I Portali di Carife – Parte1

CARIFE: LE PIETRE DELLA MEMORIA

panorama carife dalla croce

“UN POPOLO SENZA MEMORIA NON HA FUTURO”

 

L’UOMO E LA PIETRA

L’uomo, fin dalla sua comparsa sulla terra, ha avuto sempre un rapporto privilegiato con il materiale più diffuso nell’ambiente: la pietra. Con essa costruì i suoi primi strumenti di lavoro e le sue armi; con la pietra eresse i primi monumenti per esprimere le sue credenze religiose e costruì le mura ciclopiche della civiltà megalitica (o delle grandi pietre), i dolmen ed i menhir.
In Sardegna fu la pietra a dar vita alla civiltà nuragica e nella pietra dolce gli Etruschi scavarono le loro necropoli, in tutti i siti che frequentarono. Con la pietra l’uomo costruì anche i primi archi e alla pietra affidò le sue leggi e la sua storia. Nella pietra l’uomo costruì anche i teatri: basti pensare al teatro greco di Siracusa e a tanti altri presenti in tutto il mondo greco: sempre con la pietra l’uomo ha eretto diverse meraviglie nel mondo: le Piramidi, Il Colosseo, Il Partenone, il Duomo di Milano, la Torre di Pisa, le tante fontane, la Muraglia cinese, ecc.. Con questo materiale, presente in natura ovunque, l’uomo ha costruito templi, teatri, piazze e monumenti, edifici civili e religiosi e tutto ciò che ci circonda. Nella pietra l’uomo ha trasferito il suo senso artistico e la sua ispirazione: Scopa, Fidia, Prassitele hanno scolpito nella pietra e nel marmo i propri eterni capolavori. Che dire poi di Michelangelo, di Canova, di Bernini e di tanti altri, che hanno realizzato opere considerate patrimonio dell’umanità intera?
La pietra insomma è il materiale al quale l’uomo ha rivolto per prima la sua attenzione e del resto l’Italia è ricca anche di giacimenti di marmi pregiatissimi.

STATUETTA RAPPRESENTANTE UN BAMBINO (II° SECOLO a. C.)

STATUETTA RAPPRESENTANTE UN BAMBINO (II° SECOLO a. C.)

La statuetta, in marmo proveniente dall’Isola di Paro nell’Egeo, rappresenta un putto (bambino) seduto, è priva di un braccio e della testa (che è stata però localizzata e si è in attesa che il possessore faccia un’opera meritoria e si decida a consegnarla). E’ stata ritrovata in riva al Fiume Ufita, ai Piani, ed è databile con certezza al II° Secolo a.C. (epoca ellenistica).
I Romani, facendo largo uso della pietra reperita in loco, costruirono le loro città e ne lastricarono le vie (Cardo e Decumano) e quelle che da Roma si dipartivano, congiungendo alla capitale le più lontane periferie (Prima fra tutte l’Appia, la “regina viarum”, che raggiungeva Brindisi). Nelle vicinanze di Carife sorge Aeclanum, che i Romani fondarono dopo averne distrutto la capitale con Silla nell’89 a. C., nel corso della guerra sociale.

Un tratto della Via Appia ad Aeclanum (Passo di Mirabella) e resti di monumenti funebri

Un tratto della Via Appia ad Aeclanum (Passo di Mirabella) e resti di monumenti funebri

AECLANUM: SARCOFAGO DI BAMBINO COLLOCATO LUNGO LA VIA APPIA

AECLANUM: SARCOFAGO DI BAMBINO COLLOCATO LUNGO LA VIA APPIA

AECLANUM: PARTICOLARE DI “OPUS RETICULATUM” DEL MURO DI UNA “DOMUS” (CASA)

AECLANUM: PARTICOLARE DI “OPUS RETICULATUM” DEL MURO DI UNA “DOMUS” (CASA)

Spesso l’uomo, nel corso dei secoli, ha riutilizzato più volte le pietre delle città e delle case distrutte o abbandonate. E’ successo a Roma, dove sono state riutilizzate le pietre architettoniche, le colonne ed i conci di ville e Fori, specialmente per costruire le numerose Chiese (questo fenomeno riguardò, tra l’altro, anche la cattedrale di San Pietro; ma nessun luogo sfuggì a questa norma, e ciò che era crollato o era stato distrutto fu saccheggiato spesso selvaggiamente.

