Proposte per un Museo vivo, utile e funzionale

Il Museo Archeologico di Carife, fortemente voluto dagli Amministratori di questo paese, sostenuti ed incoraggiati con gran passione anche dal compianto Prof. Werner Johannowsky, soprintendente archeologico di AV-SA-BN, è destinato ad accogliere i reperti preromani e romani venuti alla luce a dalla necessità di esplorare preventivamente le aree destinate alla ricostruzione, dopo il nefasto terremoto del 23 novembre 1980.
Non bisogna considerare un punto di arrivo la recente e tanto attesa inaugurazione del Museo: essa è solo un punto di partenza, da cui ricavare la spinta necessaria per un’inversione radicale della tendenza a morire del nostro paese, che, lungi dal rinascere e dal risorgere, è diventato ormai un paese fantasma, tra case vuote e case in vendita. Occorre rimboccarsi le maniche e agire da subito, coinvolgendo tutti coloro che possono dare una mano concreta, a prescindere dalla loro scelta di campo.

INTERVENTI DA PROGRAMMARE

Oltre alla pubblicizzazione e promozione del Museo a tutti i livelli ed in tutti i modi possibili, si deve prioritariamente:

-Ampliare il museo e completarlo mediante:

1. la creazione di un settore dedicato alla Preistoria ed alla Protostoria, raccogliendo i reperti provenienti dall’insediamento di una fase antica del Neolitico di Aia di Cappitella, pertinenti alla facies culturale “Diana-Bellavista”, quelli provenienti dalla località Piano la Sala, recuperati a seguito dello scavo finanziato dall’Amministrazione Prov.le di Avellino e quelli provenienti dallo scavo effettuato in località Isca del Pero di Castel Baronia, pertinenti alla facies culturale “Laterza” e infine quelli provenienti da un saggio di scavo effettuato sempre in località Addolorata e pertinenti alla facies culturale protoappeninica. Naturalmente occorrerà coinvolgere chi, nel corso degli anni, ha condotto gli scavi in queste aree ed ha maturato una grande esperienza, conosciuta ormai a livello mondiale.

2. Esporre altri reperti significativi (ce ne sono a iosa…) provenienti dagli scavi effettuati nell’ambito delle necropoli sannitiche di Serra di Marco di Castel Baronia, dell’Addolorata e di Piano la Sala di Carife (Circa 250 sepolture che vanno dalla fine del VI al III secolo a. C.

3. Ampliare la sezione romana, mediante l’esposizione di altri reperti significativi conservati nelle diecine di casse provenienti dagli scavi delle fornaci di Contrada Tierzi. Una gran quantità di reperti provenienti dalle fornaci si trovano ancora nei locali dello stesso Museo (un centinaio di casse) e sono ancora da pulire, inventariare e catalogare. Bisogna soprattutto rintracciare/ritrovare/recuperare le numerose monete recuperate nel corso dello scavo, il fallo in piombo e tanti altri piccoli oggetti, magari chiedendone ufficialmente conto e chiamando in causa l’archeologo Roberto Esposito, che ne curò e diresse l’esecuzione in località Tierzi o Palchi di Giannetta.

4. Istituire una sezione medievale, mediante l’esposizione dei reperti ceramici provenienti dalle fosse indagate lungo la ex Via Elena (ora Via Aldo Moro) e Piazza San Giovanni.

5 .Sistemare in maniera appropriata ed adeguata il PARCO ARCHEOLOGICO DELL’ADDOLORATA, tale da garantirne la fruibilità, la conservazione e, soprattutto, la sicurezza dei visitatori: alcune tombe sono crollate, altre rischiano di collassare, le staccionate sono in via di marcescenza, il cancello d’ingresso alla necropoli è a dir poco indecoroso;

6. Recuperare reperti del territorio sparsi tra il Museo Irpino di Avellino e quello di Ariano, dove è conservata la tomba con scheletro di rannicchiato e corredo funebre, pertinente alla facies culturale Laterza, recuperata ad Isca del Pero/Piani di Castel Baronia.

