(DAL NEOLITICO AI SANNITI)
La mostra archeologica che si tenne presso il Museo Irpino di Avellino, intitolata “Insediamenti e necropoli a Carife e nella Baronia dalla preistoria ai Sanniti” rappresentò per studiosi ed archeologi un’ottima occasione per divulgare e conoscere i risultati degli scavi effettuati in diversi luoghi, nel periodo successivo al terremoto del 23 Novembre 1980.
Essa fu organizzata con il patrocinio dell’Amministrazione Provinciale di Avellino, Presidente il Dott. Carmine Ragano, e rimase aperta dal 9 Marzo al 30 Settembre 1992; ebbe grande successo e moltissimi furono i visitatori, soprattutto tra gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado.
La mostra fu inaugurata contemporaneamente alla celebrazione ad Avellino del Convegno dell’Associazione Italiana di Cultura Classica (A.I.C.C.), sempre patrocinato dalla Provincia.
Il Prof. Werner Johannowsky presentò ed illustrò ai convegnisti, riuniti in una sala della Biblioteca Provinciale, i risultati degli scavi effettuati soprattutto a Carife e a Castel Baronia nell’ambito di ben tre vaste necropoli sannitiche esplorate.
La mostra, volta a far conoscere soprattutto il patrimonio archeologico provinciale, fu curata ed allestita d’intesa con la Soprintendenza archeologica che si avvalse anche delle conoscenze maturate sul campo dall’Ispettrice di zona, dott.ssa Giovanna Gangemi, coadiuvata dalla dott.ssa Rosaria Collina. Il Prof. Silvio Di Nocera dell’Università di Napoli, coadiuvato dall’assistente Ciriaco Basso, curò la parte relativa alla geologia del territorio indagato dalla ricerca. Il Dott. Alfredo Coppa e la Dott.ssa Stephanie Damadio, dell’Università La Sapienza di Roma, curarono la relazione scientifica concernente lo studio, condotto con tecniche modernissime ed avanzate, dei resti scheletrici della preistoria recuperati nel corso degli scavi ancora in corso in località Isca del Pero di Castel Baronia.
Naturalmente la mostra fu accompagnata dalla pubblicazione di un opuscolo illustrativo, predisposto dalla Soprintendenza Archeologica, e pubblicato a cura dell’Amministrazione Provinciale.
Nell’opuscolo i risultati dell’indagine sui siti interessati dalla frequentazione preistorica ed i necessari confronti con altri siti furono riassunti dalla Dott.ssa Gangemi, ottima esperta di questo periodo.
L’Ispettrice di zona lamentava preliminarmente la mancanza in Baronia di testimonianze relative al Paleolitico, mentre tracce di esso erano state riscontrate in territori limitrofi, soprattutto a Gesualdo, Grottaminarda e Montemiletto: forse era dovuto solo alle scarse indagini effettuate nel territorio in esame. Leggiamo dalla relazione della Gangemi:
“La Baronia appare…fortemente caratterizzata, da un punto di vista geografico e geomorfologico, da una serie di fattori che dovettero determinare, già in età remote, condizioni comunque favorevoli all’insediamento: posizione tra due fiumi, l’Ufita ed il suo affluente Fiumarella, presenza di sorgenti, elevazioni scarse, salvo quella di Trevico, con profili dolci e degradanti soprattutto a Sud lungo l’Ufita.
Sono poi da considerare in modo specifico altre potenzialità legate alle vie di comunicazione nell’ambito di quest’area confinante ad Est con la Puglia, posta com’è a breve distanza dallo spartiacque tra Vallata e l’altopiano del Formicoso, a cavallo del Calaggio/Carapelle e dell’Ofanto, e proiettata ad Ovest verso il Tirreno tramite la confluenza dell’Ufita nel Calore, a sua volta tributario del Volturno.
I dati in nostro possesso consentono di delineare un primo quadro della frequentazione umana in età preistorica e protostorica che risulta compresa tra un momento avanzato del Neolitico Antico e le fasi mature della media età del Bronzo.
La presenza, in un momento maturo del Neolitico Antico, di comunità stabili caratterizzate da un’economia basata soprattutto sull’agricoltura e sull’allevamento, è attestata a Carife nelle località Addolorata ed Aia di Cappitella da frammenti ceramici a decorazione impressa, particolarmente elaborata, di tipo Guadone-Rendina III (fine VI – inizi V millennio a. C., documentati anche alla starza di Ariano Irpino e a Casalbore.
Sembra pertanto che questa fascia territoriale ai margini orientali dell’Irpinia sia stata precocemente interessata dai fermenti culturali irraggiatisi dall’area compresa tra il Tavoliere ed il Melfese.
Non è possibile al momento ricondurre gli scarsi indizi archeologici riferibili al Neolitico Medio alle varie “facies” culturali succedutesi all’incirca tra la seconda metà del V e i secoli finali del IV millennio a. C..
Per il Neolitico Tardo (fine IV – inizi III millennio a. C.) la testimonianza più rilevante è costituita da un insediamento ascrivibile all’orizzonte culturale Diana-Bellavista in località Aia di Cappitella a Carife, dove sono venute alla luce strutture di combustione che presentano notevoli affinità con quelle più antiche rinvenute a Catignano (Abruzzo) sia con quelle contemporanee dei villaggi della cultura di Chassey nella regione di Tolosa (Francia).