AECLANUM: “TORCULA” (BASE DI TORCHIO) RIUTILIZZATA NEL MURO DI UNA CASA

AECLANUM: “TORCULA” (BASE DI TORCHIO) RIUTILIZZATA NEL MURO DI UNA CASA

AECLANUM: TRATTO DI VIA CITTADINA BASOLATA (DECUMANUS)*

AECLANUM: TRATTO DI VIA CITTADINA BASOLATA (DECUMANUS)*

*Il “Decumanus” aveva direzione est-ovest, mentre il “Cardo” aveva direzione nord-sud.
Chi volesse approfondire l’argomento può consultare lo studio dedicato alla “Romanizzazione dell’Irpinia e della Valle dell’Ufita” e alla stele funeraria di Marcus Mevius, rinvenuta ad Aia di Cappitella di Carife.

AECLANUM: VASCA DI FONTANA RIUTILIZZATA COME FIORIERA

AECLANUM: VASCA DI FONTANA RIUTILIZZATA COME FIORIERA

AECLANUM: PIETRA CON ISCRIZIONE (MENDIUS?) RIUTILIZZATA NELLA VECCHIA CLINICA

AECLANUM: PIETRA CON ISCRIZIONE (MENDIUS?) RIUTILIZZATA NELLA VECCHIA CLINICA

Anche il nostro piccolo paese, ovviamente, ha avuto da sempre a che fare con questo materiale: selci neolitiche sono state trovate ad “Aia di Cappitella”, in blocchi di materiale travertinoso, i Sanniti costruirono le loro tombe nel V, IV e III secolo a.C., in pietrame calcareo sono state nel passato costruite le nostre case e lastricate le nostre vie e vicoli, almeno fino agli cinquanta del secolo scorso.

Di pietra erano le mole dei mulini che sfarinavano i cereali, le mole dei frantoi (“trappeti”) che frantumavano le nostre olive, le basi dei torchi che premevano le nostre uve.

Di pietra erano anche le vasche nelle quali veniva conservato il nostro profumatissimo olio, il mortaio nel quale veniva pestato il sale, gli attrezzi e la mola per affilare gli strumenti di lavoro (accette, coltelli, roncole, falcioni, zappe, ecc.). Sempre di pietra era anche il trogolo nel quale mangiava il maiale.

Di pietra era il portale delle case, anche di quelle più povere, e ci si appoggiava ad esso per parlare con i vicini e con i passanti o per scrutare il cielo per trarne auspici favorevoli o per fare semplicemente le previsioni del tempo. Di pietra erano i camini delle case più ricche. Come si vede la pietra era indissolubilmente legata all’uomo e al suo quotidiano vivere e lo accompagnava fino alla morte e oltre di essa.

LE MOLE DEL “TRAPPITO” DI DON GIOCONDO SANTORO

LE MOLE DEL “TRAPPITO” DI DON GIOCONDO SANTORO

IL CAMINO E’ QUELLO DELLA CASA DELL’ING. ENZO SALVATORE

IL CAMINO E’ QUELLO DELLA CASA DELL’ING. ENZO SALVATORE

Molte sono le pietre di Carife delle quali andrebbe raccolta e scritta la storia o semplicemente descritto il loro essere utilizzate nell’edilizia: alcune andrebbero raccolte, catalogate e conservate al sicuro. Spesso gli archi e i portali testimoniano arti e mestieri, criteri architettonici semplici, ma non per questo meno importanti e privi di valore artistico: i nostri scalpellini, lavorando a mano e senza l’aiuto di utensili azionati dalla corrente elettrica, hanno saputo realizzare degli autentici capolavori.

TESTA RICCIOLUTA DI UN PUTTO/ANGIOLETTO

TESTA RICCIOLUTA DI UN PUTTO/ANGIOLETTO

La testa riccioluta di questo giovanetto (“putto”) è stata recuperata dallo scrivente fra i materiali di risulta, scaricati su una scarpata della strada che passa a valle del cimitero vecchio e conduce a Valle Ufita. Mi chiedo che fine abbiano fatto le parti mancanti. Penso si possa collocare nel XIX Secolo.

TOMBA SANNITICA DELL’ADDOLORATA IN BLOCCHI DI TRAVERTINO (IV SEC. a.C.)

TOMBA SANNITICA DELL’ADDOLORATA IN BLOCCHI DI TRAVERTINO (IV SEC. a.C.)