7. Esporre nel museo la statuetta acefala in marmo pario del dio Arpocrate fanciullo e avviare ogni azione utile a recuperarne la testa (Vedasi relazione allegata);

8. Mirare al recupero, che potrebbe non essere facile, del tesoretto monetale rinvenuto a Carife nel 1895 in proprietà di Dionigi Filomeno Capobianco, figlio del Marchese Giovanni, ed immesso nel medagliere del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Vedasi Relazione allegata).

9. Esaminare la possibilità di istituire presso i locali del museo di un punto in cui sia possibile dimostrare ai visitatori, specialmente ai ragazzi e agli studenti, come si lavorava l’argilla a Carife, nobile arte praticata nel territorio fin dalla notte dei tempi, senza soluzione di continuità, fino agli anni Ottanta del secolo scorso. In questa attività vanno coinvolte le maestranze e gli artisti locali ancora presenti ed attivi. Occorre dotare il museo un tornio, magari a pedale, e far partecipare i ragazzi alla manipolazione dell’argilla, coinvolgendoli in prima in prima persona.

10. Creare appositi percorsi didattici adatti agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado.

11. Costituire una raccolta/biblioteca di tutto ciò che studiosi ed esperti, archeologi e storici hanno scritto e pubblicato sui Sanniti/Hirpini, sugli scavi effettuati, sul territorio e sull’ambiente, in modo da offrire agli studenti, agli studiosi, ai semplici curiosi e ai visitatori del museo archeologico e di Carife un panorama completo delle conoscenze e degli studi fin qui maturati.

12 .Creare una videoteca o un sistema di proiezione che consenta di mostrare ai visitatori diapositive e momenti di scavo ed interviste ad archeologi e studiosi.

13. Creare fioriere e collocare panchine del tipo fisso davanti al palazzo museo, in modo da rendere più gradevole l’accoglienza e l’attesa dei visitatori dello stesso.

14. Creare a valle del Museo, in zona panoramica affacciata sul Centro Storico, un’area pic-nic/sosta attrezzata ed ombreggiata, in modo da consentire a chi volesse di consumare eventuali pasti/colazioni al sacco. Il tutto d’intesa con la Comunità Montana “Ufita”, che potrà pensare, con sue maestranze ed operai, all’impianto di panchine e tavoli utilizzando travetti di castagno.

15. FAVORIRE LA RIPRESA DELL’INDAGINE ARCHEOLOGICA E QUELLA DEGLI SCAVI nei siti già da tempo individuati e noti, almeno nei comuni di Carife, Castel Baronia e Guardia dei Lombardi (Villa romana di Piano d’occhio), d’intesa e di concerto con la Soprintendenza preposta, con le facoltà di archeologia delle Università della Regione, coinvolgendo Università straniere interessate ad effettuare campi scuola, ecc.

16. Sensibilizzare e coinvolgere l’intera popolazione intorno alla questione museo, da intendere come patrimonio collettivo da tutelare e valorizzare.

