UN’IMPORTANTE RISORSA DI CARIFE E DELLA BARONIA: L’OLIO D’OLIVA

(COME SI PRODUCE, COME SI CONSERVA, COME SI USA)

CARIFE E I SUOI ULIVETI

CARIFE E I SUOI ULIVETI

olio (2)

Carife: “Ciaruolo” – Antico torchio a mano e mole di un vecchio frantoio

Carife: “Ciaruolo” – Antico torchio a mano e mole di un vecchio frantoio

PREMESSA

L’economia di Carife, come quella di tutti i paesi della Baronia, è basata prevalentemente sull’agricoltura, praticata soprattutto dagli anziani: i giovani infatti si stanno progressivamente allontanando dal mondo rurale, di cui sempre meno condividono la cultura e comprendono i problemi. Tra i prodotti agricoli pregiati del nostro territorio un posto di assoluto rilievo occupa l’olio di oliva. Il presente articolo si propone soprattutto di valorizzare e promuovere proprio questo straordinario e salutare prodotto. Occorre prima di tutto migliorarne la qualità e per raggiungere questo ambizioso obiettivo si ritiene utile dare alcuni consigli e suggerimenti, sia ai produttori sia ai consumatori, non sempre adeguatamente preparati a trattare questo delicatissimo ed indispensabile alimento. I produttori infatti spesso commettono degli errori grossolani nella concimazione dell’oliveto, nei trattamenti, nella coltivazione, durante la raccolta delle olive, durante la lavorazione e nella conservazione dell’olio. I consumatori poi spesso preferiscono a questo straordinario e salutare alimento, principe della dieta mediterranea, oli di semi di dubbia qualità o oli d’oliva di diversa provenienza, sicuramente inferiori al nostro prelibatissimo e straordinario prodotto sotto il profilo organolettico e qualitativo. L’articolo è strutturato come segue:

  • Introduzione;
  • L’olivo;
  • Dove vive, come si nutre;
  • L’esperto a scuola;
  • Produrre nel rispetto dell’ambiente;
  • Il fiore e il frutto dell’olivo;
  • Dal seme alla pianta;
  • Le malattie dell’olivo;
  • La slupatura;
  • Per toccare con mano: la visita al frantoio;
  • Raccolta delle olive e loro conservazione;
  • La molitura;
  • Acqua di vegetazione: depurazione e riciclo;
  • Il principe olio d’oliva;
  • L’olio d’oliva;
  • Effetti sulla nostra salute: la parola allo scienziato;
  • Cosa dice la legge;
  • La stabilità dell’olio d’oliva durante la cottura;
  • Esame organolettico;
  • C’è olio e olio;
  • Anche dai semi si ricava l’olio;
  • Oli di semi più usati nella nostra cucina;
  • Osserviamo la legge;
  • Domande agli esperti,
  • Consigli utili;
  • Ricette.

INTRODUZIONE

L’OLIO D’OLIVA

L’olio d’oliva è da secoli parte della tradizione agricola, produttiva ed alimentare mediterranea, che è l’area mondiale di maggior produzione e consumo.

Il suo utilizzo nell’alimentazione ha valore gastronomico e nutrizionale, ma anche affettivo e sociale, essendo parte integrante della storia e della cultura mediterranea: L’olio di oliva è presente nell’alimentazione dell’uomo fin dai tempi più antichi, in particolare nella dieta dei popoli dell’area mediterranea, a cui il mondo scientifico internazionale unanimemente fa riferimento come modello di comportamento alimentare da imitare. I nutrizionisti fanno continuamente riferimento alla ormai famosa “dieta mediterranea”.

L’olio d’oliva è per sua natura un ottimo alimento. E’ naturale ed è l’unico che proviene dalla spremitura di un frutto. Ha benefici effetti sul livello di colesterolo. Infatti, è uno dei pochi oli vegetali che aiutano a conservare il “colesterolo buono” (HDL) e a ridurre il “colesterolo cattivo” (LDL), prevenendo il rischio di patologie cardiovascolari.

Gli oli d’oliva sono ottenuti da un frutto attraverso tecniche che non incidono sulle caratteristiche del prodotto. Infatti l’olio viene estratto dalle olive con operazioni puramente meccaniche che non influiscono sulla composizione del prodotto. Inoltre l’olio d’oliva è gustoso, profumato, esalta i sapori delle vivande a cui si accosta e garantisce ricette perfette sotto il profilo gastronomico.

Carife-“Piano La Sala”: Giovane oliveto

Carife-“Piano La Sala”: Giovane oliveto

L’ULIVO: CENNI STORICI

ORIGINI E DIFFUSIONE

L’olivicoltura è praticata fin dai tempi più remoti. Il centro di origine è stata la regione tra l’Armenia e il Turkestan, da dove si sarebbe diffusa nelle aree mediterranee. Esistono reperti che attestano la coltivazione dell’ulivo a Creta tra il 3000 ed il 2500 avanti Cristo; in Egitto intorno al 2000 avanti Cristo; mentre in Palestina ed in Libia fu introdotta dai Fenici nel 900-800 a.C.. L’ulivo giunse in Italia nel I° millennio a.C. e divenne di uso comune nell’Italia romana in avanzato periodo repubblicano, tanto che anche le più lontane province venivano rifornite dalle regioni produttrici.

Antica macina di frantoio, una volta azionata da un animale

Antica macina di frantoio, una volta azionata da un animale

L’USO DELL’OLIO PRESSO I POPOLI ANTICHI

EBREI:

Presso il popolo d’Israele l’ulivo era tenuto in grande considerazione. Con l’olio venivano unti i re, i sacerdoti, i profeti. Il Signore disse a Samuele: “Alzati e ungilo. È lui!”. L’unzione, dato il valore mistico attribuito all’olio e le sue indiscusse virtù alimentari e medicinali, stava ad indicare “l’eletto”, ma anche colui che si serve dell’olio per trasferire su di sé le sue grandi proprietà.

FENICI E CRETESI:

L’olio aveva funzioni iniziatiche ed era soprattutto fonte di luce: furono proprio i Fenici infatti a diffondere l’uso della lampada ad olio (lucerna).

EGIZIANI:

L’olio, unito ad altre essenze profumate, era usato come unguento.

ROMANI:

Essi dedicarono l’ulivo a Minerva e a Giove e usavano incoronare con i suoi rami i cittadini meritevoli, gli sposi nel giorno delle nozze ed i morti prima della sepoltura. Con l’olio si ungeva la lama dell’aratro, per invocare un prospero raccolto. Con le olive si facevano conserve per tutto l’anno e in epoca imperiale facevano parte del menù delle cene più importanti ed indicavano l’inizio e la fine di queste. I Romani conservavano l’olio nelle anfore olearie.

GRECI:

Essi credevano che agitando fronde d’ulivo, sollevate verso il cielo in atto d’implorazione, si potesse scongiurare ogni pericolo. Gli atleti greci si cospargevano d’olio prima di iniziare il combattimento o la gara, perchè, in tal modo, apparivano più luminosi e belli, ma soprattutto forti e…inafferrabili! Lo strigile, attrezzo metallico ricurvo a raschietto, usato per detergere il sudore e l’olio dal corpo dopo gli esercizi ginnici, è stato rinvenuto anche in moltissime tombe sannitiche scoperte nel territorio di Carife e Castel Baronia.

