La Romanizzazione del Territorio degli Hirpini e la Centuriazione

Va sotto il termine di “romanizzazione” il processo di graduale e progressiva integrazione delle popolazioni soggiogate dai Romani, dai quali esse ricevevano nuove leggi, riti e costumi. I vincitori non cancellavano mai completamente le antiche usanze e tradizioni locali, ma si limitavano spesso a sovrapporsi ad esse o ad adattarsi.
Questa sorte toccò agli HIRPINI: una volta sconfitti dai Romani gran parte del loro territorio fu requisita e ridistribuita. La romanizzazione, avvenuta gradualmente in seguito, favorì un processo di integrazione economica, culturale e politica con l’interessamento ed il coinvolgimento di più generazioni.
Cerchiamo di vedere come sia avvenuto questo processo in valle Ufita, e quindi anche nel territorio di Carife, tracciandone le tappe fondamentali.
La valle dell’Ufita, l’unica vera pianura dell’Irpinia, è stata sempre intensamente sfruttata a fini agricoli fin dalla preistoria e lungo di essa correvano tratturi con varie diramazioni, sentieri ed altri percorsi, in grado di collegare rapidamente centri urbani e villaggi, per garantire scambi e collegamenti. Essa naturalmente suscitò subito l’interesse dei Romani, che, appena fu possibile, se ne impadronirono e se la spartirono.

Planimetria della Valle dell’Ufita con l’ubicazione di Fioccaglia

Planimetria della Valle dell’Ufita con l’ubicazione di Fioccaglia

Una tappa fondamentale è sicuramente rappresentata dagli avvenimenti compresi tra la III guerra sannitica, che portò tra l’altro alla distruzione di Romulea nel 296 a. C,, e la seconda guerra punica (218-201 a. C.).
Una seconda tappa è quella che va dall’età post-annibalica alla guerra sociale, conclusasi quest’ultima con l’espugnazione, il saccheggio e la distruzione di Aeclanum da parte di Lucio Cornelio Silla, nell’89 a.C..
Alla pertica del Municipio di Aeclanum (Passo di Mirabella) sorto intorno all’87 a. C. appartenne, con ogni probabilità, anche il territorio di Carife.
Una terza ed ultima tappa può essere rappresentata dal periodo che va dalla creazione dei Municipia al principato.
Un momento assai importante della prima fase fu rappresentato sicuramente dalla “deduzione” “o trasferimento di una colonia di contadini romani a Beneventum, cosa questa che avvenne nel 268 a.C., dopo la sconfitta dei Sanniti, sotto il cui nome le fonti antiche comprendono solitamente anche gli Hirpini, che si erano affiancati a Pirro, re dell’Epiro (l’odierna Albania), naturalmente contro Roma.
La Colonia fondata dai Romani a Beneventum, chiamata Maleventum prima del fausto evento della battaglia, ebbe il compito di separare gli Hirpini dai Sanniti.
Altre deduzioni di colonie, avvenute in precedenza, contribuirono ad isolare e a dividere il territorio irpino. Questo fu il caso delle colonie di Luceria (Lucera) e Venusia (Venosa).
Del resto anche il prolungamento nel 268 della Via Appia, la “regina viarum”, fino a Beneventum, aveva il compito di rendere più facilmente raggiungibile l’Irpinia da parte dell’esercito romano, in caso di ulteriori rivolte di questa fiera popolazione. I Romani non avevano certo dimenticato lo scorno delle Forche Caudine, subito nel 321 a.C.
Le azioni della seconda guerra punica, tra il 215 e il 210 a.C., coinvolgono direttamente il territorio irpino. Dopo la tremenda sconfitta subita dai Romani a Canne (216 a.C.) gli Hirpini, che erano stati al fianco di Annibale nella battaglia, ne favorirono il passaggio nella valle dell’Ofanto sotto Compsa (Conza della Campania) e passarono dalla sua parte schierandosi ancora una volta contro Roma. Si ricorda che i Romani persero a Canne 50.000 legionari e 10.000 furono catturati.
La defezione fu punita dai Romani in modo esemplare: il territorio degli Hirpini fu in massima parte espropriato e diventò “ager publicus” (terreno pubblico), con conseguente assegnazione a nobili, coloni e veterani romani.