17. Istituire un museo della civiltà contadina, anche del tipo diffuso, sfruttando cantine o immobili di proprietà comunale (Casette asismiche, ecc.).
Per quel che riguarda il PARCO ARCHEOLOGICO DELL’ADDOLORATA si fa notare che:
-gran parte del finanziamento, nemmeno troppo esiguo, è stato purtroppo utilizzato e “divorato” per realizzare la via d’accesso basolata all’area della Necropoli, ora anche piuttosto malconcia: in occasione di forti intemperie diventa un fiume in piena e trasporta ogni sorta di detriti;
-Le tombe non sono state adeguatamente protette dalle intemperie e due di esse sono già collassate su se stesse, mentre le altre, se non si provvederà urgentemente alla loro salvaguardia, faranno a breve la stessa fine.
-Le staccionate/palizzate messe in opera sono in via di marcescenza e rappresentano oltretutto un rischio per la pubblica incolumità;
-Mancano cartelli/bacheche che illustrino tombe e necropoli: delle due apposte una sta cadendo a pezzi e l’altra ha visto la sua scritta miseramente “sparire e svanire” nel nulla…quasi fosse stata realizzata con inchiostro “simpatico”;
-Il biglietto di presentazione o, se preferite, da visita offerto ai visitatori della Necropoli/Area Archeologica è costituito da un’indecente ed indecorosa isola ecologica, collocata all’imbocco della strada che porta al sito archeologico, proprio sotto il pannello che ancora oggi “magnifica e decanta” il finanziamento ottenuto: andrebbe delocalizzata o quanto meno spostata immediatamente tra le casette asismiche, individuando uno spazio adatto, per altro presente già dall’altro lato della strada; Bisognerebbe solo ruotare la videocamera di sorveglianza;
-Occorre rendere più frequente la pulizia delle erbacce e la manutenzione delle staccionate/palizzate;
-Tutte le problematiche evidenziate si potrebbero risolvere anche mediante un contatto più frequente ed una collaborazione più fattiva con la Comunità Montana Ufita, come è doveroso che sia tra Enti che curano il territorio, al di sopra di rancori e a prescindere da faide personali, politiche o partitiche, dovute alla sete di potere e di poltrone o a conti che non tornano;
Occorre urgentemente prevedere e studiare, d’intesa con la Soprintendenza, una copertura unica per tutte le tombe, magari sostenuta da tubi innocenti o da altre strutture similari, come già avvenuto per l’abitato tardoellenistico di età romana di Chioccaglia/Fioccaglia in località San Vito di Flumeri.

Il rischio concreto e purtroppo reale che corre il nostro Museo Archeologico, vista l’assai esigua affluenza di visitatori paganti fino ad oggi e le notevoli spese di gestione, è quello di andare verso una sua inevitabile infausta chiusura appena inaugurato: ci troveremmo di fronte ad un semplice deposito di reperti, con la vanificazione di una spesa esorbitante impiegata negli anni per realizzare la struttura.
Quello sui piccoli musei, come quello di Carife, quasi tutti appartenenti ad Enti Locali, Comuni e Provincie, è un dibattito annoso che appassiona molti studiosi. Un piccolo museo, come il nostro, non può ridursi a deposito o a luogo in cui si custodiscono reperti e basta: questi, pena il fallimento e la chiusura, devono generare valore ed economia per il territorio, oltre ad occupazione.
Offriamo alcuni spunti di riflessione e qualche considerazione ricavata da diverse pubblicazioni:

1. Un piccolo museo non è una versione rimpicciolita di uno grande, ma un concetto diverso di museo, più radicato nel territorio e nella comunità locale, e un modo diverso di intendere il museo: più accogliente e più basato sulle persone;

2. Un “piccolo museo” non indica una categoria dimensionale, non è solo questione di metri quadrati, ma indica invece una modalità di gestione che richiede una cultura particolare e competenze specifiche, come quella di essere “porta di ingresso ad un territorio e alla sua storia”, narratore di luoghi, così da essere in grado di offrire esperienze originali; come è unica e ogni volta diversa, l’esperienza di immergersi nella cultura di un luogo;

3. In un piccolo museo la risorsa umana e l’accoglienza sono centrali. L’identità di un piccolo museo dipende dalle persone che ci lavorano. Chi dà vita a un museo sono le persone, chi accoglie sono le persone, chi anima, chi fa tornare i visitatori, chi divulga…; chi conserva e tutela sono le persone. Ma nelle normative si confonde l’accoglienza con il ricevimento;

4. Se non si tengono presenti questi concetti i piccoli musei non sono spinti a “emergere” e a migliorare, ma sono destinati desolatamente a chiudere i battenti;

