momento in cui fece testamento era anche “Cantore”: durante la liturgia in chiesa eseguiva, da solo o in coro, i canti, con la partecipazione di tutta l’assemblea liturgica.
Per interpretare invece le parti scritte per il registro femminile, poiché alle donne non era consentito cantare in pubblico e quindi nelle chiese, venivano impiegati dei bambini in età pre-puberale, che non avevano ancora acquisito il timbro di voce maschile e venivano chiamati Voci bianche.
Era questo un compito assai importante e prestigioso e spesso il “Cantor” doveva cantare “a cappella”, cioè senza accompagnamento strumentale: ogni armonizzazione avrebbe finito per alterare la struttura della musicalità tipica del Canto gregoriano.
I Canonici cui veniva affidato questo compito dovevano avere ovviamente una voce bella ed intonata e, come abbiamo visto nelle Memorie, potevano fregiarsi del titolo di Cantore anche quando apponevano la loro firma in calce a documenti, ecc..
Sempre da D. Giovanni apprendiamo che anche un suo zio, D. Arcangelo Saura, era stato Cantore e che gli aveva lasciato in eredità una casetta appartenuta in precedenza a Giuseppe Di Palma.
L’atto di morte del Canonico Don Giovanni Floriano Cantore Saura fu redatto, davanti a Saverio Manzi Assessore anziano, il giorno 1.9.1894: la morte risaliva a “ieri l’altro a ore pomeridiane una e minuti trenta in via Piazza”, ed era avvenuta il giorno 30 Agosto; a dichiarare la morte del Canonico furono il Segretario Comunale Francesco Lodise di anni 33, possidente, e Angelo Raffaele Gallicchio di anni 37, possidente. Quest’ultimo sarebbe poi stato più volte Sindaco e Consigliere Comunale di Carife; era “imprenditore di opere pubbliche”.
Del fratello Vito Michele sappiamo che nacque il 6.11.1818 e che sposò Cherubina Forgione; da D. Giovanni apprendiamo che ebbe due figli: Francesco Saverio e Pasquale detto Pasqualino. Quest’ultimo nacque il 23.9.1867, il 4 Marzo 1894 sposò Carmela Clemente, della quale rimase vedovo il 30.4.1945. Di lui parleremo più avanti.
Del fratello Raffaele sappiamo che sposò Filomena Tedeschi e che anche lui ebbe tre figli: Antonio Emanuele, Maria Giovina e Giovambattista. Non abbiamo trovato notizie in merito ad Antonio Emanuele; di Maria Giovina sappiamo che nacque il 26 Agosto 1866 e che morì a tre anni di età. Quasi certamente però diedero questo nome anche ad un’altra figlia nata successivamente (lo si evince dalle memorie del Canonico Giovanni Floriano Saura), ma non abbiamo trovato tracce presso l’Anagrafe di Carife.
La sorella Marianna, nata nel 1812, sposò Rocco Salvatore e morì il 31.8.1896 all’età di 84 anni.
Il 19.12.1823 nacque Giuseppe Nicola, ma di lui non abbiamo trovato altro.
La sorella Maria Maddalena nacque il 27.5.1826, sposò Vincenzo Schirillo e morì il 31.12.1909 all’età di 84 anni.

Terremoto 1980: sulla destra la vecchia casa Saura

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