VALORE SIMBOLICO E RELIGIOSO DELL’ULIVO E DELL’OLIO

Nell’antico ebraismo l’olivo rappresenta i giusti ed il popolo eletto e simboleggia la pace. Nel Cristianesimo assume un ruolo di primaria importanza: “Crisma” da cui deriva “Cresima”, la cui radice si trova anche in “Cristo” e quindi in “ Cristiano”, significa “unto” : Nella liturgia cristiana troviamo gli olii santi, benedetti dal Vescovo il giovedì santo prima della domenica di Pasqua, l’olio dei Catecumeni, quello degli Infermi ed il Sacro Crisma. Gesù stesso, accolto trionfalmente da una folla osannante che agitava ramoscelli d’olivo, iniziò la sua passione ritirandosi nell’orto, proprio all’ombra di questi alberi. Possiamo comprendere come il valore attribuito all’olio nelle antiche culture sia stato trasferito poi in questi oli sacramentali, assumendo però un significato diverso: così come l’olio rendeva “inafferrabili” gli eletti ai nemici, così l’unzione santa rende “invulnerabili” al maligno.

ASPETTI SCIENTIFICI SULL’OLIO D’ OLIVA

L’ULIVO (OLEA EUROPAEA)

L’ulivo sembra essere originario della Siria e dell’Anatolia, come sarebbe a testimonianza anche il famoso episodio biblico della colomba giunta all’arca di Noè con un ramoscello d’ ulivo nel becco. L’ulivo selvatico che è presente nei luoghi rocciosi delle coste mediterranee è noto come “oleastro”: si tratta di un arbusto dai rami spinosi e dai piccoli frutti contenenti pochissimo olio. Pianta arborea dal tronco piuttosto grosso è invece l’ulivo coltivato, le cui foglie, opposte, sono lanceolate e di colore verde cupo nella pagina superiore, argenteo in quella inferiore. Piccoli e biancastri sono i fiori, riuniti a grappoli all’ascella delle foglie; quanto ai frutti si tratta di “drupe” carnose con il seme internamente protetto dal nocciolo. L’ulivo può vivere molto a lungo (anche diversi secoli) ed ama i terreni poveri, calcarei e ciottolosi, i fondovalle ghiaiosi, purchè esposti al sole. La sua coltivazione è diffusa in tutte le zone costiere del Mediterraneo, ed anche in California, sull’altopiano del Messico, in Argentina ed in Australia; ma l’olio prodotto nel bacino del Mediterraneo non teme concorrenza per squisitezza e fragranza. La regione italiana con la più alta produzione olivicola è la Puglia, che possiede un po’ meno di un terzo degli oliveti italiani; seguono la Calabria, il Molise, la Campania, ecc.. Dice un detto popolare che l’olivo, per vivere bene, ha bisogno di cinque indispensabili “S”: Silenzio, Siccità, Solitudine, Sole e Sassi. L’ulivo non tollera l’umidità: gli si addicono esposizioni aperte e ventilate, dove non c’è nebbia persistente. Sono da escludere le esposizioni a nord, eccetto nelle zone calde del sud. Per le radici l’umidità stagnante è molto pericolosa, per questo sono importanti e necessari lavori di drenaggio e di sistemazione idraulica. Il terreno argilloso-calcareo, con buona dotazione di sostanza organica, è l’ideale per l’ulivo, anche se si adatta bene agli altri terreni. Il numero delle varietà coltivate è notevole. Si sono affermate per selezione secolare, nelle varie zone olivicole, varietà particolarmente resistenti al freddo o che erano particolarmente apprezzate dagli agricoltori per qualità e quantità di prodotto e/o di olio e per la resistenza alle malattie. La scelta delle varietà ha molta importanza, perché abbinandole si ottiene olio di migliore qualità. Nel nostro territorio sono presenti soprattutto l’Ogliarola avellinese, la Ravece e la Pervenzana; ma nei nuovi impianti si trovano anche altre varietà, tra le quali il Leccino Frantoio ed il Pendolino. L’ulivo teme un particolare insetto, la mosca olearia, che deponendo le proprie uova nell’interno dei frutti, fa sì che le larve ne divorino la polpa, rovinandole e facendole cadere. Ma delle malattie e dei parassiti dell’ulivo parleremo in seguito.

 

Carife: oliveti di Contrada Serritella

Carife: oliveti di Contrada Serritella

L’ULIVO: DOVE VIVE, COME SI NUTRE

L’ulivo ama il clima mite, dove la temperatura non scenda al di sotto di –5 gradi. Ogni fase vegetativa ha bisogno di un’adeguata temperatura:

  • Dalla mignolatura alla fioritura +10 gradi,
  • Dall’inizio della fioritura all’allegagione +15 gradi;
  • Dall’allegagione all’invaiatura +20 gradi;
  • Dall’invaiatura alla maturazione +15 gradi;
  • Dalla maturazione alla raccolta +5 gradi.

L’ulivo non ha particolari esigenze riguardo al tipo di terreno, purchè vi siano presenti alcuni elementi essenziali, come l’Azoto (N), il Fosforo (P) ed il Potassio (K). Essi sono gli elementi indispensabili e fondamentali per la vita dei vegetali, perché dalla loro presenza dipende, il più delle volte, la minore o maggiore capacità produttiva delle piante. La mancanza d’azoto nel terreno determina una difficile fioritura e la caduta del frutto prima della maturazione. Il fosforo è l’elemento indispensabile per la formazione dei semi e dei frutti. Il potassio agisce attivando le funzioni vitali dell’organismo, accrescendo le capacità di resistenza delle piante nei confronti dell’ambiente. In seguito alla fotosintesi clorofilliana si formano alcune sostanze costituite da carbonio, idrogeno ed ossigeno, detti carboidrati. Questi vengono prodotti in base alla superficie e alle attività delle foglie. Hanno grande importanza per la nutrizione e per la fruttificazione. Altre sostanze, prodotte in conseguenza della fotosintesi, sono le sostanze proteiche, costituite da idrogeno, ossigeno, azoto e carbonio.

(Rami di due varietà di leccino carichi di frutti)

(Rami di due varietà di leccino carichi di frutti)

(Rami di due varietà di leccino carichi di frutti)

(Rami di due varietà di leccino carichi di frutti)