PIETRA (“TUFO”) PER LA TREBBIATURA DEL GRANO SULL’AIA

PIETRA (“TUFO”) PER LA TREBBIATURA DEL GRANO SULL’AIA

L’ANTICO FRANTOIO (“TRAPPITO”) FORGIONE GIACE ABBANDONATO AL SUO DESTINO

L’ANTICO FRANTOIO (“TRAPPITO”) FORGIONE GIACE ABBANDONATO AL SUO DESTINO

UN’ANTICA “PILA” PER L’OLIO TRASFERITA DA CARIFE A VALLATA (CASA GALLICCHIO)

UN’ANTICA “PILA” PER L’OLIO TRASFERITA DA CARIFE A VALLATA (CASA GALLICCHIO)

Voglio ricordare, a titolo di pura e semplice curiosità, alcuni siti legati all’uso della pietra:

Nell’isola polinesiana di RAPA NUI, più nota come Isola di Pasqua, nome attrbuitole dagli Europei che per primi vi sbarcarono nel giorno di Pasqua del 1722, si trovano delle misteriose statue di pietra antropomorfe di origine sconosciute, probabilmente la rappresentazione di antiche divinità o antenati.

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LE TESTE MEGALITICHE MISTERIOSE DELL’ISOLA DI PASQUA (RAPA NUI)

Spettacolari monumenti rituali preistorici in pietra si trovano a STONEHENGE nei pressi di Salisbury, in Inghilterra: si tratta di tre file concentriche di pietre; sembra si trattasse di un luogo di riunione tribale o di un centro religioso collegato alle osservazioni astronomiche, costruito tra il 3000 e il 1000 a.C.. Anche questo sito è avvolto in un alone di mistero.

STONEHENGE AL TRAMONTO

STONEHENGE AL TRAMONTO

Particolare importanza è attribuita ai SASSI DI MATERA, un insediamento abitativo ricavato in una rupe calcarea, di interesse storico ed etnografico. Nel 1993 i Sassi di Matera sono stati dichiarati dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Attualmente i Sassi vivono una situazione di abbandono e di degrado, nonostante il crescente interesse turistico verso questo singolare e per molti aspetti unico sito storico-archelogico.

PARTICOLARE DEI SASSI DI MATERA

PARTICOLARE DEI SASSI DI MATERA

 

I PORTALI DI CARIFE: UN PO’ DI STORIA

I portali presenti nel nostro paese sono stati quasi tutti reimpiegati o riutilizzati nelle case che sono state ricostruite a seguito dei disastrosi terremoti che hanno colpito, con tragica frequenza, il nostro territorio.
I più interessanti sono sicuramente quelli degli edifici di culto e di qualche edificio civile e sono tutti successivi al terremoto del 1732, che fu particolarmente disastroso, causò innumerevoli vittime e colpì tragicamente la famiglia stessa del Marchese di Carife, Pasquale Capobianco. Oltre a lui morirono sotto le macerie la moglie, due figli e due nipot,i che erano suoi ospiti. Essendo andato smarrito il registro parrocchiale dei morti del 1732, non è allo stato possibile stabilire con certezza il loro numero. C’è che dice che furono un centinaio e chi sostiene che essi furono addirittura 500, cifra questa assai più probabile se, come recita l’epigrafe tradotta in precedenza, il terremoto svuotò quasi il paese dei suoi cittadini.
Dell’evento si fa menzione nell’epigrafe presente sul portale della Chiesa Collegiata di San Giovanni Battista e in un cippo sormontato dalla croce prima collocato nei pressi della Collegiata, in seguito maltrattato e addirittura malamente collocato altrove. Ovviamente si tratta dell’ennesimo falso storico commesso: è come se, crollato il Colosseo, ne prendessimo i materiali e lo ricostruissimo all’Aia di Cappitella…

IL MONUMENTO/TROFEO DELLA SANTA CROCE ERETTO NELL’ANNO DEL SIGNORE 1755

IL MONUMENTO/TROFEO DELLA SANTA CROCE ERETTO NELL’ANNO DEL SIGNORE 1755

La traduzione dell’epigrafe è la seguente:

“I cittadini di Carife, con pubblico denaro, tramite l’eccellentissimo signore Pasquale Capobianco, ebbero cura di innalzare, con culto più devoto, il trofeo della gloriosa Croce, caduta nello stesso luogo, a causa del violentissimo terremoto, che il 30 Novembre 1732 quasi svuotò di abitanti questo paese e portò commiserevole morte a molti della famiglia marchesale, con le pietre del palazzo sconquassato”.

L’iscrizione parla del terremoto del 29 novembre 1732, che rase al suolo quasi tutte le case di Carife, delle molte vittime e del lutto commiserevole che colpì la famiglia dei Marchesi. Il monumento fu eretto nel 1755 per volere del Marchese e degli stessi cittadini con una pubblica sottoscrizione, che, come si legge sul portale della Chiesa Collegiata, avevano contribuito anche alla sua ricostruzione (“POPULI SUMPTIBUS INDIGENAE).