 

LA CENTURIAZIONE DEL TERRITORIO DEGLI HIRPINI

Non è molto chiaro quello che successe in Hirpinia al tempo dei Gracchi. Dal “Liber coloniarum” (libro delle colonie) sembra che anche il territorio irpino sia stato interessato dai provvedimenti varati dai due Tribuni. Segni o tracce di centuriazioni in Hirpinia, oltre che in Valle Ufita, si potrebbero individuare in contrada “Migliano” (Miliarium o Praedium Aemiliani?) e “Pietra del Pesco”, nel territorio di Frigento, dove è stato trovato un cippo graccano senza iscrizione. Il cippo era un segno di confine (o limite) ed era solitamente costituito da un tronco di colonna.
La “centuriazione”, visibile in molte regioni italiane, consisteva inizialmente nel delimitare il territorio con due assi viari ortogonali principali: il decumanus maximus (decumano massimo), tracciato da ovest ad est, ed il cardo maximus (cardine massimo), tracciato da nord a sud.

Le linee incise sulla parte superiore del cippo graccano rappresentano il “Cardo” e il “Decumano”. (Cippo da Rocca San Felice conservato nel Museo Irpino).

Le linee incise sulla parte superiore del cippo graccano rappresentano il “Cardo” e il “Decumano”. (Cippo da Rocca San Felice conservato nel Museo Irpino).

Le operazioni di misurazione venivano realizzate con l’uso di precisi strumenti, come la groma, ed erano possibili solo con il concorso di esperti agrimensori. La centuriazione interessò soprattutto i terreni pianeggianti, ma talora anche zone più o meno scoscese, dove furono necessarie complesse operazioni tecniche.
La groma è un antichissimo strumento di misurazione, composto da due aste disposte perpendicolarmente, da cui pendevano quattro fili tenuti a piombo da altrettante piccole pietre o pesi. Con tante altre linee parallele, tracciate a poco più di settecento metri ed in modo parallelo rispetto al Cardo e al Decumano, si otteneva un reticolo, il cui incrociarsi delimitava grandi appezzamenti di terreno detti “centurie”, da cui deriva appunto il termine “centuriazione”.

Misurazioni per la centuriazione con l’uso della groma.

Misurazioni per la centuriazione con l’uso della groma.

Negli ultimi decenni del II secolo a.C. la questione agraria divenne centrale nella politica romana. Il problema si complicò ulteriormente con la richiesta del diritto di cittadinanza avanzato dai Latini e dagli Italici. Ma la nobiltà latifondista ed il senato non intendevano certo cambiare una legislazione che aveva procurato a Roma tanti successi ed una grossa espansione.
I fratelli Tiberio e Caio Gracco erano figli di Cornelia e quindi nipoti di Scipione l’Africano, il vincitore di Annibale a Zama nel 202 a.C. Il padre dei due era un grande uomo politico: Tiberio Sempronio Gracco. A Cornelia si attribuisce la famosa frase, riferita ai figli: “Haec ornamenta sunt mea”, cioè “Questi sono i miei gioielli”.
Il terreno demaniale, o ager publicus, era appannaggio quasi esclusivo dei nobili, che si spartivano le terre e costituivano grandi fattorie e latifondi, in cui gli schiavi, naturalmente a basso costo, fornivano la manodopera necessaria.
I contadini liberi non trovavano più né lavoro né terreni da coltivare. Nel 133 a.C. Tiberio Gracco, eletto tribuno della plebe, si rese promotore di una legge agraria, che prevedeva l’assegnazione ai cittadini romani più poveri di quote di terreni da espropriare ai nobili, che ovviamente la osteggiarono fortemente. Era prevista anche l’inalienabilità degli appezzamenti assegnati, estesi circa 37 iugeri (un iugero era l’equivalente di 25 are, ovvero 2.500 metri quadrati). Fu creata un’apposita commissione/triumvirato per l’applicazione della legge: della commisione facevano parte, oltre a lui, il fratello Caio ed il suocero Appio Claudio (console nel 143)
Tiberio Gracco fu ucciso nei pressi del tempio di Giove Capitolino ed il suo corpo fu gettato nel Tevere: aveva 29 anni. Caio Gracco, fratello di Tiberio, divenne tribuno nel 123 e, come primo provvedimento adottò quello di distribuire il grano a prezzo ridotto ai ceti meno abbienti. Si tratta della “legge frumentaria”. La plebe, naturalmente, si schierò dalla sua parte. Nel 122, in base ad una legge del 125 che consentiva ai tribuni di essere rieletti, fu confermato nella carica.
Egli propose subito una legge per l’assegnazione della cittadinanza romana a coloro che godevano del diritto latino e la cittadinanza latina agli Italici; ma la plebe romana non gradì la proposta. Nel mese di aprile del 121 a.C., dopo varie vicissitudini, Caio fu assediato sull’Aventino e fu sconfitto. Riuscì a fuggire, ma si fece trucidare da uno schiavo.
Alcuni cippi rinvenuti in territorio irpino (Rocca San Felice e Nusco) documentano che il territorio fu diviso al tempo dei magistrati Caio Sempronio Gracco (legge Sempronia), Marco Fulvio Gracco e Caio Papirio Carbone (129-123 a.C,).