L’OLIVICOLTURA E L’IMPIANTO DELL’ULIVETO

La sistemazione del terreno ha un’importanza fondamentale nell’impianto di un uliveto: non c’è nulla di più nocivo per l’albero che un terreno duro e asfittico (cioè senza aria e con umidità stagnante). Il terreno dovrebbe essere preparato con cura e sottoposto ad un profondo scasso, da eseguire preferibilmente su tutta la superficie, fino alla profondità di 80-100 centimetri. Se ciò non è possibile per la giacitura del terreno e/o per la convenienza economica è necessario eseguire o uno scasso lineare, realizzando fossati a trincea lunga la fila dell’impianto, o uno scasso a buca con fosse di metri 1x1x1. Il lavoro di scasso andrebbe fatto preferibilmente in maggio-giugno. Con lo scasso a trincea o a buca bisogna mettere il terreno superficiale da una parte e quello profondo dall’altra, così da poter utilizzare la porzione superficiale fertile e vitale per il primo stadio di vita della piantina, mettendola in prossimità delle radici, In tutti i casi è assolutamente necessario assicurare alle piante assenza di ristagni d’acqua, molto nocivi alle radici, tramite vespaiature, drenaggi o sistemazioni idrauliche appropriate. Nel comprensorio ufitano sono presenti fornitissimi vivai, dove si possono trovare quasi tutte le varietà, innestate o autoradicate. Quelle innestate sono da preferire se l’impianto deve essere fatto in terreni in forte pendenza. Bisogna preferisce le piantine di due anni perché costano un po’ meno e sono di più sicuro e rapido attecchimento. La scelta poi deve ricadere su quelle più rigogliose e che abbiano già la prima imbrancatura, o la prima biforcazione, tra gli ottanta e i cento centimetri. Sono da preferire le piantine della varietà “ravece”, il cui olio molto richiesto sul mercato, sta per ottenere la Denominazione d’Origine Protetta (D.O.P.) L’impianto dell’uliveto può essere fatto a quadrato o a ordine sparso. Nei nuovi impianti è diffuso l’allevamento a file. Le distanze tra le piante dipendono dalle varietà, dal sistema d’allevamento, dalla zona e da molti altri fattori. Occorre altresì che le chiome degli ulivi, quando hanno raggiunto il massimo sviluppo, non si tocchino. I moderni orientamenti consigliano una distanza oscillante tra i 5×8 metri e i 6×8 metri ( tra le 270 e le 330 piante per ettaro). Si ricorda che le piante vanno interrate e non seppellite ed il colletto non deve essere interrato per più di 4-5 centimetri. Bisogna rincalzare la terra comprimendola attorno alle radici e ricavare poi, attorno alla pianta, una piccola conca per favorire la penetrazione dell’acqua. La piantina verrà sorretta da un paletto posto a nord di essa e legato con legacci non molto stretti; si consiglia di inframezzare tutoli di granoturco tra la pianta ed il paletto per evitare il dondolio, dannoso alla pianta. Dopo l’impianto conviene sempre procedere ad un’abbondante annaffiatura per favorire l’attecchimento. Il successo dell’attecchimento si nota già dopo un mese dall’impianto e i segni caratteristici sono la scorza verdeggiante e i getti di nuovi germogli. Se la pianta ha la corteccia di colore paglierino è conveniente sostituirla. Una volta che la pianta è attecchita bisogna allevarla con arte e secondo la forma voluta, perché difficilmente potrà essere corretta in seguito. Gli esperti del settore olivicolo consigliano di non usare la fresa o la vanga negli uliveti, soprattutto nei terreni in forte pendenza: le piogge dilaverebbero il terreno facendolo scendere a valle e lasciando le radici, soprattutto quelle capillari, allo scoperto E’ meglio tagliare l’erba o utilizzare le frese particolari che fanno solo questa operazione.

Carife: Toppola allevamento a forma naturale

Carife: Toppola allevamento a forma naturale

Castel Baronia: Campo sperimentale di allevamento a “Monocono”

Castel Baronia: Campo sperimentale di allevamento a “Monocono”

Carife, Contrada “Toppola”: Tipico impianto moderno a fila

Carife, Contrada “Toppola”: Tipico impianto moderno a fila

LA POTATURA

E’ difficile dare dei consigli sulla potatura, ma solo criteri di massima, perché ogni zona olivicola ha sviluppato un proprio sistema di potatura tenendo conto delle varietà coltivate, delle caratteristiche del luogo (venti, umidità, neve, fertilità del terreno, ecc.). E’ possibile diventare buoni potatori osservando le persone più esperte che operano nella zona (senza sopravvalutare i loro consigli empirici), acquisendo le nozioni di base che regolano la crescita e la produzione della pianta e maturando sul campo una propria buona esperienza pratica. L’obiettivo della potatura deve essere quello di mantenere la piena efficienza della chioma, regolare l’accrescimento e la distribuzione dei rami a frutto in rapporto anche alla tecnica di raccolta, favorire un’ elevata circolazione dell’aria e una buona esposizione alla luce della chioma, ridurre gli eccessi di produzione per controllare il fenomeno dell’alternanza produttiva. Nei primi anni di allevamento (fase di accrescimento della pianta e di produzione crescente) la potatura sarà contenuta; nella fase adulta (produzione a regime) sarà di media intensità, durante la fase di invecchiamento sarà più energica.

Carife,  Contrada “Ciaruolo”: Ulivi dalla forma caratteristica

Carife, Contrada “Ciaruolo”: Ulivi dalla forma caratteristica

Tutti comunque, anche se inesperti, possono asportare in qualunque momento dell’anno i succhioni ( o i “lupi” come li chiamano a Carife), ossia i polloni vigorosi che assorbono, per la loro favorevole posizione, grandi quantità di linfa senza produrre frutti e a detrimento delle rimanenti parti della pianta; (succhione deriva da succhiare). L’ulivo si può riprodurre o moltiplicare con seme (bisogna poi fare l’innesto), mediante talea o polloni, da prelevare dalla pianta o alla base di essa. Ovviamente anche l’ulivo può essere innestato con varie tecniche, tra cui le più usate sono quelle a spacco, a pezza o a scudetto, a corona e ad occhio.

Carife: Uliveti in Contrada “Giuliano”

Carife: Uliveti in Contrada “Giuliano”

IL TERRENO AGRARIO

Il terreno agrario si può considerare come un laboratorio biochimico che realizza il primo anello della catena alimentare. I concimi inorganici, se somministrati a lungo, possono sterilizzare il terreno, cioè possono uccidere microrganismi che rendono vivo il terreno e consentono i processi biochimici necessari a renderlo adatto alla coltura. Il terreno agrario deve contenere batteri aerobi per essere reso organico. Lo sapevate che un centimetro cubo di terreno deve contenere da 4 a 8 milioni di batteri? Se si abbassa questa quantità il terreno si impoverisce. Il terreno adatto per l’olivicoltura deve essere “franco”, cioè di medio impasto, sciolto o compatto. L’olivo è una pianta “calciofila”, ama cioè il terreno calcareo e proprio per questo vive meglio in zone pietrose. Non dovete mai dimenticare che la pianta è un organismo vivente, in grado di svolgere una funzione essenziale di cui non è capace l’uomo: trasformare la sostanza inorganica in sostanza organica. Come tutti gli essere viventi la pianta si diffonde e produce il FRUTTO, rendendo così possibile il proseguimento della specie.

IL FIORE E IL FRUTTO DELL’ULIVO

Dalla fecondazione dell’ovulo, contenuto negli organi fiorali, trae origine il frutto. Esso è una drupa nella quale distinguiamo all’esterno un rivestimento membranoso chiamato buccia o epicarpo. All’interno troviamo una polpa carnosa o mesocarpo e un nocciolino legnoso o endocarpo, nel quale è contenuto il vero seme, con il relativo embrione. La cascola, cioè la caduta prematura o anticipata dei frutti, è un fenomeno abbastanza frequente negli ulivi e talvolta può assumere proporzioni considerevoli. Questa ed altre cause determinano una scarsa fruttificazione, anche in seguito ad un’ abbondante fioritura . Meno del 10% dei fiori diventa frutto maturo. Fra le cause più frequenti della cascola emergono i danni prodotti dal clima e dagli agenti atmosferici, oltre a mancanze proprie della pianta stessa. Per evitare la cascola occorre somministrare alle piante concimi azotati prima dell’inizio della fioritura, effettuare trattamenti antiparassitari e curare la potatura e la razionale sistemazione dei terreni. Nell’ulivo, come nelle altre piante da frutto, si notano periodi di scarsa produzione (scarica) alternati a periodi di forte produzione (carica).

PRODURRE NEL RISPETTO DELL’AMBIENTE

L’uso irrazionale ed eccessivo di insetticidi e pesticidi danneggia gravemente il ciclo biologico del sottosuolo e delle acque, uccidendo anche specie animali utili e provocando inquinamento. Inoltre alcuni insetti hanno acquisito capacità di resistenza tali da rendere l’uso degli insetticidi inefficace e dannoso. Oggi si cerca di intervenire in modi diversi, fra cui:

  • La lotta guidata, che tiene conto del ciclo biologico degli insetti e del meccanismo d’azione dei fitofarmaci (medicine delle piante);
  • La lotta integrata, che associa l’uso dei prodotti chimici con altri fattori biologici, agronomici, ecc.;
  • La lotta biologica, che consiste nell’utilizzare tecniche basate sull’azione di organismi biologici antagonisti e sul mantenimento della giusta composizione del terreno agrario, dove le colture vengono avvicendate.

