L’UFFICIO ANAGRAFE DI CARIFE, I LIBRI PARROCCHIALI ED ALTRE FONTI

L’Ufficio dell’Anagrafe del nostro Comune è il luogo in cui, in registri spesso polverosi e maleodoranti, sono conservate e documentate le storie di ognuno di noi e dei nostri antenati. I registri riportano i mutamenti intervenuti per cause naturali e civili: nascita, morte, matrimonio, ecc…
In essi quindi si possono trovare momenti di grande gioia e di grande dolore, tristezza per partenze ed emigrazioni, gioie per ritorni insperati ed inattesi, anche se dovuti solo alla necessità di ottenere una misera pensioncina, dopo decenni di lavoro in stati lontani, in cui ancora non c’è lo stato sociale, e tante altre cose commoventi: bambini morti prima di avviarsi a vivere l’avventura della vita, genitori che dichiarano la morte di figli caduti in guerra, o morti per altra causa ed accompagnati al cimitero dai genitori, sconvolgendo l’ordine naturale delle cose, che vorrebbe avvenisse il contrario… e forse qualche “furtiva lacrima” bagna anche i nostri occhi.
A volte vi troviamo le denunce di nascita e possiamo immaginare la soddisfazione e la fierezza di chi si recava all’anagrafe per denunciare il lieto evento. A volte vi troviamo anche grossolani errori: il cognome Innammorato scritto con due “m”, Gianbattista invece di Giambattista e tante altre simpatiche cosucce di questo tipo, dovute quasi sempre alla voglia di far suonare meglio un cognome o un nome. Per questo motivo i di Gregorio diventano De Gregorio, i d’Angelis si trasformano in De Angelis, i Santolicandro in Sallicandro, i Laudise in Lodise, ecc..
Presso il nostro Comune i registri di Stato Civile, nascita, matrimonio e morte partono dal 1809, quando furono resi obbligatori, e l’Anagrafe vera e propria, precisa ed abbastanza rigorosa, parte dal censimento del 1936.
Sui cartellini anagrafici, molto spesso mal ridotti e talora mancanti (essi andrebbero assolutamente rifatti o informatizzati) vengono riportati la data di nascita dell’intestatario con l’indicazione dell’atto), i genitori, la professione o la condizione sociale, la data del matrimonio e l’indicazione del coniuge, la data dell’eventuale vedovanza, la data o le date di cancellazione per trasferimenti in altre località italiane o Stati esteri, la data della morte accompagnata dall’indicazione della causa che l’aveva provocata. Quasi per tutti sul retro del cartellino/scheda è indicata la Strada in cui erano risultati presenti al censimento del 1936.
L’intero archivio comunale fu poi bruciato nel 1891, nel corso di una sommossa popolare scoppiata a Carife a seguito della decisione adottata dal Consiglio Comunale di aumentare in maniera consistente il “Fuocatico” o “Focatico”, una tassa sulle proprietà che i cittadini erano obbligati a versare nelle casse comunali. Per semplice curiosità e dovere di cronaca riferiamo che quell’anno il Sindaco di Carife era l’Avv. Giovanni Addimandi.
Nel mese di Ottobre del 1899, Sindaco Angelo Raffaele Gallicchio, il Consiglio Comunale fu chiamato a deliberare sul seguente oggetto: “Richiesta di leggi e decreti dal 1809 al 1891 inclusi, distrutti nel 1891 dietro sommossa popolare”.
L’atto deliberativo fu votato all’unanimità e fu “pubblicato Domenica 29 ottobre 1899 senza reclami”.
Nel 1913, l’ARCHIVIO PROVINCIALE DI STATO DI PRINCIPATO ULTRA rilasciò copia conforme, bollata in ogni foglio, dei Registri di Stato Civile esistenti presso l’Archivio stesso (Nascita, morte, matrimonio), che vanno dal 1809 al 1891. Quello che successe in precedenza lo possiamo a volte ricostruire, ma solo con approssimazione, partendo dall’età dei dichiaranti.
Se si vuole sapere di più in relazione agli anni precedenti al 1809 occorre consultare i Libri/Registri Parrocchiali e gli Stati d’anime, esistenti presso la Collegiata San Giovanni Battista. Questa operazione è stata fatta assai meritoriamente dalla Dott.ssa Maria Sciretta di Lacedonia, che ne ha fatto anche una pubblicazione di particolare rilievo, dal titolo “LA POPOLAZIONE DI CARIFE NEL SETTECENTO ATTRAVERSO I LIBRI PARROCCHIALI”, edita nel 1991 a cura dell’Amministrazione Comunale, guidata dall’Ing. Carmine Di Giorgio. La pubblicazione, sorretta da un notevole rigore scientifico, ha permesso di ricostruire il nostro passato più recente e di offrire uno spaccato della nostra vita paesana in uno dei periodi più tormentati della nostra storia. Epidemie, carestie, povertà, terremoti hanno caratterizzato infatti l’intero ‘700 vissuto dalla nostra popolazione.