5. E’ vitale e fondamentale stabilire il rapporto con la comunità locale, il rapporto con il territorio, la capacità di essere più accoglienti, e di offrire esperienze che immergano il visitatore nella cultura del luogo e lo invoglino a tornare, magari con amici, e ad invogliare altri a raggiungere Carife, dove ci si è trovati “bene”, nel senso pieno del termine L’Italia ha un patrimonio culturale molto ricco. Si può dire che ogni paese, anche il più piccolo, possiede testimonianze del proprio passato: castelli, ville, aree archeologiche, chiese, resti d’insediamenti, ecc. E a questa regola generale non sfugge la Baronia.
Oggi il museo non è più destinato solo alla conservazione di “OGGETTI”: esso deve fornire ai visitatori tutta una serie di servizi, per garantire una migliore qualità dell’offerta. Talvolta invece i musei diventano semplici depositi a causa dell’incapacità di garantire orari di apertura delle strutture! Il confronto fra ciò che un museo potrebbe fornire al suo pubblico e ciò che in realtà riesce a proporre introduce un nuovo tipo di gestione museale: le reti di musei. Le reti e i sistemi museali consentono alle istituzioni, indipendentemente dalla dimensione, di proporre un maggior numero di servizi, di attivare iniziative di qualità superiore, di razionalizzare i costi di gestione e i costi amministrativi, di effettuare attività di promozione e valorizzazione delle collezioni.
Il turismo, che ha una grande importanza nell’economia italiana, è ormai ampiamente connesso alle risorse culturali nazionali. Non necessariamente però la località che dispone di un notevole patrimonio culturale, diventa di conseguenza un attrattore turistico. Il patrimonio deve essere valorizzato e promosso in modo da essere conosciuto a livello nazionale ed internazionale.
E’ risaputo che le maggiori difficoltà che i piccoli musei incontrano, soprattutto quelli di carattere civico, derivano dalla scarsità di risorse finanziarie da investire nel settore, e talvolta da scarsità di personale, soprattutto specializzato. Negli ultimi anni, per far fronte a queste difficoltà, molti musei hanno iniziato a riunirsi in reti e sistemi museali, per accrescere l’offerta dei servizi culturali destinati ai cittadini e migliorarne la qualità. Le reti e i sistemi museali consentono di porre in comune le proprie risorse, di fruire di servizi comuni, con benefici anche nell’organizzazione interna dei musei. Numerose sono attualmente le esperienze di reti museali in Italia e all’estero. Normalmente, quando si parla di reti e sistemi museali, ci si riferisce ad un insieme di musei che “uniscono la propria offerta culturale facendo riferimento ad un progetto comune, per la valorizzazione del patrimonio all’interno del contesto urbano e/o del territorio” (Così recita il D.G.R. 18 settembre 2003, n. 2863 – Applicazione sussidiaria nel Veneto del Decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali del 10 maggio 2001 – Atti di indirizzo sui criteri scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei).
Il turismo legato alla presenza del nostro Museo Archeologico di recente inaugurato, può diventare il principale volano/ fattore economico per il nostro paese e non solo. Per tale ragione, ogni sforzo, ogni energia, ogni idea di sviluppo deve muovere avendo ben presente questo assunto. Innanzitutto occorre tenere presente che il fenomeno ed i flussi turistici sono in continua evoluzione e che lo stesso concetto di turismo è cambiato notevolmente perché è cambiato il turista, le sue esigenze, le aspettative e anche i criteri di scelta per un’eventuale meta di soggiorno o per una semplice gita fuori porta o escursione sul territorio.
Noi dobbiamo pensare ad un turista voglioso di conoscere la nostra storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni, di ammirare i nostri paesaggi, di immergersi nel nostro ambiente incontaminato, di aggirarsi per le stradine del paese, di meravigliarsi e di stupirsi piacevolmente della cordialità e della ospitalità della nostra gente, semplice e genuina, di stupirsi di fronte ai larghi orizzonti verso i quali lo sguardo può spaziare, di ammirare i nostri meravigliosi tramonti, aggirarsi sui sentieri della nostra Montagna. Noi pensiamo ad un turista che vuole fermarsi a scambiare quattro parole con gli anziani, che vuole meravigliarsi del saluto spontaneo e non sforzato o di circostanza dei nostri concittadini.
Dobbiamo mirare alla creazione di strutture di ospitalità diffusa in maniera organica e professionale, curando in particolare:

Promozione di un’ospitalità diffusa in maniera organica e professionale, curando in particolare:

a) L’abbellimento del paese, anche mediante la collocazione di fioriere e la creazione di balconate fiorite, chiamando a collaborare anche i cittadini, incentivandoli nelle forme dovute, conme già timidamente è stato fatto durante questo anno;
b) la realizzazione di progetti mirati con i Fondi Strutturali Europei;
c) l’organizzazione, di concerto con il Museo diocesano e con il Museo Archeologico, di progetti in grado di rendere fruibile la conoscenza della nostra millenaria storia;
d) la promozione di premi, in collaborazione con le Università di tutto il mondo, per la “Migliore Tesi” o il migliore studio su Carife, la sua storia, la sua cultura, i suoi luoghi di culto con i tesori d’arte in essi custoditi, la sua archeologia, le sue tradizioni, il suo passato, la sua gente, la sua economia, ecc.;
e) la promozione di gemellaggi con altre città italiane, europee e del Mediterraneo;
f) l’incentivazione delle associazioni culturali, soprattutto favorendo la nascita di una Pro loco qualificata e finalmente efficiente disancorata dalla politica,
g) la realizzazione di un progetto a larga scala che coinvolga i comuni limitrofi, superando i campanilismi ed i protagonismi: l’immenso patrimonio enogastronomico locale è spesso fine a se stesso ed è sconosciuto ai più;
h) la creazione di un albergo diffuso nelle tante, troppe case vuote o disabitate di questo nostro paese, chiamando a collaborare i proprietari che ne abbiano di idonee ed ammobiliate e che diano la disponibilità a percorrere tale strada, onde ricavarne un reddito atto a coprire almeno le spese, trattandosi quasi sempre di seconde case (Allacciamenti, utenze, IMU, TARI, TASI, IRPEF, ecc.).
i)la collaborazione di chi abbia già maturato esperienza, conoscenze e competenze specifiche nel settore, anche ai fini organizzativi e gestionali e voglia metterle a disposizione;
j) la creazione di strutture culturali e al contempo ricreative che realizzino un armonico inserimento del soggiorno turistico nell’ambiente naturale e ad un “passaggio obbligato” attraverso il territorio comunale, che metta in contatto il turista con le nostre attività artigianali e commerciali e con i prodotti che già fanno conoscere ed apprezzare il nostro Comune: olio, vino, prodotti di pasticceria, macellerie, manufatti delle fornaci, lavorazione del ferro, bar ed esercizi commerciali, con indubbio ritorno economico per la nostra economia, fin qui purtroppo asfittica e senza sbocchi;
k) la creazione di punti enogastronomici, coinvolgendo anche privati ed Associazioni già presenti ed attive a Carife, con l’utilizzo di prodotti esclusivamente locali, in cui far convergere le produzioni degli operatori, degli artigiani e degli imprenditori agricoli presenti sul territorio, con indubbio ritorno economico per gli stessi e per la comunità.

Bisogna realizzare quanto meno una “Carta Turistica”, il cui itinerario potrebbe partire, ad esempio, dalla “Via dei mulini” delle Bocche e del Territorio della Baronia (San Nicola, San Sossio, ecc.) con il recupero dei vecchi mulini, continuando nei territori montani in una consorziazione intercomunale su un percorso ben definito e strutturato, sull’intero contrafforte di Trevico, sul quale è raccolta la gran parte dei comuni della Baronia.

Naturalmente sarebbe fondamentale organizzare visite guidate e tour che attraversino i Comuni della Baronia, ognuno dei quali ha una sua peculiarità e specificità.

Se vogliamo insomma che il nostro Museo Archeologico non faccia la fine di tanti altri dobbiamo andare nella direzione già percorsa da altri che hanno maturato esperienza in questo settore e perseguire magari la stessa strada.

Non è più possibile improvvisare o vivere alla giornata, sperando che arrivino finalmente i turisti…da soli.