LE PRINCIPALI MALATTIE DELL’ULIVO

Anche l’ulivo, come ogni altra specie di pianta, è soggetto ad ammalarsi. Le cause che possono alterare la fisiologia dell’albero si possono dividere in due gruppi: Non parassitarie (dovute alle condizioni ambientali e climatiche sfavorevoli), Parassitarie (provocate dall’azione di parassiti animali o vegetali).

ALCUNI ESEMPI DI PARASSITI

LA TIGNOLA DELL’ULIVO

L’adulto è una piccola farfalla di colore bianco cinerino. I danni più gravi sono causati dall’ultima delle sue tre generazioni, che provoca la caduta delle olive. In inverno diventa un bruco.

LA MOSCA DELLE OLIVE

E’ certamente l’insetto più dannoso per gli olivicoltori, specie nelle regioni meridionali; le più pericolose sono le femmine, che sono più grosse dei maschi e depongono le uova in un piccolo arco di tempo: Dei danni che essa produce si è parlato in precedenza. La lotta si esegue con trattamenti periodici e con appositi prodotti durante tutto il periodo di formazione dei frutti (Il prodotto più usato è il ROGOR L 40). Nel corso di questo 2014 la mosca ha prodotto notevoli danni e l’annata è stata tra le più scadenti, sia come quantità che come qualità di olio prodotto.

L’OZIORRINCO

E’ anch’esso un coleottero che, pur essendo non molto diffuso, causa danni alle giovani foglie d’olivo, erodendone i margini e producendo la caratteristica dentellatura.

LE COCCINIGLIE

Tra le maggiori troviamo la gobbo-carenata, che attacca le gemme, causando la deformazione delle foglie e la cocciniglia tubercolata; la femmina è ricoperta da uno scudetto semicircolare e ha colore giallo.

MALATTIE DOVUTE A FUNGHI

Le più importanti malattie causate dai funghi sono: L’OCCHIO DI PAVONE: Le foglie presentano macchie somiglianti vagamente all’occhio del pavone e, quando ne sono colpite, cadono, lasciando l’albero spoglio e compromettendone la produzione. Il rimedio più usato è quello di pompare ripetutamente gli alberi con solfato di rame (verderame) , al risveglio di primavera.

Ulivi colpiti dall’occhio di Pavone con conseguente perdita del fogliame (Piano la Sala)Ulivi colpiti dall’occhio di Pavone con conseguente perdita del fogliame (Piano la Sala)

Ulivi colpiti dall’occhio di Pavone con conseguente perdita del fogliame (Piano la Sala)

Ulivi colpiti dall’occhio di Pavone con conseguente perdita del fogliame (Piano la Sala)

Ulivi colpiti dall’occhio di Pavone con conseguente perdita del fogliame (Piano la Sala)

LA FUMAGGINE: Foglie e rami colpiti si presentano di colore nerastro ed appicicosi. Per la cura di questa malattia, molto diffusa anche da noi, si consiglia di fare ricorso ad esperti del settore, che sapranno indicare i rimedi più efficaci;

LA CARIE O LUPA: Si presenta sul tronco e lo altera nella sua struttura legnosa; bisogna asportare, con apposi attrezzi, le parti secche e marcescenti.

LA ROGNA DELL’ULIVO. E’ una malattia dovuta ad un batterio che penetra nella pianta attraverso ferite e lesioni prodotte dal gelo, dai tagli e dai traumi. Sui rami e sui piccioli fogliari si formano degli ingrossamenti prima verdi e lisci, poi rugosi e bruni. Il ramo colpito cresce male e può seccare completamente. La lotta deve essere di tipo preventivo. Bisogna disinfettare le ferite della pianta attraverso cui possono penetrare i batteri responsabili della rogna con solfato di rame; i rami colpiti devono essere asportati e bruciati. Poiché questa malattia è molto contagiosa si raccomanda di disinfettare bene gli attrezzi di potatura, passandoli sulla fiamma e di evitare di produrre traumi e ferite alle piante con le scale quando si raccolgono le olive. La rogna colpisce maggiormente le piante della varietà “ravece”.

Carife, Serritella: Rami della varietà “ravece” colpiti dalla rogna in un uliveto gravemente danneggiato, in precedenza, da una violenta grandinata

Carife, Serritella: Rami della varietà “ravece” colpiti dalla rogna in un uliveto gravemente danneggiato, in precedenza, da una violenta grandinata

LA SLUPATURA

Con questa importante operazione si ridà vita agli oliveti invasi dalla carie o lupa, che ne provoca l’irrimediabile deperimento, rendendoli improduttivi ed incapaci di beneficiare delle altre cure colturali. La slupatura si pratica dopo i grandi freddi. Per eseguirla a regola d’arte, occorre fare uso di una numerosa serie di attrezzi, tra i quali quelli comunemente più usati sono:

1. Scalpello a taglio curvo; 2-3 Paletti con sgorbia; 4. Raschino; 5 Pennato o roncola; 6. Segaccio; 7. Ascia; 8. Forbice; 9. Malimpeggio o Male e peggio; 10-11 Piccole asce, 12-13 Malimpeggio o male e peggio di tipo diverso dal precedente.

Gli attrezzi occorrenti per la slupatura.

Gli attrezzi occorrenti per la slupatura.

Il tronco in secondo piano ha subito la “Slupatura”

Il tronco in secondo piano ha subito la “Slupatura”

LE PRINCIPALI OPERAZIONI

La raccolta delle olive si fa sia a mano (Brucatura) che con gli appositi pettini o rastrelli: Sotto le piante si stendono teli e reti di plastica variopinti: c’è un grande movimento, si parla, si canta, si fanno pettegolezzi, ci si innamora…Una volta raccolte le olive vengono messe in cassette ben aerate, ma c’è ancora chi le mette in antigienici sacchetti di plastica. Bisogna fare molta attenzione a non ammaccare le olive e a non maltrattarle. Esse vengono poi portate al frantoio, per la molitura. Al frantoio vengono scelte le foglie e le olive vengono messe sotto le molazze, per essere triturate e ridotte in poltiglia. Questa operazione si chiama frangitura. La pasta delle olive, unitamente al mosto oleario, viene messa nei fiscoli, che vengono impilati sotto potenti presse idrauliche. Dalle presse esce un liquido costituito da olio ed acqua di vegetazione. Con una centrifuga/separatore viene separata l’acqua di vegetazione dall’olio: il biondo oro è finalmente pronto per una saporitissima e fragrante bruschetta! Dal residuo solido della molitura, detto sansa, si ricava inoltre, con procedimenti diversi, ancora altro olio. Il residuo finale viene impiegato per il riscaldamento domestico, con ottimi risultati.

le presse

le presse

carrello

carrello

mole

mole

LA RACCOLTA DELLE OLIVE E LA LORO CONSERVAZIONE

Gli ulivi non hanno una contemporanea maturazione: ci sono diverse varietà di piante e quindi essa può essere precoce o tardiva. Il periodo di maturazione si avverte con l’invaiatura, quando le olive cominciano a prendere colore. In genere la massima quantità d’olio si ricava quando le drupe sono ben mature ma, il più delle volte, la raccolta viene anticipata perché le olive che restano possono essere danneggiate dagli agenti atmosferici. Abbiamo già detto in precedenza che la raccolta delle olive si può praticare in diversi modi: con le mani (BRUCATURA), scuotendo i rami (SCUOTITURA) o battendo le piante con canne o pertiche (ABBACCHIATURA) o facendo passare sul ramo un pettine che provoca il distacco della drupa. Oggi è molto praticata la raccolta meccanica, che ha preso piede anche qui da noi. Le olive in attesa della molitura vanno conservate, per brevissimo tempo, in contenitori adatti e in ambienti ben areati.