Uno dei cippi graccani da Rocca San Felice (Museo Irpino di Avellino) Il peso fa parte di una groma montata su di esso a scopo dimostrativo e didattico

Uno dei cippi graccani da Rocca San Felice (Museo Irpino di Avellino)
Il peso fa parte di una groma montata su di esso a scopo dimostrativo e didattico

Il periodo graccano (decenni finali del II sec. a.C. – I sec. a.C.) vede una profonda trasformazione del nostro paesaggio rurale: nascono impianti produttivi rurali, ovviamente lungo le rive dei fiumi e lungo le vie di comunicazione: Nel fondovalle Ufita si crea una fascia ininterrotta di ville e di impianti rustici, dediti alla coltivazione della terra, quasi sempre in monocoltura. In questo panorama si colloca anche la nascita a CHIOCCAGLIA o FIOCCAGLIA di Flumeri di una vera e propria città romana, databile ai decenni finali del II secolo a.C..

Domus  di Fioccaglia

Una delle Domus di Fioccaglia

L’abitato ha un impianto planimetrico complesso, con ampie strade basolate (cardo e decumano), domus (case) ad atrio con peristilio, con giardino porticato e con impluvi per raccogliere le acque piovane. La tipologia è comune a quella di altre ville ed abitazioni campane, riferibili allo stesso periodo.

Il centro ebbe vita breve e subì la stessa sorte di altre città, nate lungo le vie della lana (tratturi), come accadde a Sepinum/Altilia in provincia di Campobasso.
Successivamente alla fine della guerra sociale, durante la quale fu distrutto, l’abitato cessa di esistere e viene abbandonato. Purtroppo ancora non abbiamo iscrizioni per poter identificare il centro, nè forniscono indicazioni precise gli itinerari antichi (Hierosolomitanus, Itinerarium Antonini e Tabula Peutingeriana).
Dai bolli sui laterizi, in osco e in latino, possiamo dedurre che le due lingue si continuavano a parlare, forse contemporaneamente.
Durante la guerra sociale (91-88 a.C.) gli Hirpini, a partire dall’anno 90 a. C., primi fra tutti gli altri popoli italici, imbracciarono le armi contro Roma. Sottomessi da Lucio Cornelio Silla, dopo il saccheggio e la distruzione di Aeclanum avvenuta nell’89, dopo ben sette anni ricevettero la cittadinanza romana e, sotto l’imperatore Augusto, furono assegnati alla SECUNDA REGIO (Regione II), che comprendeva anche l’Apulia ed il Bruzzio (Calabria).
Di Eclano era il grande latifondista filoromano Minato Magio, antenato dello storico Velleio Patercolo, probabilmente nato in questa città e vissuto tra il 19 circa a.C. ed il 30 circa d.C.
Minato Magio, con un contingente di Hirpini, aveva partecipato a fianco dei Romani all’assedio di Pompei ed Ercolano (Herculaneum), e per queste sue benemerenze riuscì a far iscrivere la sua gente alla ben più illustre e prestigiosa tribù Cornelia, invece che alla Galeria , come gran parte del territorio irpino
Si completava in questo modo il processo di romanizzazione di un territorio e di un popolo, che tante volte aveva rialzato la testa ed aveva lottato fieramente per la propria indipendenza, anche a costo di essere considerato traditore dai Romani.