La notevole quantità di nuclei e strumenti di ossidiana recuperati nel corso dell’esplorazione…documenta, unitamente a ritrovamenti fortuiti in varie località lungo l’Ufita, la funzione mediatrice di quest’area, punto focale per il transito e la diffusione di commerci e di fermenti culturali tra il Tirreno e l’Adriatico.
Per quanto concerne poi le caratteristiche e lo sviluppo delle culture pertinenti alle fasi più antiche dell’età dei metalli, mancano, al momento, elementi riferibili alle fasi iniziali dell’Eneolitico, attestate tuttavia poco più a Nord (Starza di Ariano, Casalbore, Castelfranco in Miscano) mentre sono documentate concentrazioni di materiali attribuibili al Tardo Eneolitico.
E’ di questo periodo un insediamenti di “facies” Laterza (fine III – inizi II millennio a. C.) in corso di esplorazione a Castel Baronia, in Località Isca del Pero, comprendente aree di attività differenziate distribuite su un suolo adibito sia ad abitato che a necropoli con sepolture a fossa e inumati in posizione rannicchiata.
La vicinanza spaziale e cronologica di questa necropoli con quella più nota di tipo Gaudo rinvenuta a Mirabella Eclano, costituita da tombe a cella ipogeica con pozzetto ripropone il problema, come per altre aree della Campania, del Lazio e della Basilicata, della convivenza nello stesso territorio o in aree limitrofe di gruppi portatori di “facies” culturali diverse.
In merito alle fasi relative al Bronzo Medio (XVI – XIV secolo a. C.), testimonianze riferibili al Protoappenninico B, tra cui un esemplare di ansa ad ascia, provengono dalla località Addolorata di Carife, punto di passaggio lungo il crinale verso l’alto corso della Fiumarella, dove sono localizzate vene acquifere persistenti indispensabili alla sosta-abbeveraggio nella pratica della transumanza stagionale propria dell’economia pastorale che in questo periodo, come attestano particolari recipienti destinati alla lavorazione del latte, dovette affiancarsi a quella basata per lo più sull’agricoltura e sull’allevamento.
La fase matura del Bronzo Medio è rappresentata alla Civita di San Sossio Baronia da materiale ceramico che rientra nella “cultura appenninica” così denominata per la pressoché costante omogeneità, pur riconoscendo al suo interno diverse sottoaree culturali, di fogge ceramiche e moduli decorativi lungo tutto l’arco appenninico dal centro al sud della nostra penisola.
Del medesimo ambito cronologico sono i livelli, notevolmente danneggiati dall’impianto di una vasta necropoli sannitica, venuti alla luce lungo il fondovalle Ufita tra le località Fiumara e Piano la Sala di Carife che hanno restituito materiale ceramico relativo forse ad un lungo periodo di frequentazione, anche se i dati stratigrafici in nostro possesso non consentono di ipotizzare un’eventuale continuità di occupazione fine al Bronzo Recente.
Il silenzio delle fonti archeologiche per quanto concerne il Bronzo Finale (XII – X secolo a. C.), di cui si hanno testimonianze, benché parche, alla Starza di Ariano Irpino e in agro di Lacedonia, è una grave lacuna forse da interpretare non come periodo di spopolamento o di declino, ma da attribuire alla combinazione di vari fattori quali le diverse strategie di insediamento, il prevalere del rito incineratorio, nonché lo stato ancora preliminare della ricerca archeologica nel territorio”.
Il Prof. Johannowsky, uno dei maggiori conoscitori dell’età del ferro, scrisse nello stesso opuscolo:
“Non conosciamo ancora nulla della prima età del ferro (IX – VIII secolo a. C.) e del periodo orientalizzante (fine VIII – primi decenni VI seolo a. C.) di cui sono note ormai numerose testimonianze nell’area confinante a Sud-Est, della cultura così detta di Cairano-Oliveto Citra, che può forse essere attribuita a coloro che avevano in origine il nome di Hirpini, data la frequente rappresentazione di canidi e di loro protomi su vasi rituali di tale ambito, i cui centri più vicini alla Baronia sono stati individuati a Morra e Bisaccia. I materiali delle tombe di età arcaica dell’importante complesso di insediamenti che doveva estendersi nella zona comprendeente Carife e Castel Baronia, di cui le più antiche finora note sono state scavate nella località Serra di Marco, sono invece pertinenti ad una “facies culturale nota principalmente da Casalbore, nella vicina valle del Miscano, sulla direttrice del tratturo Pescasseroli_Candela. Non sono invece inquadrabili, perché privi di qualsiasi contesto, dei vasi rinvenuti sporadicamente a Trevico e Scampitella, località abbastanza vicina al confine con il territorio dei Dauni.
Dal tardo Vi secolo a. C. fino alla fine di quello successivo le sepolture, che hanno gli orientamenti più diversi, sono a fossa semplice, e fanno eccezione solo due tombe a cremazione ed una a cassa formata da tegole del V secolo a. C. inoltrato, a Serra di Marco (Castel Baronia) e due di personaggi emergenti, databili verso la fine del V secolo, più grandi e più ricche delle altre, e probabilmente con copertura in materiale deperibile (n. 89 e 90) rinvenute in località Piano La Sala (Carife)”.
Parleremo più avanti di queste due importantissime tombe.