La Sciretta rileva però che anche questa documentazione fu in parte distrutta da un incendio che si verificò in data 1 Aprile 1899 e sostiene la necessità di procedere quanto prima a farne un inventario ed un accurato restauro. La studiosa riferisce poi che nei Registri che si salvarono (alcuni portano ancora segni di umido e di bruciato) gli atti seguono l’ordine cronologico e spesso, oltre al nome dei protagonisti, offrono anche altre numerose annotazioni utilissime ed interessanti. I Registri partono dal 1700 e sono raggruppati in Libri renatorum (Libri dei rinati/battezzati), che contengono i Battesimi celebrati dal 13 Agosto 1700 al 28 Agosto 1801, Libri matrimoniorum (Libri dei matrimoni), che contengono i matrimoni celebrati dal 27 Agosto 1713 al 26 Gennaio 1813, Libri defunctorum (Libri dei Defunti), che contengono i defunti dal 9 Dicembre 1698 al 31 Agosto 1801 (manca però il Registro delle vittime del terremoto del 29 Novembre 1732, che furono moltissime). Vi sono poi i Registri che contengono, in maniera piuttosto lacunosa, gli Status animarum (Stati delle anime) dal 1713 al 1800.
La Dott.ssa Sciretta poi elenca anche gli Abati ed i Sacerdoti che stilarono di loro pugno gli atti e ne fecero le annotazioni. Si parte da Don Giovanni Orazio Salvatore che fu coadiuvato da Don Andrea Nigro e da Don Giuseppe Salvatore (1698-1816; seguono Don Francesco Antonio De Stasiis (dal 29 Giugno 1717 al 7 Settembre 1753, data della sua morte, si alterna con numerosi altri Sacerdoti), Don Onofrio De Clemenzia fu Abate dal 12 Aprile 1756 al 6 Dicembre 1778, data della sua morte, Don Arcangelo Canonico Carsillo, economo curato (dal 1780 al 1782), Abate D. Domenico Addimandi (dal 5 Giugno 1784 al 6 Febbraio 1786, coadiuvato da Don Arcangelo Carsillo e Don Francesco Salvatore), seguono Don Lorenzo Canonico Addimandi e Don Giuseppe Canonico Rossetti, infine, dal mese di Novembre del 1799, diventa Abate Don Nicola Schirillo.
La Sciretta fornisce ragguagli interessanti anche sulla grafia dei vari Sacerdoti.
Un “Inventario dei documenti d’archivio della parrocchia di S. Giovanni Battista di Carife” fu pubblicato da Don Vito Tedeschi, nipote dell’Abate Don Vincenzo Tedeschi, sul Periodico VICUM del mese di Marzo 1984.
Un’ottima fonte alla quale attingere importanti informazioni circa la costituzione della società carifana in passato è il “Catasto Onciario”, voluto dai Borbone dopo la conquista del Regno di Napoli (1734). Carlo di Borbone, figlio di Filippo V re di Spagna, con una sua disposizione datata 4 Ottobre 1740, ordinò la predisposizione del Catasto generale del Regno ai fini fiscali; in data 17 Marzo 1741il Re Carlo di Borbone impartì le disposizioni e le istruzioni necessarie per la compilazione del Catasto. Ogni cittadino era tenuto a declinare le sue generalità, la professione, la propria età e quella di ciascuno degli elementi che componevano il suo nucleo familiare, i beni posseduti (case e terreni) con le relative rendite. Venivano poi impartite precise disposizioni circa l’elezione da parte della popolazione (Università) dei controllori e dei garanti.
Il Prof. Michele De Luca pubblicò, in maniera attentamente ed opportunamente “ragionata”, il Catasto Onciario di Carife sul Periodico Vicum: la prima parte fu pubblicata nel mese di Marzo 1984, la seconda nel mese di Dicembre dello stesso anno. Il De Luca indica nel 1754 la data di archiviazione della copia del Catasto conservata presso l’Archivio di Stato di Avellino, mentre ne fa risalire la compilazione a data “anteriore al 1747”.