Si raccolgono le olive…

Si raccolgono le olive…

LA MOLITURA

Tutti i metodi di estrazione di olio dalle olive richiedono che queste vengano frantumate e ridotte in una pasta da cui sia facile estrarre il liquido, mescolanza di acqua ed olio, detto mosto oleoso. Con la molitura si separa l’olio dall’acqua di vegetazione. Una buona molitura deve pertanto disintegrare bene la polpa, ma non deve sminuzzare troppo il nocciolo, altrimenti si creerebbe un difficile drenaggio del mosto oleoso. I frantoi a molazze compiono un’ottima molitura; infatti i noccioli sono rotti solo grossolanamente, mentre la polpa viene profondamente triturata fra le molazze. Per questioni di spazio e di tempo si preferisce eseguire la molitura con i frangitori, che sono molini ad urto con capacità lavorativa molto maggiore e costano e consumano di meno. Il lavoro è rapido e continuo, ma molto imperfetto perché queste macchine compiono soltanto una grossolana frantumazione delle olive, senza rimescolamento. Ai frangitori occorre perciò accoppiare sempre una macchina impastatrice: la gramolatrice, che svolge quel rimescolamento della pasta, indispensabile per un’ estrazione migliore. I frangitori sono di vario tipo: a cilindri, a rulli e a martelli. Nello schema di frantoio qui illustrato si distinguono il piatto, con l’albero centrale azionato da un sistema di ingranaggi che muove due molazze; fra le molazze si osserva una delle pale che raccolgono e rimescolano la pasta. In basso l’organo motore.

olive (22)

ACQUE DI VEGETAZIONE DEI FRANTOI OLEARI: LA DEPURAZIONE E IL RICICLO

Durante il periodo della molitura i frantoi producono una notevole quantità di rifiuti che contengono una forte concentrazione di sostanza organica. Per risolvere l’inquinamento da frantoio occorre recuperare la sostanza organica attraverso la depurazione o mediante tecnologie atte a recuperarla e riciclarla, soprattutto attraverso la produzione di biomasse. Il processo per la depurazione delle acque di vegetazione avviene utilizzando le acque di frantoio per la coltura di miceli di funghi saprofiti eduli, chiamati Pleurotus. Con l’introduzione di Pleurotus nelle acque di vegetazione di frantoio si ottiene una quantità di micelio capace di fruttificare creando una fungaia. Un impianto pilota sta conducendo questa sperimentazione con buoni risultati.

IL “PRINCIPE” OLIO D’OLIVA

L’olio d’oliva è il prodotto più rappresentativo della “dieta mediterranea” e dell’agricoltura italiana. La legge emanata nel 1960 stabilisce due principi fondamentali: l’olio d’oliva non deve avere un’acidità superiore a determinati valori e non deve rivelare “odori disgustosi, come di rancido, di putrido, di fumo, di muffa, di verme o simili”. A sostegno di questi due principi la legge ha posto pene severissime che, in caso di trasgressione, comportano sia la reclusione fino ad un anno, sia la multa fino ad un milione di vecchie lire per ogni quintale d’olio non rispondente alle caratteristiche normative. L’intransigenza legislativa è motivata dalla volontà di difendere un prodotto italiano tipico, per le cui qualità e proprietà nutrizionali si deve avere il massimo rispetto e nessuna tolleranza. In altre sentenze la Corte di Cassazione si spinge a definire l’olio d’oliva “ olio principe” e a stabilire che non si può neanche vendere un olio d’oliva con la denominazione “olio di semi”; che basta un odore disgustoso dell’olio d’oliva per far scattare le pene; che si può indicare la provenienza dell’olio in etichetta, ma non si può chiamare “tipo ligure” un olio che non è ligure, anche se molto simile.

L’OLIO D’OLIVA

L’olio d’oliva è tra tutti gli oli commestibile il più apprezzato nel campo alimentare. Esso è facilmente digeribile per la sua particolare composizione lipidica. La presenza in esso di sostanze aromatiche stimola l’appetito e la secrezione gastrica. L’olio d’oliva viene distinto in base a diversi fattori, tra i quali il grado di acidità. Al riguardo la legislazione italiana distingue:

DENOMINAZIONE PERCENTUALE DI ACIDITA’ IN ACIDO OLEICO
OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA 1%
OLIO VERGINE D’OLIVA 2%
OLIO D’OLIVA 1,5%
OLIO DI SANSA D’OLIVA 1,5%

 

L’ESAME ORGANOLETTICO

Questo esame viene effettuato dall’assaggiatore che, come il sommelier per il vino, è un esperto conoscitore dell’olio d’oliva. L’assaggiatore si presenta all’assaggio digiuno; a volte prima mangia uno spicchio di mela, che pulisce la bocca senza alterare il sapore dell’olio.
L’esame si svolge in questo modo:

  • Per prima cosa l’assaggiatore osserva il colore dell’olio che deve corrispondere alle caratteristiche di provenienza;
  • Quindi ne fiuta l’odore: se deve esaminare più oli, parte da quello meno odoroso;
  • Poi mette in bocca con un cucchiaio (possibilmente d’argento) una piccola quantità d’olio, lo distribuisce su tutta la lingua e lo sbatte in ogni angolo della bocca. Infine lo sputa. A questo punto è in grado di indicarne il gusto.

Per questo si usa una terminologia particolare, ad esempio:

Sapore di carciofo apprezzato
Sapore di mandorlato apprezzato
Sapore di liscio non apprezzato
Sapore di biancardo apprezzato
Sapore di acido fenico non apprezzato
Sapore di foglia, etc. non apprezzato

Questi termini corrispondono ciascuno a particolari caratteristiche dell’olio, dovute sia alla qualità delle olive, sia al processo di produzione, sia alla presenza di aromi… poco gradevoli presi a prestito, purtroppo, dal sensibilissimo olio.

 

 

ANCHE DAI SEMI SI RICAVA OLIO…

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Molte piante producono semi dai quali si ricavano oli, che vengono utilizzati nella nostra cucina.
Gli oli di semi sono grassi puri, come gli oli d’oliva; la loro composizione è molto varia, ma la caratteristica comune è quella di contenere molti acidi grassi insaturi, tra cui alcuni essenziali, come l’acido linoleico. Come tutti gli oli vegetali, non contengono colesterolo, che è invece presente nei grassi animali. Il processo di estrazione degli oli di semi si divide in due fasi:

1) Estrazione per spremitura e con solvente.
2) Rettificazione: questa fase è obbligatoria per legge e serve ad eliminare gli effetti negativi dovuti a trattamenti con solventi chimici, che estraggono non solo l’olio ma anche altre sostanze indesiderate.

OLI DI SEMI PIU’ USATI NELLA NOSTRA CUCINA

Olio di arachide: è il più simile all’olio d’oliva; può essere usato nelle fritture perché abbastanza stabile;

Olio di girasole: può essere usato a crudo; non resiste alle temperature di frittura;

Olio di mais: deve essere usato soprattutto crudo, come l’olio di girasole;

Olio di soia: è poco conservabile perché si ossida facilmente e non è adatto alla frittura perché si altera subito;

Olio di semi vari: è il più scadente fra gli oli di semi, perché è formato da una miscela di oli che generalmente non vengono dichiarati, e spesso sono gli oli più economici, quali quelli di soia e di colza.

Attenzione: la legge fissa il contenuto in olio di colza ad un massimo del 5%, perché questo, in percentuale più elevata, è ritenuto nocivo per la salute.