LA FACCIATA DELLA COLLEGIATA SAN GIOVANNI BATTISTA DOPO IL RESTAURO

LA FACCIATA DELLA COLLEGIATA SAN GIOVANNI BATTISTA DOPO IL RESTAURO

Il terremoto del 1732, noto anche come terremoto di Sant’Andrea, fu sicuramente tra i più disastrosi che abbiano colpito il nostro paese. Nel corso del XX secolo i terremoti forti a Carife furono almeno quattro (1910, 1930, 1962, 1980), ma non mancarono altre scosse di minore intensità.
Di questi terremoti intendo parlare in un altro lavoro, al quale ho già messo mano, magari pubblicando in un libro i risultati della ricerca. Ovviamente attingerò ai ricordi degli anziani, alla storia e a quelli miei personali, visto che nel 1962 avevo diciotto anni e che, da sindaco, ho dovuto fronteggiare la gravissima emergenza ed avviare la ricostruzione a seguito del tragico terremoto del 23 novembre 1980.

IL PORTALE DI STILE BAROCCO CON ARCHITRAVE E CORNICE AGGETTANTE

IL PORTALE DI STILE BAROCCO CON ARCHITRAVE E CORNICE AGGETTANTE

L’ISCRIZIONE SUL PORTALE DELLA COLLEGIATA E’ DELL’ANNO DEL SIGNORE 1754

L’ISCRIZIONE SUL PORTALE DELLA COLLEGIATA E’ DELL’ANNO DEL SIGNORE 1754

La traduzione potrebbe essere la seguente:

A DIO OTTIMO MASSIMO
QUESTI TEMPLI DEDICATI A GIOVANNI CHE RASI AL SUOLO ORA RISORGONO
SONO STATI RICOSTRUITI A SPESE DEL POPOLO DEL LUOGO
PERCIO’ O TERRA FIN DA QUESTO MOMENTO REPRIMI IL TUO FURORE
OSTILE DAL MOMENTO CHE AI TUOI MOTI SI OPPONE L’AMORE
ANNO DEL SIGNORE 1754

Ovviamente l’espressione plurale “HAEC QUAE…TEMPLA” si può rendere al singolare e tradurre quindi “QUESTO TEMPIO…CHE”…
La sigla RPQC, presente sullo stemma civico che sovrasta il portale della Collegiata, potrebbe avere il seguente significato:
RESPICE POPULE QUANTAM CARITATEM
(TRAD.: GUARDA, O POPOLO, QUANTO AMORE)
Secondo altri significa invece: REX POPULUSQUE CARIFII (IL RE E IL POPOLO DI CARIFE).
Secondo il mio punto di vista però questa interpretazione è meno probabile della precedente.
Nella stretta di mano, presente nello stemma, il popolo di Carife dovrebbe vedere insomma quanto affetto e quanta stima intercorrevano nell’Università carifana tra la gente e tra questa e i suoi amministratori (I Marchesi). Altri tempi davvero…
Proprio nella difficoltà di dare un’interpretazione a questa sigla è da ricercare il motivo per il quale noi di Carife siamo chiamati in giro “Popolo Cieco”. Si racconta infatti che in una delle tante occasioni in cui la gente dei paesi limitrofi accorreva numerosa a Carife (Festa e Fiera della Croce, San Rocco, ecc.) un forestiero abbia domandato ad uno che gli stava a fianco in piazza che cosa volesse dire quella scritta. Questi, non sapendo dare una risposta, rispose che forse significava “Popolo Cieco di Carife”: Per difenderci noi diciamo che significa “Popolo Civile di Carife”.

LO STEMMA CIVICO DI CARIFE: STRETTA DI MANO CON LA SCRITTA RPQC

LO STEMMA CIVICO DI CARIFE: STRETTA DI MANO CON LA SCRITTA RPQC

UN PARTICOLARE DEL PORTALE DELLA CHIESA SAN GIOVANNI BATTISTA

UN PARTICOLARE DEL PORTALE DELLA CHIESA SAN GIOVANNI BATTISTA

Girando per le vie ed i vicoli di Carife si nota che stranamente è proprio il centro storico dei Fossi a presentare oggi il minor numero di portali, anche semplicemente riutilizzati. Non mancano comunque le pietre ornamentali, che abbelliscono e decorano i nostri ambienti di vita e i nostri edifici. Spesso le pietre costituiscono opere d’arte e arredo urbano e gli oggetti e i manufatti ci ricordano la nostra infanzia e ci fanno provare emozioni e sensazioni bellissime.