Nel Catasto Onciario riportato dal De Luca sono elencati in ordine alfabetico 362 capifamiglia di Carife con l’indicazione della categoria di appartenenza, indicata in massima parte con il termine “bracciale” e la via o contrada in cui abitavano. Tra i mestieri non mancava il “ferraro”, lo “scarparo”, il “viaticale”, il “fravicatore”, il “pastore”, il “massaro”, il “massaro di campo”, il “falegname”, il “volante” (?), il “faenzaro” (fornaciao o vasaio), il “servitore”, il “nullatenente”, la “pinzochera” (bigotta), il “putatore”, il “muratore”, il “calzolaio”, la “vedova”, lo “speziale”, il “negoziante”, il “sartore”, il “fornaro”, il “lavoratore”, il “nobile” (Marchese Pasquale Capobianco), il “medico” (Donato Giuzio), il “benestante”, il “burriero”, il “fondichiere” (Droghiere), il “notaro” (Stefano Pelosi), il “vecchio” (Pietro Santarsiero), il “mastro cappellaro”, il “tintore di cappelli”, il “cuoco”, il “custode di neri” (maiali?), il “maccaronaro”, il “maniscalco”, il “tamburriero”.
A proposito dei Bracciali scrive Michele De Luca: Il “bracciale” si configura spesso come un piccolo proprietario, un contadino che presta la sua opera prevalentemente nel terreno di sua proprietà e da quello ricava il reddito necessario al suo sostentamento”.
Assai interessante è anche l’elenco delle Chiese e delle proprietà da esse possedute ed amministrate.
Vengono poi elencati ben 36 religiosi secolari: Don Francesco Antonio Di Stasio era Abate della Collegiata, Don Andrea Flora era il Primicerio, Don Francesco Di Ianni era il Tesoriere, Don Domenico Santoro era il Cantore; seguivano 20 Canonici della Coggegiata, 2 Diaconi e 9 Sacerdoti; Don Nicolò Giuzio viene indicato come Arciprete a Lapio.
Segue un assai interessante elenco delle località e contrade di Carife, molte delle quali oggi scomparse dalla topografia, altre di incerta ubicazione, come ad esempio “Grattapone”.

STUDI RECENTI SU CARIFE E SOCIETA’ CARIFANA

In questi ultimi anni si sono occupati di Carife, dei suoi usi, dei suoi costumi, delle sue tradizioni, dei suoi monumenti e della sua storia Padre Riccardo Fabiano, Padre Antonio Salvatore, il Prof. Salvatore Salvatore, la moglie Olga De Gregorio, il Dott. Stefano Melina, Il Dott. Antonio Flora ed altri ancora (chiedo venia a chi non ho citato).
Un ruolo sicuramente importante ha avuto in questi anni il periodico “VICUM”, sul quale abbiamo potuto leggere molti autorevoli studi su questioni inerenti la nostra comunità, il paese e la sua storia: molti studiosi hanno spaziato su vari temi ed hanno approfondito aspetti della nostra storia e del nostro costume. Proverbi, Catasto Onciario, credenze e superstizioni, brigantaggio e tanti altri argomenti hanno di volta in volta offerto spunti di riflessione assai importanti, permettendo di recuperare e di tramandare ai posteri notizie, che sarebbero andate perdute per sempre.
Abbiamo in questo modo potuto ritrovare le nostre radici ed anche la voglia di andare avanti, per così dire, con una maggiore fierezza.
Altre due giovani Dott.sse, ELISA LUNGARELLA di GAUDIOSO ed EMMA ORLANDO di GAETANO (“Rondinella”), si sono laureate discutendo tesi di laurea sul DIALETTO CARIFANO. Ne hanno studiato la fonetica, la morfologia, la sintassi e ne hanno ricavato delle vere e proprie grammatiche; non manca certo il rigore scientifico e le opportune etimologie di alcuni termini dialettali, tutte cose queste che dovrebbero spingere l’Amministrazione Comunale a finanziare un’eventuale pubblicazione, come del resto già fatto in precedenza.
Ma ritorniamo ora sul nostro Comune: a seguito del terremoto del 1980 andarono perduti per sempre altri materiali: per tutti i cittadini esistono sì le schede o i cartellini individuali, ma le lacune sono molto gravi.
Oggi è tutto informatizzato: non c’è più bisogno, se non in rari casi, di sfogliare registri ingialliti dal tempo, scritti a mano, polverosi e maleodoranti. Basta un clic sul mouse e i nomi appaiono magicamente in pochi istanti, spersonalizzati, anonimi, a volte insignificanti, asettici e senza suscitare emozioni particolari…Che tristezza…