ED ORA QUALCHE UTILE CONSIGLIO:

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  • Raccogli le olive quando sono mature al 50%, disponile in cassette aerate da tutte le parti e portale immediatamente al frantoio, senza maltrattarle;
  • Non mettere il tuo olio in contenitori di plastica, nemmeno per poco tempo;
  • Conserva l’olio in recipienti di acciaio o di vetro scuro, al riparo dalla luce, dalle fonti di calore e di rumore;
  • Tieni ben chiusi i recipienti perché l’olio assorbe gli odori e, al contatto con l’aria, si trasforma e perde molte qualità;
  • Travasa l’olio dopo un paio di mesi dalla molitura delle olive per liberarlo dalla morchia o posa;
  • Usa l’olio d’ oliva anche per le tue fritture: otterrai risultati eccellenti!

DUE RICETTE PER CONSERVARE LE OLIVE:

OLIVE VERDI IN SALAMOIA:

  • Raccogliete delle olive verdi non molto mature, preferibilmente della varietà “Ravece”; (vanno bene anche le “Ascolane” e le olive della varietà “Ortolana”);
  • Immergetele in un grande barattolo di vetro pieno d’acqua;
  • Aggiungete una quantità di sale tale da far galleggiare un uovo freschissimo (fate la prova);
  • Chiudete il barattolo e riponetelo in dispensa. Le olive potranno essere consumate a partire da alcuni mesi.

OLIVE NERE SOTT’OLIO:

  • Sistemate in un cestello di vimini le olive nere ben mature e scelte (vanno bene tutte la varietà);
  • Cospargetele di sale;
  • Scuotete di tanto in tanto il cestello in maniera da mescolare le olive; il sale farà fuoriuscire l’acqua di vegetazione e le olive si vedranno più aggrinzite (l’operazione durerà circa 40 giorni);
  • Immergetele in acqua tiepida (per lavarle);
  • Scolatele e fatele asciugare al sole;
  • Una volta asciutte conservatele in barattoli chiusi ben cosparse d’olio. Se preferite potete aggiungere qualche spicchio d’aglio e dell’origano. Qualcuno aggiunge anche del peperoncino e/o dei pezzetti di buccia d’arancia.

OLIVE “RAVECE” CURATE CON LA SODA CAUSTICA:

  • Scegliete accuratamente le olive della varietà Ravece quando sono ancora poco mature (meglio se ancora verdi); Non ammaccatele durante la raccolta;
  • Sciogliete in un secchio proporzionato alla quantità di olive da curare ed in acqua tiepida 20 grammi di soda caustica a scaglie (la vendono nelle Ferramenta) per ogni Chilogrammo di olive. Occore fare molta attenzione perché la soda è assai pericolosa;
  • Mettete nel secchio le olive (FATE MOLTA ATTENZIONE AGLI SCHIZZI!);
  • Aggiungete acqua fresca fino a ricoprire le olive e mescolate a lungo;
  • Ponetevi sopra un piatto capovolto, in modo da tenere affondate tutte le olive e lasciatele nel recipiente per 24 ore, rimuovendole ogni tanto;
  • Dopo 24 ore esatte scolatele, risciacquattele accuratamente e ripetutamente
  • Riempite il secchio di acqua fresca fino all’orlo e cambiatele spesso durante il giorno; se preferite lasciatele sotto l’acqua corrente e scaricheranno prima l’amaro e la soda (Ci vogliono almeno un paio di giorni: dipende dalla frequenza dei risciacqui);
  • Salate le olive con una generosa manciata di sale grosso: servirà ad indurire le olive diventate nel frattempo molli e ad insaporirle;
  • Si possono conservare per più giorni in frigo, cambiando anche l’acqua;
  • Mangiate con il pane sono una vera squisitezza.

ED ORA ALCUNE DOMANDE AGLI ESPERTI…

QUANTI SONO I TIPI DI OLIO D’ OLIVA?

Dal 1990, da quando cioè l’Italia si è adeguata alle normative CEE, gli oli d’oliva vengono classificati in 6 categorie. Oli d’oliva vergini sono gli oli ottenuti tramite pressione dei frutti e si distinguono in olio extra vergine d’oliva, il migliore, la cui acidità non deve superare l’1%, e olio di oliva vergine, che ha acidità massima pari al 2%. Vi sono, inoltre, altri oli vergini non ammessi al consumo, come l’olio d’ oliva vergine corrente e l’olio di origine vergine lampante. Le altre categorie sono di trascurabile valore gastronomico (nel caso dell’olio d’oliva e dell’’olio di sansa di oliva) o non sono ammessi al consumo diretto (nel caso dell’olio di oliva raffinato, dell’olio di sansa d’oliva greggio e dell’olio di sansa di oliva raffinato).

L’OLIO D’OLIVA FA BENE ALLA SALUTE?

E’ stato accertato da centinaia di ricerche condotte in tutto il mondo che l’olio d’oliva aiuta a ridurre le patologie cardiovascolari e che ha molti effetti positivi sulla salute. L’olio d’oliva, oltre a ridurre il colesterolo cattivo e pericoloso, ha effetti benefici su altre malattie, come il diabete, riducendo così il rischio di arteriosclerosi e le patologie coronariche. Esso determina effetti benefici sulle funzioni gastrointestinali e inoltre è ricco di antiossidanti.

QUANDO S’ INIZIO’ AD USARE L’OLIO COME CONDIMENTO?

Nell’area della cultura mediterranea, fin dalla notte dei tempi.
Il codice del Re babilonese Hammurabi (circa 1760 anni prima di Cristo) riporta regole per la commercializzazione dell’olio d’oliva. Gli Egiziani lo usavano, i Greci lo diffusero in tutte le loro colonie del Mediterraneo, I Romani avevano una specie di “borsa dell’olio d’oliva”, nella quale si distinguevano cinque categorie di olive, a seconda del grado di maturazione e di sanità; nel Medioevo molti ordini monastici, tra i quali i Benedettini, furono attenti continuatori della coltura di ulivi, dopo un periodo di parziale eclissi durante le invasioni barbariche. Oggi l’olio d’oliva è condimento diffuso anche al di fuori delle zone tradizionali di produzione, grazie sia alle sue caratteristiche organolettiche, sia alla sua salubrità universalmente riconosciuta.

COME AVVIENE IL PROCESSO DI PRODUZIONE?

Le olive vengono raccolte e inviate al frantoio dove sono sottoposte a mondatura, cernita ed eventualmente lavatura. Seguono poi la frangitura e la spremitura, fasi essenziali dell’estrazione dell’olio extravergine, eseguite con modalità e macchinari vari.
Nella lavorazione classica le olive, poste sotto le molazze di granito, vengono ridotte in una pasta, da cui si ricava il 60/70 % dell’olio totale misto ad acqua, il mosto di prima spremitura. La separazione dell’olio dal mosto può essere realizzata sia per decantazione che per centrifugazione.

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QUANTE OLIVE CI VOGLIONO PER PRODURRE UN LITRO D’ OLIO?

Molto dipende dai siti e dalle varietà. Ci vogliono comunque circa 5 Kg di olive per produrre un Kg d’ olio. Si ricordi che il peso specifico dell’olio è inferiore a quello dell’acqua: ci vogliono circa 110 litri di olio per farne 100 chilogrammi.
Il residuo solido della spremitura, detto sansa, può venire trattata con solventi chimici e dare ancora olio per una percentuale del 10 % del suo peso, oppure, dopo essere stata privata dei residui duri dei semi, può essere usata come mangime per il bestiame.

COME SI LAVORANO LE OLIVE?