Le tipologie di pietra più ricorrenti sono la “Favaccia”, che qualcuno chiama anche travertino, e la “Breccia” o “Brecciato” irpino o di Fontanarosa. Le pietre provengono anche da cave ubicate in località “Pietra del Pesco” di Frigento. Proprio per la vicinanza alle cave di comuni come Fontanarosa, Gesualdo, Frigento e la stessa Sant’Angelo dei Lombardi hanno fatto in modo che questi paesi abbiano un gran numero di portali e tutti di squisita fattura. Un’accorta ricostruzione dopo il tragico terremoto del 23.11.1980, dettata da appropriati e sicuramente efficaci Piani di Recupero, ha permesso di salvaguardare, proprio in queste località, un gran numero di splendidi portali. Un ottimo lavoro di salvaguardia e di conservazione è stato condotto anche a Vallata.

Altri purtroppo finirono tra le macerie durante le demolizioni e furono portati a discarica; qualcuno cambiò padrone o fu trafugato; qualche altro infine giace abbandonato sotto l’edificio delle Scuole Elementari di Via Sant’Anna o qua e là per il paese.

I portali in pietra, molto usati in passato, venivano costruiti ad arco e servivano da ingressi alle abitazioni. A Carife, come altrove, sono una preziosa testimonianza del passato, di una cultura architettonica ormai scomparsa, del modo di lavorare di chi ci ha preceduti.

L’arco poggia su due piedritti e il cuneo fondamentale che chiude l’arco e mette in atto le spinte di contrasto è quello centrale: la chiave d’arco o, più comunemente detto, “chiave di volta” (Nel nostro dialetto viene comunemente detto “serraturo”).

Il restauro e la conservazione di essi è un nostro preciso obbligo e dobbiamo fare di tutto per evitare che scompaiano per sempre preziose testimonianze storiche di un passato nemmeno tanto remoto.

Per costruire qualche portale sono stati bellamente ed elegantemente impiegati anche mattoni provenienti dalle numerose fornaci che sono state fin dalla Preistoria presenti ed attive sul nostro territorio.

I portali con stemmi ornati di corona turrita sono di fabbricazione più recente, e risalgono quasi tutti al XIX e al XX secolo. Essi presentano notevoli affinità e somiglianze nei motivi ornamentali e nella qualità della pietra impiegata. Si è potuto accertare che, per la maggior parte, furono opera di qualche bravo scalpellino locale o di altri più bravi provenienti da Vallata. Le pietre utilizzate, come già detto in precedenza, provenivano dalle cave di Gesualdo. Gli archi hanno quasi tutti le stesse dimensioni, eccetto naturalmente quelli ben più grandi degli edifici di culto e di qualche casa gentilizia o di benestanti. Alcuni portali, assai simili tra loro, sono da attribuire agli stessi scalpellini o laboratori artigianali.

La capacità di conferire bellezza al portale era legata alla lavorabilità della pietra e alla bravura stessa dello scalpellino o degli scalpellini, che, con strumenti rudimentali (scalpelli, trapani, martelli, ecc.) erano capaci di trasformare i conci di pietra, facilmente reperibili e trasportabili, in in vere e proprie opere d’arte.

I portali della Collegiata e del Convento San Francesco e quello del Palazzo Forgione contengono elementi baroccheggianti e sono, ovviamente, più imponenti ed elaborati.

L’uso del portale in pietra oggi è diventato più raro per alcuni motivi:

– La pietra costa troppo e non offre sufficienti garanzie di sicurezza in una zona come la nostra, che è ad altissimo rischio sismico;

– Non è certamente corretto accostare materiali diversi, utilizzando ad esempio un antico portale in pietra in una facciata in mattoni a faccia vista o in cemento armato;

– Spesso il riutilizzo di un portale, in un contesto che lo falsa storicamente, costituisce una soluzione di dubbio gusto e lo si fa solo per il desiderio di dare un aspetto di valore o di maggiore bellezza alla propria casa.

L’accostamento della pietra al mattone di argilla, al cemento armato avrebbe dovuto dare al riutilizzo dei vecchi portali un aspetto più studiato ed evitare quelle vere e proprie brutture, se non stupidaggini, che vediamo girando per le vie di Carife.