Oggi vi è una diffusa meccanizzazione applicata ai metodi tradizionali.
Le olive, una volta raccolte, vengono defogliate, lavate e poi passate alla frangitura, che consente la frantumazione della polpa e dei noccioli; si esegue con le molazze o con i più moderni e rapidi frangitori a martelli.
La molazza è l’antica macina con grandi ruote di pietra, che preparano un’ottima pasta, lacerando a fondo la polpa dei frutti e frantumando i noccioli nel modo adatto. I frammenti dei noccioli facilitano la separazione della parte liquida della pasta da quella solida, denominata sansa. La pasta di olive ottenuta viene sottoposta quindi ad un continuo e lento rimescolamento. Questa operazione ha la funzione di rompere le emulsioni acqua-olio che si formano durante la frangitura, facilitando la successiva estrazione dell’olio stesso. La fase di estrazione porta alla separazione della pasta nelle sue tre componenti: olio, sansa ed acqua. La fase di estrazione può avvenire con sistemi diversi: per pressione (metodo tradizionale che oggi si esegue con potenti presse idrauliche, capaci di raggiungere 400/500 atmosfere), con sistema continuo per centrifugazione e con il sistema del percolamento (sistema continuo che non richiede la diluizione della pasta con l’acqua).

Un moderno frantoio a ciclo continuo

Un moderno frantoio a ciclo continuo

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE SPECIFICHE DELL’OLIO EXTRAVERGINE?

L’olio d’oliva posto in commercio con la denominazione di “olio extravergine” è un olio prodotto esclusivamente con operazioni meccaniche di spremitura ed estrazione, dalle caratteristiche organolettiche conformi alla legislazione comunitaria, senza difetti e di gusto fruttato, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo dell’1 %.

COME SI RICONOSCE UN BUON OLIO?

Premesso che tutti gli oli d’oliva sono buoni, essi possono presentare colori, sapori e odori diversi, in quanto i loro componenti variano in base ai tipi di pianta, al processo di produzione, al metodo di frangitura e ad altri fattori.
Il colore dal verde al giallo oro, l’odore e il sapore gradevoli, la provenienza, il prezzo, stanno ad indicare un olio buono. Certamente il colore e la trasparenza, tipiche dell’olio d’oliva, sono un buon segno di riconoscimento

Carife: Ulivi sotto la neve

Carife: Ulivi sotto la neve

Oliveti di Carife – Serritella

Oliveti di Carife – Serritella

Oliveti di Ciaruolo in agro di Carife

Oliveti di Ciaruolo in agro di Carife

MAGGIORE DENSITA’, COLORE PIU’ INTENSO SONO CARATTERISTICHE DI UN OLIO PIU’ GENUINO?

Non necessariamente. Sono caratteristiche della zona di produzione. Per quanto riguarda il colore, le olive sono frutti con moltissime varietà che danno all’olio colore e trasparenza diversi.
Il colore dipende dalla qualità della clorofilla, ossia dal grado di maturazione al momento della raccolta.

QUAL E’ LA DURATA DELL’OLIO D’OLIVA?
PER QUANTO TEMPO SI CONSERVA?

Secondo la Direttiva Comunitaria n. 79/112 del 18 dicembre 1978, la data di scadenza dell’olio deve essere indicata sull’etichetta e normalmente essa varia dai 12 ai 18 mesi.
In realtà l’olio d’oliva, in alcuni casi, può essere conservato anche più a lungo, purchè in ambienti con variazioni di temperatura non eccessive e protetto dalla luce, dall’aria e dal calore.

COME SI CONSERVA L’OLIO D’OLIVA?

In ambiente possibilmente fresco e a temperatura costante, ma soprattutto al riparo dalla luce. Se il buio non è possibile, e i recipienti sono trasparenti, bisogna avvolgerli in un foglio d’alluminio, parte lucida all’esterno. Vetro e ceramica sono i materiali migliori per i recipienti, ma anche i contenitori in acciaio inossidabile sono ottimi.

MODERNO ED ANTICO

MODERNO ED ANTICO

Contenitori moderni in acciaio INOX

Contenitori moderni in acciaio INOX

Anfora Pugliese

Anfora Pugliese

Antichi contenitori in pietra favaccia (vasche) e in argilla (F’sine)

Antichi contenitori in pietra favaccia (vasche) e in argilla (F’sine)

CON QUALI CIBI SI SPOSA MEGLIO L’OLIO D’OLIVA?

Con le verdure sia crude che cotte, con il pesce, sia di mare che d’acqua dolce, con le carni bianche, con il pollame, con il maiale, con carni ovine e caprine, con le uova. Perfino molti latticini, dalle mozzarelle ai caprini francesi, sono ottimi conditi con l’olio d’oliva.
L’olio è indispensabile poi per preparare sughi, salse, primi piatti ed ha la proprietà di assorbire le fragranze e pertanto viene spesso abbinato alle erbe o alle verdure aromatiche, per valorizzarne profumi e sapori: il “pesto ligure” è un rappresentativo esempio.
Va impiegato preferibilmente crudo.

L’OLIO D’OLIVA VA BENE PER FRIGGERE?

Sì anzi, è uno dei migliori grassi da frittura. L’olio d’oliva è un grasso adatto a cuocere, perché resiste a temperature elevate: poiché consente cotture a temperature quasi doppie di quelle dell’acqua bollente, esso viene utilizzato per friggere; ha la capacità di accumulare in pochissimo tempo molto calore, senza fumare; Il “punto di fumo” dell’olio d’oliva si situa ben oltre i 200 gradi centigradi, una proprietà questa che non molti altri grassi da frittura offrono, come ad esempio gli oli di semi. Si chiama “punto di fumo” il punto nel quale un grasso si altera per il calore, generando composti di cattivo sapore, e in qualche caso tossici. L’olio contiene poi delle sostanze che proteggono, sia pure parzialmente, gli acidi grassi dall’ossidazione, il che lo rende capace di sopportare temperature elevate per tempi prolungati. L’olio d’oliva, come quello di semi, impedisce al cibo di attaccarsi al tegame di cottura e conferisce ad esso parte del suo sapore. La superficie dell’alimento che frigge viene privata dell’acqua in tempi brevi dalla temperatura dell’olio, mentre nella sezione interna rimane una quantità variabile d’acqua. Tale umidità fuoriesce nel corso della frittura, ricoprendo con minuscole bollicine il cibo ed ostacolando in tal modo l’ingresso dell’olio nelle fibre dell’alimento stesso: di conseguenza, un cibo fritto in modo da mantenerne una giusta umidità interna risulta asciutto e non unto.

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L’OLIO DELLA FRITTURA PUO’ ESSERE RIUTILIZZATO? QUANTE VOLTE?

Può essere riutilizzato.
Il numero di volte dipende dal tipo di frittura. Se si frigge in padella a temperatura elevata si può utilizzare solo 2 volte, 4 se si frigge a temperatura bassa e media. Se si usa una friggitrice (perché ha un bacino apposito per la raccolta delle scorie di frittura perché non brucino nell’olio) si va, a seconda delle temperature, da 4 a 7 volte.

COME SI RIPONE L’OLIO D’OLIVA PER POTERLO RIUTILIZZARE?

Va trasferito dalla padella ad una ciotola e lasciato decantare, cosicché le impurità, i residui di frittura, si depositino sul fondo. Poi va filtrato con un setaccio fine e tenuto al fresco (ma non in frigorifero) in un recipiente coperto.
Due importanti attenzioni o raccomandazioni:

  • Riutilizzare l’olio solo per una frittura analoga alla precedente: se di pesce con pesce, se di verdura per un altro fritto di verdura, e così via;
  • Non aggiungere olio fresco a un olio riutilizzato, ma lasciare che questo

esaurisca da solo il suo ciclo d’impiego.