Sono stati reimpiegati antichi portali e si è permesso, ad esempio, di dotarli di infissi di plastica o di alluminio anodizzato: una vera e propria bruttura o pacchianata. Purtroppo i Tecnici che hanno progettato e diretto la ricostruzione dopo il terremoto del 23 novembre 1980 non sempre sono stati accorti ed avveduti e talora si son lasciati prendere la mano o hanno ceduto, senza la necessaria resistenza, alle voglie di chi aveva commissionato il progetto.

Purtroppo anche il Comune, per le opere di sua competenza e per gli immobili di sua proprietà (Vedi Edificio Purgatorio), ha commesso lo stesso errore. Si può affermare anche che la facciata della Collegiata, dopo i numerosi restauri “subiti”, appare violentata e forse era più bella prima. Mancano addirittura le quattro fiamme in pietra alle quattro lampade votive, sicuramente perché trafugate o sparite nel corso dei lavori. Che peccato!

Spesso i portali sono stati restaurati male e pesantemente per conferire ad essi, a tutti i costi, un aspetto di modernità, magari ricorrendo ad un quanto mai inopportuno “lifting” o stiramento di rughe. Il risultato ottenuto con sabbiature o, peggio, con bocciardature effettuate con mezzi e strumenti meccanici, è stato quello di un’azione distruttiva delle superfici scalpellate anticamente con sapiente maestria e duro lavoro dai nostri antichi artigiani, che non disponevano delle moderne tecnologie ed attrezzature.

In qualche caso ai portali sono stati aggiunti degli elementi mancanti, rotti o andati perduti a seguito dello smontaggio e del rimontaggio: tutto ciò andava evitato e bisognava non nascondere l’intervento, onde evitare un aggravamento ulteriore di un falso storico.

E’ stato questo il caso della chiesetta dell’ADDOLORATA: la facciata crollò a seguito del sisma di 28 anni fa e nella fase del restauro si scoprì che mancava uno dei due pezzi dell’architrave del portale; la Soprintendenza lo fece sostituire con un altro identico rifatto dal marmista Gerardo Pesiri e pochi oggi si accorgono della differenza. Dove era andato a finire il prezioso pezzo mancante? I militari del Genio, arrivati a Carife dopo il terremoto per dare una mano, costruirono un tratto di fogna a servizio delle case popolari in costruzione e, reinterrando lo scavo di sbancamento eseguito, sotterrarono anche la pietra.

Fortunatamente, durante i lavori di costruzione dello scolo delle acque sulla strada che porta al Parco Archeologico dell’Addolorata, il pezzo di destra dell’architrave è ritornato alla luce. Per ironia della sorte, mentre la copia è al suo posto, l’originale, dopo aver rivisto la luce, giace abbandonato accanto al muro della Chiesetta; questo nonostante lo scrivente abbia ripetutamente chiesto all’Ufficio Tecnico Comunale e agli Amministratori di metterlo al sicuro. trafugato? Ritornerà un giorno ad occupare il posto che gli compete il pezzo miracolosamente e casualmente tornato alla luce? Ai posteri l’ardua sentenza!

Una cosa è certa: va recuperato immediatamente a carico del comune o della Parrocchia e messo al sicuro, prima che qualche amante di questo particolare tipo di reperto non lo trafughi per costruire un camino o farne elemento di decorazione o abbellimento di qualche giardino. Per il passato in questo paese è successo già troppe volte…

LA CHIESETTA DELL’ADDOLORATA DOPO IL TERREMOTO DEL 1980

LA CHIESETTA DELL’ADDOLORATA DOPO IL TERREMOTO DEL 1980

LA FACCIATA DELLA CHIESETTA DELL’ADDOLORATA DOPO IL RESTAURO

LA FACCIATA DELLA CHIESETTA DELL’ADDOLORATA DOPO IL RESTAURO

Sul portale della Chiesetta, che prima del terremoto del 1980 recava sulla facciata un quadro maiolicato con l’immagine della Madonna Addolorata di fabbricazione locale, si legge:

A.D. POSUIT ME DESOLATAM 1755
TRADUZIONE: NELL’ANNO DEL SIGNORE 1755 POSE ME ADDOLORATA

Il portale è molto semplice e, come ben si vede dall’immagine successiva, i pezzi mancanti furono sostituiti con una copia in pietra dello stesso tipo, ma che appare di colore più chiaro.

PORTALE DELL’ADDOLORATA (PARTICOLARE DELL’ARCHITRAVE) “POSE ME ADDOLORATA – ANNO DEL SIGNORE 1755”

PORTALE DELL’ADDOLORATA (PARTICOLARE DELL’ARCHITRAVE)
“POSE ME ADDOLORATA – ANNO DEL SIGNORE 1755”

ISCRIZIONE INSERITA NEL MURO DI DESTRA DELLA CHIESA

ISCRIZIONE INSERITA NEL MURO DI DESTRA DELLA CHIESA

Vi si legge:

ORATORI.(IUS) DE(I) SERVI DI MA(RIA) D(EI) SET(TE) DOLORI – ANNO DEL SIGNORE 1740.

Poiché l’iscrizione, forse relativa ad uno degli oratori (luoghi di preghiera) di Carife, reca una data antecedente a quella che si legge sulla facciata, essa potrebbe provenire da un altro posto e forse fu inserita nel muro successivamente alla costruzione della Chiesetta.

IL PEZZO ORIGINALE DELL’ARCHITRAVE ABBANDONATO A DESTRA DELLA CHIESA.

IL PEZZO ORIGINALE DELL’ARCHITRAVE ABBANDONATO A DESTRA DELLA CHIESA.

Una sorte davvero strana ha avuto l’edificio PURGATORIO: in origine era una chiesa dedicata all’Arcangelo Michele, nel 1732 vi furono seppellite le vittime del terremoto e diventò un ossario. In questo stesso edificio furono ubicate, negli anni quaranta, due classi delle Scuole Elementari, poi vi funzionò l’Ufficio di Collocamento. Al momento del sisma del 23 novembre 1980 un privato cittadino l’aveva adibito a conigliaia. Risultò gravemente danneggiato e per impedirne il crollo fu eretto un barbacane in blocchi di tufo e fu demolito il secondo livello.
Aveva una bella facciata e la ricostruzione/restauro ha falsato di molto la purezza originaria.
Anche l’iscrizione, precedentemente collocata sulla facciata che dà su Via Sant’Anna è stata incomprensibilmente spostata su quella di Via Melina, unitamente alla scultura di un teschio.
Oggi in questo edificio, che nonostante le violenze subite conserva ancora una sua bellezza ed un suo fascino, dovrebbe funzionare la biblioteca comunale.

LA FACCIATA DEL PURGATORIO

LA FACCIATA DEL PURGATORIO

Sul portale si legge:A.D. VIA UNIVERSAE CARNIS HAEC EST 1770

“QUESTA E’ LA VIA DI OGNI VIVENTE – ANNO DEL SIGNORE 1770”

La frase, biblica, si trova nel libro di Giosuè (23,14).

Sempre sulla facciata rivolta a Sud c’era un teschio ed una scritta:

IL TESCHIO DEL PURGATORIO

IL TESCHIO DEL PURGATORIO

LA SCRITTA: “QUEL CHE SEI FUI QUEL CHE SONO SARAI”

LA SCRITTA: “QUEL CHE SEI FUI QUEL CHE SONO SARAI”

L’ORRENDA ATTUALE COLLOCAZIONE DEI DUE PEZZI

L’ORRENDA ATTUALE COLLOCAZIONE DEI DUE PEZZI

LA FACCIATA DIVENTATA ORRIBILE DOPO IL RECENTE RESTAURO

LA FACCIATA DIVENTATA ORRIBILE DOPO IL RECENTE RESTAURO

Un discorso a parte merita sicuramente il bellissimo portale del CONVENTO costruito nel 1749 sui “Fossi”. Dopo anni di abbandono e di degrado è stato restaurato e riaperto al culto di recente.

IL PORTALE DEL CONVENTO DI SAN FRANCESCO SUI “FOSSI”

IL PORTALE DEL CONVENTO DI SAN FRANCESCO SUI “FOSSI”

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LA SCRITTA E’ TIPICAMENTE RIFERITA A SAN FRANCESCO, L’ UMILE FRATICELLO

“DIO COLLOCO’ UN UMILE NEL SUBLIME – ANNO DEL SIGNORE 1749”

COSI’ ERA STATO RIDOTTO IL CONVENTO DAL TERREMOTO DEL 23 NOVEMBRE 1980

COSI’ ERA STATO RIDOTTO IL CONVENTO DAL TERREMOTO DEL 23 NOVEMBRE 1980

PORTALE DEL CONVENTO: PARTICOLARE

PORTALE DEL CONVENTO: PARTICOLARE

PORTALE DEL CONVENTO: PARTICOLARE

PORTALE DEL CONVENTO: PARTICOLARE

PORTALE DEL CONVENTO: PARTICOLARE

PORTALE DEL CONVENTO: PARTICOLARE

IL BEL PORTALE DEL CONVENTO

IL BEL PORTALE DEL CONVENTO

GLI EDIFICI CIVILI DI CARIFE

A Carife gli edifici civili di notevoli e grandi dimensioni non sono molti: Il PALAZZO MARCHESALE, del quale rimane ben poco di originale, ed il PALAZZO FORGIONE in Piazza San Giovanni.
Il Palazzo Marchesale fu ricostruito nell’attuale sito dopo il terremoto del 1732: Ha un bel portale in “bugnato” sovrastato dallo stemma dei Marchesi e su uno dei contrafforti di base porta una bella iscrizione.