PICCOLO VOCABOLARIO:

AEROBO: Microrganismo che ha bisogno dell’aria per vivere;

ALLEGAGIONE: Il passaggio dal fiore al frutto;

CASCOLA: Caduta prematura di gemme fiorifere e vegetative, di fiori e di frutti per cause organiche, climatiche o parassitarie;

DRUPA: frutto che non si apre quando è maturo con epicarpio membranoso, mesocarpio carnoso ed endocarpio che si lignifica (nocciolo) contenente uno o due semi (per esempio oliva, pesca, ciliegia, albicocca, ecc );

ENDOCARPIO: La parte più interna della parete del frutto, che può essere membranosa o legnosa;

EPICARPIO: lo strato esterno della parete del frutto:

FOTOSINTESI CLOROFILLIANA: La più importante funzione di nutrizione delle piante: l’anidride carbonica e l’acqua vengono trasformate nei composti organici costituenti la materia vivente (zuccheri, amidi, ecc.) per intervento dell’energia luminosa trasformata dalla clorofilla in energia chimica;

INVAIATURA: l’inizio della maturazione dei frutti, contraddistinta da un cambiamento di colore, che dal verde originario va gradatamente verso il colore caratteristico;

MESOCARPIO: la parte mediana della parete del frutto, interposta tra l’epicarpio e l’endocarpio;

MIGNOLATURA: la fioritura dell’ulivo;

OZIORRINCO: genere d’insetti coleotteri curculionidi, con rostro corto e tozzo, di colore nerastro, nocivi specialmente all’olivo e alla vite;

ROGNA: malattia che si manifesta in forma di tumori spesso confluenti in modo da formare escrescenze irregolari;

SGORBIA: scalpello con lama concava per fare sgusci e intagli;

SLUPATURA: operazione consistente nella pulitura e nell’asportazione delle parti secche e marcescenti dai tronchi dei vecchi ulivi.

IN CONCLUSIONE…

Sulla base dei dati in nostro possesso si può sostenere che:

  • Bisogna abbattere i costi di produzione dell’olio;
  • Occorre razionalizzare gli oliveti esistenti;
  • Bisogna ringiovanire i vecchi uliveti, sostituendo gradualmente le piante non più produttive;
  • Bisogna promuovere il nostro olio, facendolo conoscere al mercato;
  • L’olivicoltura, da sola, non può costituire reddito;
  • Bisogna coinvolgere maggiormente i giovani;
  • Bisogna informare adeguatamente i coltivatori sulla possibilità di sfruttare finanziamenti;
  • Occorre accrescere le conoscenze necessarie a produrre un olio sempre migliore.
UN GIOVANE ULIVO AMMANTATO DI BIANCO

UN GIOVANE ULIVO AMMANTATO DI BIANCO

APPENDICE…POETICA

Negli anni scorsi mi sono divertito spesso a scrivere delle modeste poesiole, così per puro divertimento personale: Eccone due in tema con l’argomento che abbiamo appena trattato:

UN ULIVO ALL’ARIACCHINO…

Temp’era del principio del mattino,
me n’andavo a piedi fin verso l’Ariacchino…
stanco ero, il tempo brutto e stavo per tornare,
quando intesi un antico ulivo ch’iniziò a parlare:
“Questi giovincelli venuti da lontano
ci stanno intorno, ci soppiantano piano piano…
Sembra proprio c’abbian fatto un terno:
vegetano e non dormono mai, neppur d’inverno!
Forse di vitamine la grande indigestione,
li tiene ancora svegli, nonostante la stagione.
Questi pivellini son malati ogni settimana…
Son spesso pieni di fumo, di rogna e d’ogni cosa strana.
Noi siam qui, vaccinati da tanti anni,
e mai avevamo visto simili malanni:
Basta un po’ di neve, appena più pesante,
che i rami vengon giù, quasi a tutte quante.
Producon frutti che qui non si son visti mai,
e dicono di produrre più di noi assai;
il nostro olio noi riteniam migliore,
e ve l’abbiamo dato sempre con il cuore:
Cari i miei padroni, cosa vi aspettavate
da piante non avvezze a sopportar gelate…
Questi strani bulli, in fila trapiantati,
vogliono rubare il posto a noi che qui siam nati…
Noi siam qui piantate, quasi tutte quante,
ad una ad una ricavate da le altre piante…
I nostri frutti eran raccolti da mani delicate,
ora ci strappano le olive con rumorose rastrellate:
stavamo molto meglio prima c’arrivaste voi;
ma anche voi soffrite, come soffriamo noi.
Gambe n’ abbiam viste tante e anche… qualche altra cosa.
Adesso le donne usano scale e stendono reti a iosa…
Portano i pantaloni, non le puoi toccar con un dito,
e non capisci più chi di loro sia il marito;
né puoi capir dagli sguardi e dal discorso
se il marito di quella sia… lo stesso dell’anno scorso.
La raccolta durava almen due mesi,
veniva tanta gente, anche dagli altri paesi.
Dicevano “chi è struppiat re mane e per’,
vene a Carife e trova la muglier’…”
Ho viste donne venute a Carife per la raccolta
ritornarci poi contente, ancora un’altra volta:
Avevano trovato tra i rami il loro primo amore,
raccogliendo olive, cantando e…solleticando il cuore.
Sembra che oggi abbiano tutti molta fretta:
spesso raccolgono ed usano pure l’accetta.
Prima qualcuna di noi li tratteneva una giornata:
oggi si finisce tutto, in una mezza mattinata.
Cantavano tutti, giovani ed anziani,
ed era bello…sentirsi le carezze delle mani.
Ora con terribili rastrelli ti strappano occhio e foglia:
di produrre olive ti fan passar la voglia.
Inizia la raccolta di buon’ora la mattina,
una volta si cominciava a Santa Caterina.
A raccogliere le olive non vengon più in tanti,
ma ora iniziano già prima di tutti i Santi.
Che bello era vedervi mangiare insieme e bere vino,
ora vi portate dietro un misero panino…
Faceva venir voglia il baccalà con qualche peperone,
le patate “rivoltate”, piene d’olio a profusione…
Un giovincello ulivo rispose allora: “Vuoi essere servito e riverito,
ma nui’ pur’ sciamm’ a lu trappito”.
M’allontanai dal posto molto divertito.
L’ulivo allor mi disse: “Tu pure hai tradito!
L’hai fatto piantando ulivi giovani a Pian la Sala,
ed ora lo ricordo…lo facesti al Canale”.
Sorrisi e, riflettendo sovrappensiero, mi allontanai dal loco:
incominciava a piovere, ma solo…poco poco.

 

NONNO “GIULIANO” RACCONTA…

Quanti anni ho visto passare,
quanta neve silenziosa cadere,
quante nubi rincorrersi nel cielo,
quanti uccelli in alto volare!…
Ho sentito la pioggia scrosciare
i miei rami scuotere il vento,
mostrare delle foglie l’argento.
Mi son sentito gelare, sferzare, schiantare.
Ho visto nascere, crescere, morire;
ho ascoltato canti d’amore,
gemiti di piacere,
lamenti di dolore;
ho sentito di guerre e di pace,
troppe volte ho inteso tremare…
delle madri ho il pianto ascoltato.
Ho visto il sole sorgere e tramontare;
ho visto gente passare, tornare,
dormire, vegliare,
amare, odiare,
gioire, soffrire,
ridere, piangere, scherzare,
partire e poi tornare.
Ho sentito bestemmiare, cantare,
comandare, obbedire.
Tanti ne ho visti cadere…
Cogliendo olive tra i miei rami,
gli innamorati si son dette parole d’amore,
lontano da orecchi indiscreti,
scambiandosi occhiate furtive;
molti han confidato segreti
di gioia, di guai e dolore…
Ho visto donne ricurve filare,
arrivare stanche la sera,
mogli aspettare mariti lontani…
la mia ombra ho dato
ad uomini stanchi e sudati,
alle prese con mille problemi,
ho offerto sostegno alle spalle incurvate;
sempre ho dato i miei frutti,
senza mai farmi pregare:
vecchio sono ormai
ma ho ancora tanta voglia di dare…