IL PALAZZO MARCHESALE DOPO IL TERREMOTO

IL PALAZZO MARCHESALE DOPO IL TERREMOTO

IL PALAZZO MARCHESALE DOPO LA RICOSTRUZIONE

IL PALAZZO MARCHESALE DOPO LA RICOSTRUZIONE

IL PORTALE IN“BUGNATO” CON LO STEMMA NOBILIARE

IL PORTALE IN“BUGNATO” CON LO STEMMA NOBILIARE

LO STEMMA NOBILIARE DEI MARCHESI DI CARIFE

LO STEMMA NOBILIARE DEI MARCHESI DI CARIFE

L’ISCRIZIONE RECANTE LA DATA DELLA COSTRUZIONE DEL PALAZZO: 1733

L’ISCRIZIONE RECANTE LA DATA DELLA COSTRUZIONE DEL PALAZZO: 1733

IL PALAZZO  DEI MARCHESI DI CARIFE VISTO DALLA MONTAGNA DELLA CROCE

IL PALAZZO DEI MARCHESI DI CARIFE VISTO DALLA MONTAGNA DELLA CROCE

In piazza San Giovanni è stato ricostruito il Palazzo Forgione e, dietro prescrizione della competente Soprintendenza, è stato ricollocato al suo posto il bel portale, sul quale rimane solo una labile traccia della data (1880?) a seguito di un pessimo lavoro di pulitura effettuato con macchina sabbiatrice. Fu fatto costruire da Francesco Forgione che proveniva da Rocca San Felice, dove esiste un portale molto simile al nostro. Lo stemma civico un sole, un leone rampante su tre colli stilizzati ed un uccello. Due pilastri con lesene e leggermente aggettanti, desinenti a capitello, sorreggono un bellissimo architrave finemente scolpito. Purtroppo sono andati perduti i due zoccoli basali ed il portale, smontato e rimontato,ha subito qualche danno.

IL PORTALE BAROCCHEGGIANTE DEL PALAZZO FORGIONE

IL PORTALE BAROCCHEGGIANTE DEL PALAZZO FORGIONE

PALAZZO FORGIONE: PARTICOLARE DELLA CHIAVE/STEMMA

PALAZZO FORGIONE: PARTICOLARE DELLA CHIAVE/STEMMA

LA PARTE SUPERIORE DEL PORTALE DI PALAZZO FORGIONE

LA PARTE SUPERIORE DEL PORTALE DI PALAZZO FORGIONE

Come ben si vede la struttura del portale “a trabeazione” è classicheggiante e l’architrave è formato da un insieme di modanature sovrapposte e articolate: l’architrave poggia sui capitelli delle colonne, con funzioni strutturali di sostegno; il fregio, sovrapposto all’architrave con valore ornamentale, è formato da cinque riquadri (metope*) abbelliti da cinque elementi decorativi a rilievo alternati a colonnine scanalate (triglifi**). Le due colonnine collocate alle estremità portano una sola scanalatura. A coronamento dell’architrave è sovrapposta infine la cornice, con funzione di elemento aggettante e di protezione delle parti sottostanti.
Sul nastro che avvolge il motivo floreale scolpito ai due lati dello stemma di famiglia è riportato il nome di Francesco Forgione.
In questo palazzo era ubicata la Farmacia di Donna Lucia Sassone, la cui figlia Clementina Forgione morì a causa del terremoto del 1980. La ragazza, disabile, fu travolta dal crollo della copertura del palazzo e dal contemporaneo cedimento del solaio di interpiano. Sempre nello stesso palazzo rimase ferito Don Fausto De Spirito, marito di Donna Teresa (“SISINA”) Forgione.

NOTE:
*Metopa: Riquadro di composizione in pietra o argilla ornato o figurato.
** Triglifo: elemento architettonico con scanalature verticali che nel fregio dorico si alterna con le metope

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